Uscita 3 del 01/03/2015 – la diretta al Ciotto Mieu

Ore 6,20 appuntamento in corso Agnelli, giusto il tempo di espletare le operazioni di carico e siamo tutti ai nostri posti pronti alla partenza.

Mentre il direttore effettua l’appello uno di noi scende furtivamente dal bus per effettuare un recupero molto importante: si tratta di una crostata dimenticata in macchina e recuperata in extremis (NON SIA MAI!!!)

Il viaggio scivola via veloce tra un pisolino e due chiacchiere tra coloro che dall’alba sono già super attivi!

Qualche minuto prima dell’arrivo a destinazione il direttore comunica che i primi gruppi da lui elencati (gli atleti) raggiungeranno la cima delle Giosolette, per poi scendere, ripellare e raggiungere il gruppo dei neofiti in cima al Ciotto Mieu (quota 2378 m). Ovviamente noi non siamo per nulla gelosi della disparità di trattamento dal momento che dovranno percorrere circa 500 mt di dislivello in più.

Dopo le solite fasi di preparazione partiamo tutti insieme dal piazzale di Limonetto (quota 1294 m) sul sentiero GTA e per alcune di noi iniziano le “manovre”, già perché per un principiante agganciare gli scarponi agli attacchi degli sci può risultare un’operazione di tutto rispetto… ma niente paura, dopo il passaggio di un istruttore anche questa fase è superata.

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Si comincia la salita con una progressione non veloce ma costante, incalzati da domande degli istruttori del tipo: cosa vedete? Di che colore è la neve? Vedete la neve bianca ma non troppo bianca? E laggiù vedete il cambio di colore? Cosa significa?

I punti interrogativi sui nostri visi assumono dimensioni sempre più grandi mentre i nostri sguardi si incrociano in un turbine di pensieri che si rincorrono: “che gli istruttori siano ubriachi?, che abbiano dormito poco?”  ma noooo, donne e uomini di poca fede, vogliono solo mettere in pratica le precedenti lezioni teoriche; a questo punto ci fermiamo un istante e ci vengono date spiegazioni circa i fantastici ricami che il vento sembra aver disegnato sul manto nevoso e ci rendiamo subito conto che è bene saperli interpretare molto bene.

Arrivati a quota c.ca 1640 m. facciamo una piccola sosta, l’istruttore apre una cartina che ci invita a guardare per capire dove siamo e dove dobbiamo andare (pensate che gioco da ragazzi per una come me che si perde già a Torino dove sono indicati i nomi delle vie!!!), nessun problema ci sono le curve di livello, la bussola e l’altimetro……Ah beh, questa sì che è una notizia…….basterebbe saperli usare!

Dopo aver armeggiato un po’ a destra e un po’ a sinistra con la mappa e aver localizzato una meta che sembra per noi irraggiungibile, decidiamo di fidarci ciecamente degli istruttori e ci rimettiamo in cammino.

Superato un tratto pianeggiante comincia un pendio discretamente ripido che ci mette subito alla prova con le inversioni, c’è chi procede in modo disinvolto e chi invece un po’ più goffamente e con qualche scivolone nonostante gli istruttori, con pazienza infinita, ad ogni passo ci diano consigli per rendere il più possibile fluida la manovra.

Il caldo comincia a farsi sentire, la stanchezza anche, arriva un urlo di incitamento, “forza ragazze una volta arrivate al colletto è fatta”!

Al colletto siamo arrivati ma davanti a noi si presenta un’altra salita, forse più ripida della precedente, ma la vetta si vede, è lì, allora via per l’ultimo sforzo. Giusto il tempo di sganciare gli sci e ci arrampichiamo sulla crestina camminando con gli scarponi quasi come se fossimo sulle uova, ed eccoci, finalmente in vetta!

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La cartolina che si presenta davanti a noi ci ripaga di tutte le fatiche, lo sguardo si perde sulla catena montuosa che incontra il cielo terso in una linea chiara e definita che ci divide dal mare che non riusciamo a vedere per via della foschia ma che non facciamo fatica ad immaginare.

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Retro front e sempre seguiti dagli istruttori e preceduti nei punti più critici pronti a pararci in caso di eventuali scivoloni, senza troppe difficoltà, ritorniamo alla base della roccia, chi mangia qualcosina, chi si lamenta mentre aggancia gli sci che si scivola, chi chiede se deve usare l’alzatacco e chi con la mente un pò annebbiata pensa anche alla risposta, chi si abbandona ai caldi raggi del sole che fino a poco prima abbiamo quasi odiato per via della fatica dell’ascesa e che ora a causa della brezza ci fanno invece molto piacere.

Forza e coraggio, se per qualcuno, anche per l’altro gruppo che intanto ci ha raggiunto, il più è fatto, per qualcun’altro, a cui la tecnica di discesa non appartiene affatto, arriva il bello (si fa per dire).

 Si parte in discesa, forse troppa, tanto che alle prime curve qualcuno rimane bloccato ad osservare un pendio un po’ troppo ripido, ma immediatamente il direttore si appresta a dispensare utili consigli e istruzioni e via si scende, qualcun altro interpreta il pendio con qualche tuffo nella neve fresca, quasi come fosse in piscina e altri impostano inversioni pur di perdere quota nei punti critici.

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Arrivati in fondo alla vallata ci apprestiamo ad attraversare un ponte e uno degli ultimi consigli della giornata dell’istruttore è: “Vedete di centrarlo”. Ci impegniamo e eccoci al di là del torrente senza troppi problemi, scivoliamo lungo la stradina che lo costeggia fino al raggiungimento dell’ultimo tratto di pista che ci permette di raggiungere il parcheggio dove ad aspettarci c’è il pullman ma soprattutto il sospirato e meritato banchetto.

Verso le 16,00 si riparte verso Torino e poco prima di arrivare il direttore ci da appuntamento alla prossima lezione teorica e a chiunque si fosse lamentato delle condizioni della neve, del caldo e di quant’altro ci comunica che in Valle d’Aosta era coperto e in Valle di Susa a quota 1800 pioveva.

Il pullman scoppia in uno scrosciante applauso mentre una voce si erge su tutte gridando: “magico direttore”.

Stefania

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