Il tergicristallo va, a spazzare la neve mista a pioggia. Oggi saremo pochi, penso, con sto tempo. Pochi un corno, ci son tutti, o quasi. Mi addormento sul bus, con la neve che cade e tutto grigio intorno. Mi sveglio che siamo già fuori dall’autostrada. Non nevica più. Si parcheggia alla pista di fondo di Flassin (1370m), frazione di Saint Oyen. La bisa non manca: partiamo su un ampio pendio, con il passo deciso di chi vuole scaldarsi. Dieci minuti e il parcheggio non si vede più. E’ la prima gita in cui le piste da sci non ci seguono: era ora! Sembra quasi facile, peccato che qualche insignificante cunetta mi ricordi che la fifa anche oggi è salita sugli sci con me. Ma come faccio ad avere fifa in un posto dove, se cado, mal che vada, mi rompo un’unghia? “Randa, un passo dopo l’altro, non ti fermare su ste…” E lo so che voleva dire “cazzate”, ma non lo dice. Un signore. Il cielo si fa azzurro, di quell’azzurro che è ancora più bello quando parti aspettandoti il peggio. Il livello di allegria aumenta, e si impenna pensando alla discesa. Tanti alberi. Tanto bianco. Tanto silenzio? Sì, prima che arrivassimo noi. Qualcuno chiacchiera di più, qualcuno di meno, quanto il fiato permette. Una valanga si è sfogata qualche tempo fa nel valloncello a sinistra, li vedi quegli alberi spezzati a destra? Quelli sono il risultato di una valanga di neve polverosa. Le vedi le cornici lassu’? Tutte portate dal vento, non devi starci sotto, e neanche sopra. Perchè tu pensi che sia rilassante camminare sulla neve: sì lo è, alla Pellerina, quando invece vieni da queste parti, un po’ all’occhio devi stare. Si arriva alle baite Tsa de Flassin, candidata meta in caso di maltempo: ma il sole splende, e quei pendii poco sopra ci stanno chiamando. Una bevuta di té, e si continua a marcè. Qualcuno allunga da Testa Cordella, qualcuno si dirige al colle, che basta e avanza. Chi ha fiato e gambe, lasciati gli sci sale sulla Cima Flassin. E poi giù. Giù! Neve da 5 stelle, dice chi ne sa. Il mio gruppetto, come tanti altri, va alla ricerca del pendio vergine, di quel tratto dove non è ancora passato nessuno, un foglio bianco su cui dipingere o scarabocchiare le nostre curve. “Randa, non è possibile che ti fermi dopo ogni curva, una di fila all’altra le devi fare. Adesso vienimi dietro!” E mi si apre un mondo. Vero che a “chiuderle” le curve evito l’effetto accellerazione incontrollata, vero che a farne una dopo l’altra la fifa mi molla, ed il divertimento inizia. Mi si spalma un sorriso in volto, che tarderà a svanire.
A valle ritrovo volti soddisfatti quanto il mio, entusiasti dalla neve, increduli del meteo-miracolo, esaltati dal lardo e miele, frutto della collaborazione attiva di due allievi del corso.
Unico neo: barella di emergenza, un ginocchio non è arrivato a valle sano, e a lui vanno tutti i nostri “in bocca al lupo” per riaverlo con noi alla prossima gita.
Randagia, che non sa valutare le stelle, ma è sicuramente per una giornata così che si era iscritta!