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Uscita 1, 16.01.2022: Passo dei Salati e Passo di Zube

I nostri primi passi insieme

Come da tradizione, ogni nostra uscita è accompagnata dalla relativa relazione e ci piace sempre rompere il ghiaccio con la prosa alata della penna più iconica della SSA Cai Uget: il nostro Cavùr, l’Aggregato Nei Secoli Fedele che si guadagna le gite un tanto al chilo, grazie a un complicato calcolo tra righe vergate e metri di dislivello. Dalle prossime gite sentiremo e leggeremo la vostra voce, perchè crediamo nella coralità, facciamo che e pluribus unum.
Enrico, a te la linea:

L’Aggregato secondo la normativa vigente

Era il 23 febbraio 2020. Quasi due anni fa.

Si iniziava già a parlare di Covid: a fine gennaio si erano registrati i primi due casi di Coronavirus (come dimenticare i due turisti cinesi in visita a Roma), il 21 febbraio veniva identificato il paziente zero a Codogno. Ma la Scuola di Sci alpinismo dell’UGET si apprestava serenamente alla terza uscita, meta Crête de Lenlong. Ne serbo un ricordo un po’ sbiadito; mi sono rivisto le foto sul sito, una bella giornata di sole. Indelebile invece la frase che qualcuno pronunciò al momento di ripartire: “Ma siamo proprio sicuri di voler rientrare? Chissà cosa ci aspetta nei prossimi giorni… mettiamo i bus di traverso sulla strada, blocchiamo la valle e restiamo qua…”.

Ci ho ripensato più volte a questo presagio, nei successivi otto week end di lockdown, con il limite di movimento di 200 m dalla propria residenza; in quel triste periodo in cui avevo iniziato a fare i nove piani di scale per tenermi in forma (una volta sola, in verità; mi sono sentito come un criceto sulla ruota, ed ho smesso subito con gli allenamenti casalinghi); in quei week end in cui ho rimesso a posto casa, inseguendo la polvere in angoli in cui si sentiva sicura (ho passato l’aspirapolvere persino in soffitta). Sì, ho  pensato che non sarebbe stata una cattiva idea mettere i bus di traverso e restare tra i monti…

Era il periodo dei canti sul balcone, dei video spiritosi con alpinisti vestiti di tutto punto, ramponi e picozza, arrampicati sulle librerie… Poi finalmente, a maggio, è arrivata la riapertura: al primo week end di libertà sono schizzato fuori casa come quei cani che devono pisciare, e mi sono sparato in solitaria i 1.600 m di dislivello della Rocca Nera, che mi ha lasciato stravolto e felice. Volevo copulare con tutti gli alberi sul sentiero… al rifugista del Toesca ho rivolto una dichiarazione d’amore per il creato, per il Parco Orsiera-Rocciavrè, per lui medesimo.

Poi l’estate, e poi di nuovo le restrizioni: i comprensori sciistici, nell’inverno 2021, sono stati preda degli sci alpinisti, che si aggiravano tra gli impianti deserti come Will Smith nel film “Io sono leggenda”. E’ stato il periodo delle ardite interpretazioni delle FAQ ministeriali per ritagliarsi scampoli di libertà: la palma spetta a quella sci alpinista, di cui omertosamente tacciamo il nome, che intercettata da una pattuglia di carabinieri in Val Varaita, esordì sostenendo che l’uscita dal comune di residenza era legittima, nell’impossibilità di svolgere l’attività sci alpinistica a Torino (effettivamente pendenza ed innevamento a Porta Palazzo sono carenti…). Il milite obiettò che – a tutto voler concedere – ella avrebbe potuto spingersi giusto extra moenia torinesi, tra le montagne di casa, non a 100 km. di distanza. In replica, la principessa del foro in toga e pelli di foca si lanciò in  un’ardita arringa difensiva: partendo dal pacifico assunto (inter omnes constat)  che l’attività sci alpinistica è indubbiamente rischiosa, ne discende de plano che è del tutto inopportuno compierla in solitaria. “Pertanto, Vostro onore, possiamo biasimare chi, per esercitare in sicurezza questa passione, ha dovuto spingersi fin dagli unici amici disponibili ad accompagnarla, solo perché i medesimi albergano in Val Varaita?”. Le cronache riportano che il gendarme ripose il verbale,  esterrefatto ed ammirato dinanzi a tanta foga oratoria.

Ed ora, rieccoci qua, dopo due anni. Sicuramente più consapevoli di quanto sia bello ritrovarci sui monti in compagnia, e di quanto sia effimera la libertà di fare quello che ci piace.

Ci ritroviamo a Gressoney Staffal: la gioia di rivedersi è palpabile, solo le mascherine e l’assenza del bus d’ordinanza ci ricordano come questa Prima gita sia diversa dalle Prime gite che l’hanno preceduta. C’è una novità epocale: un nuovo Direttore, dopo 31 anni; il Dugono – giustamente celebrato in altre pagine – ha abdicato, sul trono la prima Diretura. Il paese è oramai pronto per una donna al Quirinale.

Si formano i gruppi e si parte; gli impianti ci portano al Gabiet, ed il problema della poca neve in basso è risolto. Inforchiamo gli sci già a quota 2.300 m. e saliamo al passo dei Salati, sulla sezione di pista dedicata agli sci alpinisti. Giornata splendida, in ombra un freddo becco, al sole è un piacere salire.

Sosta ai 3.000 m. del Passo, dopo 600 m. di dislivello. Tira una bisa terribile. Scendiamo, ma solo per ripellare. E’ inutile, ripellare is the new black, non ci si può più esimere… Risaliamo in direzione colle Zube, e poi, per rimanere al sole, verso il colle Civera: e sono altri 300 m di dislivello.

Qui la pendenza favorisce la didattica: la spiegazione sulle inversioni, guche nella vulgata sci alpinistica, è perfetta; gli allievi imparano rapidamente. Con un po’ di invidia borbotto che negli anni ‘80 del secolo scorso nessuno ti spiegava niente, quando ti aggrovigliavi con gli sci e cadevi, gli istruttori ti bersagliavano goliardicamente con palle di neve..  

L’ambiente è splendido (gli impianti sono a due passi, ma non si vedono), il panorama spettacolare, si scorgono Castore, Lyskamm e Capanna Margherita. Si è già fatta una certa, è tempo di rientrare: la discesa è su neve infida, che cambia spesso di consistenza, ma è un ottimo esercizio per gli esordienti. Tutt’altra storia quando raggiungiamo le piste degli impianti, e ci lanciamo in una lunga, veloce discesa fino alle macchine.

La prudenza ha sconsigliato ogni forma di assembramento, quindi niente torte delle allieve ad attenderci, eccetto l’encomiabile contributo di Monica, che ha l’esperienza dell’highlander, e sa che una gita senza torte non è una vera gita… Con prudenza, distanziamento, ecc ecc… ma – mi racumandi – attrezziamoci per la prossima, neh… 

Cavùr