Uscita 4 del 20/03/2016 – Monte Flassin

La relazione di una gita è un genere letterario – come il poema epico, il romanzo, ecc. – poco noto, negletto, ma per nulla banale. Anni fa mi capitò – al Rifugio Val Gravio – di leggere in un vecchio bollettino G.E.A.T.  (Gruppo Escursionisti Accademici Torinesi) la relazione di una gita al Rocciamelone di metà del secolo scorso: un’epopea. Si partiva da Torino in treno e si passavano due giorni ed una notte  a camminare. Erano pagine entusiasmanti e coinvolgenti.

Le gite oggi sono meno eroiche; oltretutto, il canovaccio è sempre lo stesso: tragitto da Torino, salita, discesa, libagioni, ritorno a Torino. Si è solo è aggiunta (quasi) stabilmente la ricerca Artva, che però non fornisce al cronista grandi emozioni da raccontare (certo, se seppellissimo un Artva spento… o lo mettessimo in un vaso Ming da rompere con la sonda, qualcosa di divertente si ricaverebbe..).

Quindi, con tutta l’invidia per Simone Moro (eh… con una salita al Nanga Parbat, semo boni tutti a scrivere un libro…), mettere giù una relazione un po’ originale non è scontato.

Visto che gli anni avanzano, sento l’urgenza di dare qualche suggerimento, qualche umile dritta, per quando l’anziano cronista non avrà più la forza di reggere la penna in mano (specie dopo gite che hanno già messo a dura prova altre parti del corpo).

Orbene. Cari sci alpinisti/scrittori, è doveroso iniziare la relazione con una parte tecnico-descrittiva, una cosa tipo così:

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Visto il rischio valanghe abbastanza alto e diffuso si sceglie una destinazione dove le condizioni sono più sicure: la Val d’Aosta. Meta la Valle del Gran san Bernardo, Monte Flassin.

Partenza dal Foyer de fond in località Flassin, quota 1.380m; salita nel bosco, pendio regolare, siamo in ombra, fa freschino. Si sale senza soste, di buon passo (fate qualche fermata, mannaggia! guardatevi intorno, seppellite qualche Artva…). Terminato il bosco, il panorama si apre e proseguiamo su versanti assolati, in un ambiente splendido.

Fermata alle baite a 2.258m, si sgranocchia qualcosa e si riparte. Pendii ora più ripidi, che richiedono qualche gucha; temperatura da forno.

Arriviamo alla sella tra il Monte Flassin e la Testa Codella, a quota 2620m; per proseguire si devono togliere gli sci e salire, su di un pendio erto ed arduo, per raggiungere i 2.772m della cima. Certo, i 1.240 metri di dislivello già percorsi basterebbero a giustificare la giornata… ma non ci sottraiamo ad altri 150m, che portano a quasi 1.400m il dislivello totale.

Dalla cima panorama s p e t t a c o l a r e !! Una corona di cime su di uno sfondo azzurro: il Bianco domina maestoso, ma si vede anche il Cervino, per citare solo le punte più prestigiose.

Riscendiamo alla sella, calziamo nuovamente gli sci ed iniziamo una discesa nell’ampio vallone. La neve non è male, in certi tratti anche bella. Alle radio giungono indicazioni per dare ordine e logica alla progressione, ed evitare che qualche gruppo scantoni seguendo l’ispirazione del momento.

Al bus, consuete libagioni, devo dire particolarmente ricche.

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Terminata la parte tecnica, si potrebbe anche chiudere e mandare la mail con la relazione al Diretùr. Tuttavia, per impreziosire il racconto, consiglio un po’ di colore, un paio di spunti originali . Non è difficile coglierli; certo, bisogna stare un po’ attenti (ovviamente, se invece si punta la cima come un bracco da caccia e ci si ferma solo quando si arriva su, è più difficile).

Personalmente, negli anni ho affinato la tecnica, approfittando di naturali predisposizioni.  Il mio segreto è partire per primissimo, appena si avvia l’apertura.

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Tenendo un passo calibrato (ho detto calibrato, non lento..) e costante, pian piano tutti mi superano. Non mi fermo mai (tutto a portata di mano: cappello, guantini, mangiarini), così appena si fermano gli altri, io riguadagno posizioni.

Questo stile di progressione consente di scambiare quattro parole con quasi con tutti i compagni della colonna. Si tratta spesso di chiacchierate piacevoli, interessanti ed anche istruttive: può capitare di sentire il paradigma di fero (fero, fers, tuli, latum, ferre), di discorrere di Kerala e Karnataka (India), di gravidanze imminenti, di referendum sulle trivelle. Dopo qualche minuto di piacevole conversazione, la faccia si trasforma in un culo (nel senso che vengo superato, e mi appare solo il lato B); dopo un po’, un’altra faccia si affianca.

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E’ – in fin dei conti – questa la principale ragione per cui frequento la scuola dal 1987: il piacere della conversazione in ambiente alpino, con tante persone, ed un costante ricambio.

Oltre all’incedere lento pede, nel mio caso gioca a favore il ruolo ibrido, o meglio l’assenza di ruolo, che conferisce libertà di movimento. Scrivo alcune relazioni, ma lo faccio essenzialmente per trovare posto sul bus, e per essere sicuro che si ricordino di me (visto che non sono inserito in alcun gruppo, mi dico: se mi perdo, al più tardi mercoledì – non vedendo arrivare la relazione – se ne accorgono e mi vengono a  cercare…).

Quindi, tornando a noi: cari cronisti, occhi ed orecchie aperte, e state nel mezzo dell’azione.

Certo, ci vuole anche un po’ di fortuna, per trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Ad es., nella precedente gita,  la pregevole relazione di Thea mancava di un gustoso episodio; colgo l’occasione per porre rimedio alla lacuna.

Come si ricorderà, a  Nevache c’erano due bus, allievi ed istruttori; appartenendo ad un tertium genus, mi toccò in sorte il bus istruttori (e fidanzate).

Il clima era goliardico e ridanciano, soprattutto al ritorno (all’andata si dormiva); l’istruttore Fabio DSC_4500 ci fece sbellicare, raccontandoci come durante la discesa si era affiancato all’allievo Alex, così apostrofandolo “Guarda che la tua corda è messa male sullo zaino, rischi di perderla”. L’allievo prontamente si fermò per ricomporre lo zaino ed in quel momento l’istruttore si accorse che la sua corda era sparita, irrimediabilmente persa, preda di qualche ramo. Grande ilarità, e domanda “Ma il Diretùr che ti ha detto?!?”. “E’ stato molto comprensivo…”. In quel momento il bus davanti – che recava Diretùr ed allievi – inaspettatamente accosta, e ne scende Dario, con faccia scura… Sale sul nostro bus, e guarda Fabio (per richiedere un intervento di blando soccorso, si scoprirà) . In quel momento, non so cosa hanno pensato gli altri, ma a me è venuto in mente: “Ha ripensato alla corda, si è incazzato, adesso lo fa tornare a piedi a Torino….”

Ecco, relazione fatta. IMH_1

Cavùr

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