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SSA.1 USCITA 3 – 2 febbraio 2025: CIMA SAUREL

La vera gita dello scialpinista inizia già la sera precedente, con il rituale della preparazione.

A casa nostra è piuttosto facile, considerato che è praticamente rimasto già tutto in mezzo al salotto dalla gita precedente… In ogni caso, si procede con la solita (più o meno variabile) sequenza: applicare con precisione chirurgica le pelli di foca sulla soletta degli sci, infilare la scarpetta con la necessaria prepotenza nello scafo degli scarponi, ridurre la dimensione dei bastoncini telescopici e richiudere il tutto nelle apposite sacche.

Riempire la camel bag (non troppo che poi pesa) e preparare con astuzia una seconda borraccia da utilizzare in caso di emergenza (il rischio di congelamento della prima è sempre piuttosto alto).

Preparare almeno n.2 panini “svuota frigo” con il pane gentilmente offerto dalle signore della mensa del lavoro, e introdurre nelle apposite taschine dello zaino quanti più possibili cioccolatini, barrette e gellini che non sa mai: “durante l’attività sportiva, mangiare poco e regolare”, dicono.

Controllare il materiale di sicurezza: artva (con pile cariche!), pala e sonda nel loro scompartimento dello zaino dedicato, casco nella retina come i pro, coltelli e kit del pronto soccorso. Procedere con l’impilamento dei vestiti sulla sedia con la famosa tecnica della “cipolla”, così da essere pronti ad affrontare ogni possibile cambio di temperatura.

Infine, ripassare l’elenco delle “cose da portare” sul foglietto del CAI che sta appeso al frigo, non vorremmo rischiare di dimenticarci qualcosa, no?!

A letto presto e sveglia altrettanto presto. Colazione, vestizione e fuori casa!

Per la terza gita del corso ci ritroviamo a Rivoli alle 6:15. Solito pullman del volley, fucsia, riconoscibilissimo. Direzione Bousson. Gita prevista cima Saurel: dislivello 1032 m, esposizione Nord-Est, difficoltà sciistica MS. Traversata e rientro su Claviere.

Il viaggio dell’andata è sempre povero di chiacchere, luci soffuse, colli storti e occhi chiusi.

Poco prima dell’arrivo, un po’ assonnati ma impazienti, ascoltiamo l’annuncio dei gruppi: Martina, Eugenio e Andrea in apertura con Stefano Bertolotto, il direttore!

Si scende dal pullman e si cerca tra la folla “di persone e cose” il proprio materiale, i propri compagni e il proprio istruttore. Segue un piccolo ma importante briefing: cartina, bollettino valanghe, test di gruppo e via… inizia la salita.

Seguiamo una facile stradina battuta immersa in un magico boschetto. Gli alberi sono carichi di neve nuova e tra i rami inizia a filtrare qualche raggio di sole, la giornata si prospetta spettacolare!

Seguiamo il sentiero tracciato fino al Lago Nero, dove il fitto bosco si apre e lascia spazio ad ampi pendii innevati. Raggiungiamo il rifugio Capanna Mautino e, mentre i più rapidi si godono un buon caffè, aspettiamo di ricongiungerci al resto del gruppo.

Dopo una breve pausa, riprendiamo a salire per dossi poco pendenti. Il panorama è da mozzare il fiato: cielo azzurro, neve polverosa, niente tracce! Trovare un bel pendio vergine è una delle tante cose fighe che puoi fare con gli sci sotto ai piedi ed era la prima volta che ne percorrevo uno. Già pregustavo la discesa.

Passo dopo passo, avvistiamo la cima da raggiungere e, con l’obbiettivo sotto gli occhi, ci troviamo dopo poco alle soglie dell’ultimo pendio.

Per raggiungere la cima dobbiamo affrontare un tratto un pochino più pendente, ci cimentiamo quindi con le prime inversioni, le uniche della giornata. La prima non benissimo, alzo sempre troppo il tallone e mi dimentico di tenere vicine le ginocchia. La seconda va già meglio, alla fine ci vuole solo un po’ di pratica!

Arriviamo tra i primi in vetta, facciamo qualche foto, mangiamo un panino e ci prepariamo per la discesa.

La sensazione di sciare nella polvere non la capisci finché non la provi. Anche se non sono un fenomeno di tecnica in fuori pista mi sono goduta tutta la discesa… quella che, poi, sarebbe stata solo la prima.

Arrivati in fondo al pendio facciamo infatti le seguenti valutazioni: il tempo (era prima di mezzogiorno), la forza (le gambe di (quasi) tutti reggevano più meno ancora bene) e il “gaso” (la neve era troppo bella per terminare così la sciata). Rimettiamo le pelli in fretta e furia (questa volta con la precisione di un beccaio) e ricominciamo la salita: direzione Mont Gimont, circa.

Non arriviamo in cima, saliamo quel tanto che basta ad assicurarci una gran bella discesa. Stefano prepara un armamentario degno di un vero videomaker e ci filma con il drone lungo tutto il pendio, figo… almeno finché non vedrò il video della mia discesa a peso tutto indietro… ma vabbè alla fine siamo qui per imparare, penso.

Infine, cerchiamo una zona adatta dove fare una prova di autosoccorso in valanga perché lo scialpinismo non è solo salire e scendere ma, anche e soprattutto, conoscere la montagna, valutare i suoi pericoli e ridurre al minimo i suoi rischi. Artva, pala e sonda vorresti non doverli usare mai ma, se malauguratamente devi, almeno sappi come fare. Per questo facciamo il corso!

Uno per uno cerchiamo e troviamo l’artva che era stato nascosto sotto la neve dal nostro istruttore, sondiamo e spaliamo. Facciamo anche un po’ di stratigrafia, incredibile come si vedessero bene gli strati e le diverse forme dei cristalli di neve.

Terminata anche questa fase, ci ricongiungiamo alle piste del comprensorio dei Monti della Luna e raggiungiamo il fondo valle. Un po’ di portage fino al pullman (sempre quello del volley, fucsia, riconoscibilissimo) e ci prepariamo per l’ultima parte della gita: la degustazione dei cibi e delle bevande portati dagli allievi per conquistare la benevolenza degli istruttori. A tal proposito, io ho portato dei buonissimi biscotti fatti in casa con frutta secca e cioccolato, non per volerlo sottolineare. Comunque anche gli istruttori portano qualcosa, bisogna dirlo. Ad esempio, il mio fidanzato Giacomo, che quest’anno è aspirante istruttore, ha contributo all’80% nella preparazione di quei biscotti…

Il viaggio di ritorno non è come quello di andata, ci si racconta della giornata, si ride e si scherza. Alla fine, si avrà tempo per dormire, almeno fino alla prossima gita!

Martina Giorgi

SSA.1 USCITA 2 – 19 gennaio 2025: COL SERENA

Ho perso il conto delle gite con partenza dal posteggio di Crevalcol. Alcune le avevo anche recensite. Non ne ricordo di memorabili: il posteggio con vista sugli orribili piloni ha il potere di maldispormi fin da quando calzo gli scarponi.

Potrei quindi sbrigarmela con un copia incolla di qualche relazione precedente, per vedere se (per citare il Manzoni) i “miei venticinque lettori” se ne accorgono. Ma la deontologia del bardo ufficiale della Scuola me lo impedisce. Certo, troverei più stimolante relazionare gite con mete più originali. Apprendo con invidia che il corso SA2 quest’anno si svolgerà in parte in Norvegia; ecco, quello sarebbe un bel banco di prova per il cronista! Però, conoscendo l’afflato del “past director”, la meta verrà raggiunta a piedi dal posteggio di Corso Giulio e in loco verrà percorso l’intero periplo della Scandinavia. Non farebbe per me.

Risaliamo la valle nell’oscurità, fuori dal finestrino una coltre bianca. Bene. Ma il tempo è da lupi. Presto toccherà abbandonare il teporino del lussuoso bus a due piani. Quando l’ho visto, ho temuto  una distinzione in caste: primo piano allievi, piano nobile istruttori, aggregati sul tetto. Ma all’UGET sono democratici, ci si mischia promiscuamente.

Meta il Col Serena, tra i classici itinerari nella valle del Gran San Bernardo. Parto con l’apertura, l’obiettivo è di tenere il passo di Magda, 9 anni. Ormai iniziano ad affacciarsi, insieme ai Centennials della generazione Z (1997-2012), gli Screenagers della generazione Alpha. Magda e Marco però secondo me sono generazione K2… Talis mater (et pater)…

La prima gita è come il primo giorno di scuola: ci si racconta le vacanze, si fa l’appello. Registro qualche ritorno dopo parentesi milanesi; ricompare Lady Resty (con la quale palpito seguendo la telecronaca della partita, perfidamente calendarizzata ad ora di pranzo… as usual, la compagine granata sfodererà una prestazione non adatta ai deboli di cuore); c’è qualche assenza per fiocco rosa… speriamo in rapidi rientri, appena finito lo svezzamento. Ancora non ho smesso di rimpiangere chi, pur avendo raggiunto dapprima il grado di AAIAIP (Aiuto Aspirante Istruttore Avventizio In Prova), proseguendo brillantemente il cursus honorum fino all’Olimpo degli istruttori – rango cui ho invano aspirato nei miei trent’anni di carriera, e che mi è stato negato solo per oscure manovre di palazzo – non ha ancora ripreso le pelli dal chiodo cui le aveva appese.

In salita si inizia a fare la conoscenza con i nuovi arrivati. Qualche dato statistico: alla scuola quest’anno sono stati ammessi 45 allievi, 28 uomini e 17 donne. Molti giovani: età media 32 anni, ma i membri della generazione Z annoverano ben 18 esponenti. Tre diciottenni, età minima per l’iscrizione alla scuola.

Altro elemento di rilievo è che le iscrizioni si sono chiuse in 45 secondi. Netti. C’era gente davanti al PC già a Ferragosto.

Come provenienza c’è chi arriva fin da Bologna (“Spero non stamattina”, mi informo preoccupato).

La salita è piacevole, graduale e senza strappi. Si incontrano alpeggi e casolari diroccati, superato il bosco si affrontano alcuni tratti con pendenza più marcata.

Peccato il tempo, siamo sovrastati ed immersi nel grigio. Odo commenti che suonano come un’invocazione tipo Santo Rosario: “Secondo me si apre”, “Mi sembra che più in alto si apra”, “Vedrai che si apre”. Non si apre.

Al Col Serena stop e dietro front: rinunciamo financo allo spuntino, che non ci godremmo, flagellati dal vento. Visibilità ridotta.

La cronaca dice circa 900 m di dislivello. Ho tenuto il passo di Magda, veramente indomita, tanto che gli assistenti sociali allertati dal Telefono Azzurro non sono riusciti a raggiungerci.

In cima ritrovo anche il mio pargolo, che – forte dei suoi diciott’anni – ad un certo punto mi ha superato come una Ferrari supera una Panda incidentata. Comportamento, invero, assai irrispettoso verso l’anziano genitore.

La discesa, sulla traccia di salita, non è male, anzi è proprio divertente, con una spanna di neve farinosa. Le buone condizioni hanno attratto anche un’altra scuola; morale, c’è più gente che sulle piste. Nell’ultima parte slalomiamo nel bosco, cosa assai ganza, che fornisce agli esordienti sci alpinisti alcune prime giustificazioni delle altrimenti insensate levatacce e faticacce. Nessuno centra i pini, la selezione della prova in pista è servita.

La liturgia della seconda uscita prevede l’esercitazione Arva. Ormai la Sacra Rappresentazione ha attori e ritmi collaudati: c’è il Sepolto, i Soccorritori Ardimentosi, il Superstite Angosciato. Il Direttore emerito fornisce il commento fuori campo, come il Coro greco. Lo scavo rivela che sotto di noi c’è oltre un metro di neve.

Quando arriviamo al bus, nel cielo si sta facendo largo una macchia azzurra. Sta a vedere che siamo riusciti ad azzeccare l’unica finestra di mal tempo. Manco Fantozzi.

Imbandiamo un rimorchio nel posteggio con zizzone di Battipaglia, Lambrusco, dolcini al cocco ed altre prelibatezze, per finire in bellezza.

Missa est, andate in pace.

 Cavùr

Ed ora ecco le foto

SSA.1 USCITA 2 – 19 gennaio 2025: COL SERENA

Relazione della novella scialpinista Irene Bonifazio.

Ritrovo alle 6:15 sotto una leggera pioggerellina. Dopo nemmeno una ventina di minuti dalla partenza il pullman cade nel silenzio, quasi tutti hanno colto l’occasione per dormire qualche oretta in più.

Ore 8:30, partenza dal posteggio degli impianti di Crevacol sotto la neve. Meta il Col Serena, un classico della valle del Gran San Bernardo.

Dopo aver attraversato il torrente Belle Combe, saliamo percorrendo a tratti la strada estiva che porta ai casolari e a tratti tagliando per i pendii circostanti, cercando di riprendere confidenza con le inversioni.

Raggiunti i casolari di Arp du Bois Desot a quota 1940 m circa facciamo un pausa, ci raggruppiamo e sgranocchiamo qualcosa.

Ripartiamo, chi più entusiasta della salita e chi meno, percorrendo un primo pendio più lieve per poi inoltrarci tra gli alberi dove, un paio di piccole cornici, rallentano un po’ le nostre inversioni ancora incerte.

Continuiamo a salire avvolti in una leggera nebbia puntinata da qualche fiocco di neve. Usciti dal bosco a quota 2100 m circa, la salita si fa nuovamente più dolce e regolare, prima dell’ultimo strappo per arrivare al Col Serena.

L’assenza di panorama e il vento freddo ci portano a scendere di qualche metro. Al riparo sotto al colle togliamo le pelli e aggiungiamo strati ai nostri indumenti sudati, i più intrepidi invece si cambiano. Breve pausa tremolante e si inizia a scendere nello strato morbido di neve fresca.

Scendiamo lungo la traccia di salita, la visibilità è poca, ma la neve è bella, la notte ci ha regalato una spanna di neve farinosa. Facciamo nuovamente tappa in prossimità dei casolari, dove teniamo gli occhi ben attenti puntati sulla dimostrazione di soccorso in caso di valanga, con focus sul sondaggio e sullo scavo. Nel frattempo il cielo sembra aprirsi leggermente, mostra anche qualche sprazzo di azzurro, ci illude… Non appena rimettiamo gli sci ai piedi, ecco che torna la nebbia.

Solo una volta arrivati al bus il cielo si apre definitivamente e, finalmente, riusciamo a scorgere alcune delle vette che ci circondano.

Per finire il bellezza imbandiamo un rimorchio con salami, salatini, torte, dolcini al cocco e altre prelibatezze e accompagniamo tutto con del buon vino.

Durante il viaggio di rientro il chiacchiericcio è costante, ricco di voci ancora eccitate dalla bella giornata trascorsa.

Irene

Ed ora ecco le foto

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