E vai, che ci si ritrova per la gita sotto il diluvio e manca il pullman. Fiato sospeso e attesa carica di elettricità: il Diretur dovrà ricorrere a doti negromantiche sinora inespresse e trasformare uno scarpone in mezzo di trasporto? In attesa, io e amichetta troviamo riparo sotto un sobrio ombrello a forma di girasole. Tanto, quello straccio di dignità preliminarmente spettante di default a tutti gli estranei ce lo siamo già bruciato nelle gite precedenti. Dal nulla il mezzo compare, ignoro se Dario nel frattempo mormorasse formule arcane in latino rovescio e si parte verso la Val di Susa. In un punto indistinto del cazzeggio da trasferimento la pioggia cede il posto alla neve, ma in fondo mica si possono coltivare relazioni sociali col gruppo e contestualmente tenere d’occhio il paesaggio.
La neve non ci abbandona e la salita nel bosco ha decisamente il suo gran bel perché, anche gli spiriti più semplici non possono che essere colpiti dalla commovente meraviglia di un ovattato paesaggio bicolore alberi-neve (col cavolo che scrivo bianconero!). Gli animi sono spinti a slanci poetici alati, persino Vittorio pronuncia frasi più lunghe della semplice struttura soggetto-verbo, il gruppetto gineceico cui afferisco intona strofe scelte degli Afterhours e i nostri istruttori del giorno non vedono l’ora di liberarsi di noi. I virtuosi di un rapporto creativo con la realtà potrebbero aver avuto modo, suggestionati dalla maestosità del grande bosco fiabescamente innevato, di convincersi di episodi avvenuti solo nei burrascosi confini di una mente turbata. Questo per avvertire che, qualora la mia socia narrasse di avere scorto un grande lupo galoppare tra gli alberi a pochi metri da lei, sarebbe opportuno smorzare le occhiate di compatimento e annuire con aria cordiale, retrocedendo lentamente senza mai smettere di sorridere.
La cappelletta in cima saves the day, dato che, oltre gli alberi, tira una bisa che pure a Novosibirsk ci darebbero gran pacche sulle spalle. Complimentoni ai giovani&motivati&forti che si fanno pure lo sbattimento di scavare una truna a scopo didattico. Nel pacchetto gita è incluso un giro all’interno della struttura, che si segnala per la purezza dell’aria, non essendo stata utilizzata a mo’ di camerino per il cambio d’abito di un intero bus di scialpinisti/e sudati/e.
La discesa nel bosco e annessi canaloni presenta il consueto misto crema di -pochi- attimi di pura libidine (alèèèèèè) alternati a repentine chiusure intimiste (ussignur, e adesso?). Nei momenti topici, opto per larghi sorrisi fino alle orecchie ostentanti disinvoltura e ripetizione in loop del mantra “Grace under pressure” (che, se non sbaglio, era il motto dei Mods, mai visto uno in montagna e quindi non c’entra, ma lo trovo rassicurante).
Il gozzoviglio finale chez pullman si presenta, nella migliore tradizione, ottimo, abbondante e splendido nella varietà di opzioni adatte a tutti i gusti, te li do io gli apericena marrani dei localazzi qualunque.
Come bilancio conclusivo, la gita numero cinque ha consentito l’apprendimento di lezioni di grande utilità:
– Ambito guerriglia: per procurare il maggiore danno in ambiente boscoso, la palla di neve non va direzionata direttamente al bersaglio, bensì in alto agli alberi che lo sovrastano, con i loro bei rametti carichi pronti a liberare un’importante quantità di umido gelo direttamente nel collo del nemico.
– Ambito variante sul tema “la sera leone…”: sempre e comunque meglio un maldestro, diciamo francamente disastroso tentativo di portare a casa il salto della vita che una settimana in ufficio.
– Ambito sociale: un infortunio di modesta entità si rivela estremamente spendibile socialmente e regala picchi di popolarità mai immaginati prima, gli amici sfilano in casa uno via l’altro manco ricevesse Rossella a Tara e ci si può far cambiare i cd nello stereo senza muoversi dal divano.
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