La vera gita dello scialpinista inizia già la sera precedente, con il rituale della preparazione.
A casa nostra è piuttosto facile, considerato che è praticamente rimasto già tutto in mezzo al salotto dalla gita precedente… In ogni caso, si procede con la solita (più o meno variabile) sequenza: applicare con precisione chirurgica le pelli di foca sulla soletta degli sci, infilare la scarpetta con la necessaria prepotenza nello scafo degli scarponi, ridurre la dimensione dei bastoncini telescopici e richiudere il tutto nelle apposite sacche.
Riempire la camel bag (non troppo che poi pesa) e preparare con astuzia una seconda borraccia da utilizzare in caso di emergenza (il rischio di congelamento della prima è sempre piuttosto alto).
Preparare almeno n.2 panini “svuota frigo” con il pane gentilmente offerto dalle signore della mensa del lavoro, e introdurre nelle apposite taschine dello zaino quanti più possibili cioccolatini, barrette e gellini che non sa mai: “durante l’attività sportiva, mangiare poco e regolare”, dicono.
Controllare il materiale di sicurezza: artva (con pile cariche!), pala e sonda nel loro scompartimento dello zaino dedicato, casco nella retina come i pro, coltelli e kit del pronto soccorso. Procedere con l’impilamento dei vestiti sulla sedia con la famosa tecnica della “cipolla”, così da essere pronti ad affrontare ogni possibile cambio di temperatura.
Infine, ripassare l’elenco delle “cose da portare” sul foglietto del CAI che sta appeso al frigo, non vorremmo rischiare di dimenticarci qualcosa, no?!
A letto presto e sveglia altrettanto presto. Colazione, vestizione e fuori casa!
Per la terza gita del corso ci ritroviamo a Rivoli alle 6:15. Solito pullman del volley, fucsia, riconoscibilissimo. Direzione Bousson. Gita prevista cima Saurel: dislivello 1032 m, esposizione Nord-Est, difficoltà sciistica MS. Traversata e rientro su Claviere.
Il viaggio dell’andata è sempre povero di chiacchere, luci soffuse, colli storti e occhi chiusi.
Poco prima dell’arrivo, un po’ assonnati ma impazienti, ascoltiamo l’annuncio dei gruppi: Martina, Eugenio e Andrea in apertura con Stefano Bertolotto, il direttore!
Si scende dal pullman e si cerca tra la folla “di persone e cose” il proprio materiale, i propri compagni e il proprio istruttore. Segue un piccolo ma importante briefing: cartina, bollettino valanghe, test di gruppo e via… inizia la salita.
Seguiamo una facile stradina battuta immersa in un magico boschetto. Gli alberi sono carichi di neve nuova e tra i rami inizia a filtrare qualche raggio di sole, la giornata si prospetta spettacolare!
Seguiamo il sentiero tracciato fino al Lago Nero, dove il fitto bosco si apre e lascia spazio ad ampi pendii innevati. Raggiungiamo il rifugio Capanna Mautino e, mentre i più rapidi si godono un buon caffè, aspettiamo di ricongiungerci al resto del gruppo.
Dopo una breve pausa, riprendiamo a salire per dossi poco pendenti. Il panorama è da mozzare il fiato: cielo azzurro, neve polverosa, niente tracce! Trovare un bel pendio vergine è una delle tante cose fighe che puoi fare con gli sci sotto ai piedi ed era la prima volta che ne percorrevo uno. Già pregustavo la discesa.
Passo dopo passo, avvistiamo la cima da raggiungere e, con l’obbiettivo sotto gli occhi, ci troviamo dopo poco alle soglie dell’ultimo pendio.
Per raggiungere la cima dobbiamo affrontare un tratto un pochino più pendente, ci cimentiamo quindi con le prime inversioni, le uniche della giornata. La prima non benissimo, alzo sempre troppo il tallone e mi dimentico di tenere vicine le ginocchia. La seconda va già meglio, alla fine ci vuole solo un po’ di pratica!
Arriviamo tra i primi in vetta, facciamo qualche foto, mangiamo un panino e ci prepariamo per la discesa.
La sensazione di sciare nella polvere non la capisci finché non la provi. Anche se non sono un fenomeno di tecnica in fuori pista mi sono goduta tutta la discesa… quella che, poi, sarebbe stata solo la prima.
Arrivati in fondo al pendio facciamo infatti le seguenti valutazioni: il tempo (era prima di mezzogiorno), la forza (le gambe di (quasi) tutti reggevano più meno ancora bene) e il “gaso” (la neve era troppo bella per terminare così la sciata). Rimettiamo le pelli in fretta e furia (questa volta con la precisione di un beccaio) e ricominciamo la salita: direzione Mont Gimont, circa.
Non arriviamo in cima, saliamo quel tanto che basta ad assicurarci una gran bella discesa. Stefano prepara un armamentario degno di un vero videomaker e ci filma con il drone lungo tutto il pendio, figo… almeno finché non vedrò il video della mia discesa a peso tutto indietro… ma vabbè alla fine siamo qui per imparare, penso.
Infine, cerchiamo una zona adatta dove fare una prova di autosoccorso in valanga perché lo scialpinismo non è solo salire e scendere ma, anche e soprattutto, conoscere la montagna, valutare i suoi pericoli e ridurre al minimo i suoi rischi. Artva, pala e sonda vorresti non doverli usare mai ma, se malauguratamente devi, almeno sappi come fare. Per questo facciamo il corso!
Uno per uno cerchiamo e troviamo l’artva che era stato nascosto sotto la neve dal nostro istruttore, sondiamo e spaliamo. Facciamo anche un po’ di stratigrafia, incredibile come si vedessero bene gli strati e le diverse forme dei cristalli di neve.
Terminata anche questa fase, ci ricongiungiamo alle piste del comprensorio dei Monti della Luna e raggiungiamo il fondo valle. Un po’ di portage fino al pullman (sempre quello del volley, fucsia, riconoscibilissimo) e ci prepariamo per l’ultima parte della gita: la degustazione dei cibi e delle bevande portati dagli allievi per conquistare la benevolenza degli istruttori. A tal proposito, io ho portato dei buonissimi biscotti fatti in casa con frutta secca e cioccolato, non per volerlo sottolineare. Comunque anche gli istruttori portano qualcosa, bisogna dirlo. Ad esempio, il mio fidanzato Giacomo, che quest’anno è aspirante istruttore, ha contributo all’80% nella preparazione di quei biscotti…
Il viaggio di ritorno non è come quello di andata, ci si racconta della giornata, si ride e si scherza. Alla fine, si avrà tempo per dormire, almeno fino alla prossima gita!
Martina Giorgi