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Uscita 4, 20.02.2022. Costa Serena da Planaval

Ristoro e descanso all’Alpe Rantin (foto @Stefano Bertolotto)

Chi si ritrovi un filino ansiato, come schiacciato dalla percezione di un’ineludibile aspettativa sociale a essere sempre sul pezzo e senza tentennamenti provi a figurarsi che vitaccia deve essersi smazzato per tutta la carriera Giorgio Forattini. Una vignetta al giorno, sulla prima pagina di un quotidiano a tiratura nazionale, contrattualmente vincolato a riuscire sempre graffiante, brillante, sagace. Sempre.
Any given uscita la Redazione individua l’autore della relazione del giorno nel mucchietto stropicciato dei gitanti appena rigurgitati dalle auto, inermi, cacciando un cipiglietto da decimazione e salda nella convinzione di somministrare al fortunato prescelto una pillolina di stress dalla caratura pari a mezzo Tic Tac. Mica il poderoso pallet di nevrosi che la quotidiana produzione di contenuti arguti deve avere ingenerato nel noto vignettista. Che poi magari è sempre stato un uomo in armonia con se stesso e col cosmo, ma grazie al cielo nel presente testo contraddittorio non datur.
Questa settimana abbiamo messo all’opera niente meno che un collettivo, quasi una gemmazione nella Valle di Planaval del Luther Blisset Project, i cui membri in questa circostanza, con grande magnificenza, rinunciano alll’anonimato: Claudia Canuto, Matteo Gallo, Francesco Tasca. Grazie cari!

Intanto, tra intro e testo, vi trovate anche lo Slideshow con le foto della gita.

DIALOGO FRA TRE SCIALPINISTI SMEMORATI

Sono ricordi di pietra le borgate,
intarsi nella montagna.
Matteo Meloni

SCENA PRIMA

Tramonto, terrazza della Jolie Bergere (loc. Planaval)

Di fronte a una birra, tre scialpinisti ricordano i momenti migliori della giornata.

Gli ultimi raggi di sole, la stanchezza della gita: i ricordi affiorano e si mischiano ai sogni…

FRANCESCO: Che bella gita! 

CLAUDIA: Davvero… hanno scelto una meta vicino a casa!

MATTEO: E poi per una volta ci siamo svegliati con calma!

FRANCESCO: Già… finalmente!

CLAUDIA: Il ritrovo alle 8:00

FRANCESCO: e la pausa caffè in autogrill

CLAUDIA: e poi sul pullman puoi ancora farti una dormita 

MATTEO: Che bello non doversi preoccupare della guida e della strada!

CLAUDIA: Almeno in autostrada non c’era la nebbia

FRANCESCO: ottima visibilità

MATTEO: se dici che sei della UGET al casello ti fanno lo sconto

FRANCESCO: In ogni caso avevamo il navigatore

MATTEO: e la strada era semplice

CLAUDIA: forse ho visto auto salire per prati, ma non sono sicura!

FRANCESCO:  Però non abbiamo dovuto mettere i coltelli!

MATTEO: Rimasti in fondo allo zaino

CLAUDIA: Che meraviglia il pranzetto sulla cima… 

FRANCESCO: mangiare senza guanti, in un posto riparato

MATTEO: Il panorama dalla cima? 
FRANCESCO: Impagabile

CLAUDIA: Cima o cime?

MATTEO: Ma che cima abbiamo raggiunto? 

FRANCESCO: Punta Serena?

CLAUDIA: Colle Serena?

MATTEO: Cresta Serena?

FRANCESCO: ma almeno la neve…farina pura!

MATTEO: che sciata, che curve!

CLAUDIA: ma tanto non le sai fare le curve belle

FRANCESCO: Dopo pranzo un riposino, scaldati dal sole tiepido

CLAUDIA: Figurati se a qualcuno viene in mente di ripellare

FRANCESCO: però oggi abbiamo imparato a usare la barella!

CLAUDIA: finalmente!

MATTEO: Era la barella o la bussola?

CLAUDIA: meno male che nessun gruppo ha sciato sul prato per tagliare i tornanti al ritorno!

FRANCESCO: o sulle pietre

MATTEO:  E che salvezza le acciughe al verde all’arrivo

CLAUDIA: e un bicchiere di vino rosso

FRANCESCO: alla fine però queste giornate sono belle

CLAUDIA: si davvero, bella gita, posti stupendi e istruttori fantastici

MATTEO: talmente belle che alla fine dimentichi tutte le fatiche

[finisce la birra ed è ora di tornare a casa]

CLAUDIA: ciao ragazzi! ci vediamo fra due settimane!

MATTEO E FRANCESCO: se non ci sospenderanno per questa relazione del c***o

Note tecniche (per non farci sospendere dagli istruttori!) 

20/02/2022 – 4° uscita SA1: Costa di Serena (2785 m) da Planaval (AO)

Dal parcheggio di Planaval – (1762 m) situato dietro al ristorante- prendiamo la strada poderale che sale in direzione NE alla base della Testa dei Frà. In queste condizioni di innevamento, non vi è stata alcuna possibilità di tagliare i diversi tornanti nè in salita nè in discesa (qualche istruttore ha tagliato un paio di curve con il suo gruppo!). Attualmente sulla strada poderale sono presenti alcuni conoidi di neve ghiacciata che ostacolano il passaggio, infatti possono essere utili i rampant.

Seguendo la strada poderale, superata quota 2200, si può individuare Col Serena in cima al canalone che si sviluppa a NE. Ma non è la nostra meta, quindi si punta in direzione N verso il visibile Alpe Rantin (2345 m). Raggiunti gli edifici, risaliamo direttamente sopra l’alpeggio verso il colletto che permette l’ingresso al pianoro superiore. Si prosegue in direzione N per i dolci pendii del vallone che termina con il colle della Costa di Serena (2675 m). Saliamo sulla punta a sinistra del colle (2785 m) per poi scendere, ripellare e giungere in cima ad una seconda punta a SE (2736 m).

Scendiamo sullo stesso itinerario di salita che, esposto a sud, offre una morbida neve trasformata.

Francesco Tasca, Matteo Gallo e Claudia Canuto

Uscita 3, 06.02.2022: anticima del Flassin

“La progressione verso la cima”, scatto d(ell)’autore

“Il vento fa il suo giro” è il titolo di un eccezionale film di Giorgio Diritti del 2005, un condensato di poesia, ambiente, sentimenti forti nelle viscere, doloroso e inebriante. Quasi come il sommesso, rassegnato rimuginio interiore ingenerato nei gitanti dall’arietta che soffiava cattivella domenica mattina nella parte bassa del vallone del Flassin, noto freezer. Il giro è arrivato e, guadagnati nuovi pendii solatii alla Tza de Flassin (le baite, insomma), l’aria mossa non sarebbe stata sufficiente nemmeno a gonfiare il favoloso abito di Marylin Monroe sulla grata della metro di NYC, come nella celeberrima scena di “The seven year itch” (per rimanere in campo cinematografico). Vamos a godercela, allora, la fine di questa salita, con sorrisoni che ricompongono mascelle non più irrigidite dal freddo.
Questa settimana la Redazione ha graziosamente accolto l’accorata richiesta di Elisa Gilli di poter essere nominata penna della scuola dalla conca del Flassin. Ecco il suo testo: con grande fair play l’autrice denuncia l’irrinunciabile collaborazione di Riccardo Foresto nella stesura, nonché nella scelta dell’immagine che hanno individuato per accompagnarla.
Enjoy!

E come in un cocktail mangia e bevi, vi serviamo anche lo Slideshow con le foto della gita. Gli scatti di questa settimana sono di Bertolotto, De Nicola, Francone, Garolini, Quaranta e Vecchio: grazie agli autori per averle condivise!

“Non c’è due senza tre”.

Così il nostro corso procede con la terza gita e, ahinoi, l’ora della sveglia viene anticipata. 

Al ritrovo tante espressioni assonnate ma accomunate dalla stessa voglia di metter gli sci ai piedi dopo una settimana di break. Quale la destinazione? 

Quest’anno la scelta della gita è un arduo compito per gli istruttori. La neve al suolo è poca e chi ama la powder dovrà chetare il proprio animo ancora per un po’. Inoltre questa settimana il Föhn ha soffiato forte scaldando ancor più questo già insolitamente mite gennaio. Tenendo conto di tutte le variabili che cercan di trasmetter a noi allievi, i nostri istruttori hanno fatto ricadere la scelta su un grande classico della Val d’Aosta: Monte Flassin, Valle del Gran san Bernardo.

Sopraggiungendo a destinazione, ci guardiamo fuori dai finestrini un po’ perplessi: i pendii che ci circondano sembrano completamente pelati. Ci aspetteranno forse ore di portage (ndr. pratica masochista diffusa nello scialpinismo)? 

Arriviamo nella frazione di Saint Oyen, a quota 1.370m, dove parcheggiamo e veniamo accolti da un freddo pungente. La presenza di un bar ci fa sperare in un caffè caldo prima di iniziare, ma, poiché è chiuso, non abbiamo altro modo di scaldarci se non incominciare a muover le gambe, ovviamente dopo aver diligentemente completato il check ARTVA. Sci ai piedi e direzione Nord, verso un vallone incredibilmente tutto imbiancato.

L’itinerario di salita presenta inizialmente ampi pendii lievi e prosegue regolare serpeggiando all’interno di un bosco solcato da un torrente. Al termine della radura veniamo accolti da un vento gelido che non riesce però a distoglierci dallo splendido paesaggio: si intravedono alcuni alpeggi e, più in lontananza, Mont Flassin e la Tete Cordellaz.

Finalmente lontani dalle piste!

Durante la salita le nostre orecchie sono pronte a captare gli insegnamenti degli istruttori e i nostri occhi notano attenti tutti i particolari: le cornici sulle creste che segnalano la direzione del vento degli ultimi giorni, l’altezza degli alberi nei canaloni circostanti che ricorda l’origine delle valanghe staccate negli anni precedenti. Ci si rilassa ma, cito la prima frase che ci ha detto il diretùr: “Quando si fa sci alpinismo si pensa allo sci alpinismo. I pensieri per il lavoro, la famiglia, la lavatrice, etc etc rimangono a casa”.  Il bello è anche questo!

Una volta raggiunti gli alpeggi veniamo finalmente baciati dal sole e facciamo una sosta veloce prima di ripartire. Qui l’ambiente inizia a diventare più impegnativo, i pendii si fanno più ripidi e richiedono qualche gucia (o gruccia?) …insomma, qualche inversione, ma la meta ormai è vicina e la voglia di arrivare compensa la fatica.

Giungiamo al colle del Monte Flassin, quota 2620m, appena sotto l’anticima e restiamo senza fiato: non tanto per i 1300 m circa di dislivello, quanto per lo stupore della vista che ha riempito i nostri sguardi. Sua maestà il Monte Bianco proprio di fronte a noi e all’orizzonte la cornice delle Alpi che si staglia su un cielo così limpido da permetterci di vedere anche il Cervino e il Monte Rosa. Esiste un posto migliore dove prenotare per il brunch della domenica?

Con gli sci ai piedi percorriamo il primo ripido pendio di discesa e assistiamo ad una simulazione di soccorso valanga preparata dai nostri istruttori. Bravi e temerari!

Proseguiamo la nostra discesa verso il bosco. La neve, anche se cambia e richiede gambe pronte ad accogliere le sue diverse forme e consistenze, a tratti è incredibilmente bella e invernale. Raggiungiamo infine il parcheggio e incrociamo gli sguardi stanchi ma soddisfatti dei nostri compagni di salita: complimenti a tutti!

Ahimè ancora costretti a rinunciare al lauto banchetto di fine gita, alcuni di noi trovano consolazione in una birra ghiacciata al bar del parcheggio. Non c’è fatica senza premio… dico bene?

A presto!

Elisa e Riccardo

Uscita 2, 23.01.2022: Mont Gimont

Panorama e atmosfera dalla cima

Se vuoi creare il più duro dei sergenti, prendi l’ultimo della truppa e dagli una patacca: con questo spirito la Redazione ha incaricato l’Aggregato Per Eccellenza di individuare, tra decine di volontari scalpitanti, l’autore della seconda relazione. La ponderata scelta del novello talent scout, che si aggirava con finta bonarietà tra le auto spacciando pregevoli bombi di Romanengo ma fiutando la preda tra le erbe basse della savana (cit.), è infine ricaduta su una vecchia conoscenza, il nostro Cristiano Martin. Ecco le sue impressioni sulla seconda uscita del corso SA1, che ci ha visti ascendere al Mont Gimont da Claviere in una splendida giornata bianca e blu.

Prima di passare la parola al nostro autore della settimana, eccovi, bello pronto e solo da cliccare, lo Slideshow con le foto della gita: grazie per averle condivise!

L’aggregato… figura mitologica, sospesa tra reale e mistico, che vede ma non esiste… questa volta esiste e scrive.
Il compito è arduo, vista la precedente relazione di un altro aggregato, anzi “DELL’AGGREGATO PER ECCELLENZA”, Cavùr.
Seconda gita di questo corso 2022, che sta cercando di evitare il Covid come la peste, come d’altronde tutti noi.
Partenza da Claviere, con una giornata soleggiata e piacevole. Si parte con entusiasmo e – come per il Covid – evitando il più possibile le piste.
Durante la salita, lezione di orientamento: l’istruttore un po’ scherzando e un po’ no, dopo aver descritto tutte le tecniche, sia scientifiche che arcaiche, come leggere il fondo del tè della gita precedente, con fare serio ci ha detto: “Se nonostante le tecniche che avete provato non sapete dove siete, usate la tecnica del BUONUOMO”. Le facce si sono trasformate tutte in un punto interrogativo. La tecnica è molto semplice ed è: “… si ferma un uomo e si domanda… scusi buon uomo, dove siamo?” .

Man mano che si sale, come sempre, le fatiche vengono ripagate da una vista sempre più spettacolare e mozzafiato. Arrivati a fianco del Col Sourel, non c’è solo la vista a togliere il fiato, bensì una salita di 30° e buoni 200-300 metri di dislivello. Si sale sbuffando, arrancando e affinando tecnica ed esperienza. Come nei migliori quiz televisivi, infine, si chiede un aiuto esterno e quindi, sia per sicurezza che per didattica, l’aiuto arriva con gli artigli di metallo… i rampant.

L’ultima fatica ehhh……. Vetta!!!!!!!!!!!
Le fatiche vengono ripagate da panini e bevande varie, purtroppo non festose e abbondanti come negli anni passati, però come si dice “chi si accontenta gode” e vista la giornata, la goduria è assicurata.
Arriva il momento di ripartire, consapevoli che le fatiche non sono terminate; infatti ad attenderci dopo qualche curva su quel pendio che ci ha messo alla prova in salita, c’è altro sudore e sofferenza da versare (ovviamente tutta didattica, ehh): la prova ARTVA. Se questa esercitazione è essenziale e salvavita, dopo averla fatta, senti la sensazione di averne persa di vita!!!
Per esperienza personale di ieri, quando gli istruttori dicono di cambiare le pile e controllare l’artva, FATELO!!!!!! Che poi vi trovate a fare “bip-bip-bip” con la bocca cercando di nascondere il fatto che non si accende ed evitare la figuraccia. Scherzi a parte, ieri è andata bene perché eravamo in tanti ed in sicurezza, ma con queste cose non si scherza.
Comunque, anche questa ricerca forsennata di dispositivi sotterrati è finita e quindi… giù!!!!! Neve strana, come la stagione: per qualche centinaio di metri bella,  poi la senti che cambia sotto gli sci. Anche questa è esperienza o come si dice da montanaro “mestiere che entra”.
Arrivati alle macchine, ci si saluta con la consapevolezza che i bagordi ora sono vietati, ma torneranno e allora saranno ancora più belli e gustosi, come una nuova sciata dopo un anno di stop.

Alla prossima gita

Cristiano

Uscita 1, 16.01.2022: Passo dei Salati e Passo di Zube

I nostri primi passi insieme

Come da tradizione, ogni nostra uscita è accompagnata dalla relativa relazione e ci piace sempre rompere il ghiaccio con la prosa alata della penna più iconica della SSA Cai Uget: il nostro Cavùr, l’Aggregato Nei Secoli Fedele che si guadagna le gite un tanto al chilo, grazie a un complicato calcolo tra righe vergate e metri di dislivello. Dalle prossime gite sentiremo e leggeremo la vostra voce, perchè crediamo nella coralità, facciamo che e pluribus unum.
Enrico, a te la linea:

L’Aggregato secondo la normativa vigente

Era il 23 febbraio 2020. Quasi due anni fa.

Si iniziava già a parlare di Covid: a fine gennaio si erano registrati i primi due casi di Coronavirus (come dimenticare i due turisti cinesi in visita a Roma), il 21 febbraio veniva identificato il paziente zero a Codogno. Ma la Scuola di Sci alpinismo dell’UGET si apprestava serenamente alla terza uscita, meta Crête de Lenlong. Ne serbo un ricordo un po’ sbiadito; mi sono rivisto le foto sul sito, una bella giornata di sole. Indelebile invece la frase che qualcuno pronunciò al momento di ripartire: “Ma siamo proprio sicuri di voler rientrare? Chissà cosa ci aspetta nei prossimi giorni… mettiamo i bus di traverso sulla strada, blocchiamo la valle e restiamo qua…”.

Ci ho ripensato più volte a questo presagio, nei successivi otto week end di lockdown, con il limite di movimento di 200 m dalla propria residenza; in quel triste periodo in cui avevo iniziato a fare i nove piani di scale per tenermi in forma (una volta sola, in verità; mi sono sentito come un criceto sulla ruota, ed ho smesso subito con gli allenamenti casalinghi); in quei week end in cui ho rimesso a posto casa, inseguendo la polvere in angoli in cui si sentiva sicura (ho passato l’aspirapolvere persino in soffitta). Sì, ho  pensato che non sarebbe stata una cattiva idea mettere i bus di traverso e restare tra i monti…

Era il periodo dei canti sul balcone, dei video spiritosi con alpinisti vestiti di tutto punto, ramponi e picozza, arrampicati sulle librerie… Poi finalmente, a maggio, è arrivata la riapertura: al primo week end di libertà sono schizzato fuori casa come quei cani che devono pisciare, e mi sono sparato in solitaria i 1.600 m di dislivello della Rocca Nera, che mi ha lasciato stravolto e felice. Volevo copulare con tutti gli alberi sul sentiero… al rifugista del Toesca ho rivolto una dichiarazione d’amore per il creato, per il Parco Orsiera-Rocciavrè, per lui medesimo.

Poi l’estate, e poi di nuovo le restrizioni: i comprensori sciistici, nell’inverno 2021, sono stati preda degli sci alpinisti, che si aggiravano tra gli impianti deserti come Will Smith nel film “Io sono leggenda”. E’ stato il periodo delle ardite interpretazioni delle FAQ ministeriali per ritagliarsi scampoli di libertà: la palma spetta a quella sci alpinista, di cui omertosamente tacciamo il nome, che intercettata da una pattuglia di carabinieri in Val Varaita, esordì sostenendo che l’uscita dal comune di residenza era legittima, nell’impossibilità di svolgere l’attività sci alpinistica a Torino (effettivamente pendenza ed innevamento a Porta Palazzo sono carenti…). Il milite obiettò che – a tutto voler concedere – ella avrebbe potuto spingersi giusto extra moenia torinesi, tra le montagne di casa, non a 100 km. di distanza. In replica, la principessa del foro in toga e pelli di foca si lanciò in  un’ardita arringa difensiva: partendo dal pacifico assunto (inter omnes constat)  che l’attività sci alpinistica è indubbiamente rischiosa, ne discende de plano che è del tutto inopportuno compierla in solitaria. “Pertanto, Vostro onore, possiamo biasimare chi, per esercitare in sicurezza questa passione, ha dovuto spingersi fin dagli unici amici disponibili ad accompagnarla, solo perché i medesimi albergano in Val Varaita?”. Le cronache riportano che il gendarme ripose il verbale,  esterrefatto ed ammirato dinanzi a tanta foga oratoria.

Ed ora, rieccoci qua, dopo due anni. Sicuramente più consapevoli di quanto sia bello ritrovarci sui monti in compagnia, e di quanto sia effimera la libertà di fare quello che ci piace.

Ci ritroviamo a Gressoney Staffal: la gioia di rivedersi è palpabile, solo le mascherine e l’assenza del bus d’ordinanza ci ricordano come questa Prima gita sia diversa dalle Prime gite che l’hanno preceduta. C’è una novità epocale: un nuovo Direttore, dopo 31 anni; il Dugono – giustamente celebrato in altre pagine – ha abdicato, sul trono la prima Diretura. Il paese è oramai pronto per una donna al Quirinale.

Si formano i gruppi e si parte; gli impianti ci portano al Gabiet, ed il problema della poca neve in basso è risolto. Inforchiamo gli sci già a quota 2.300 m. e saliamo al passo dei Salati, sulla sezione di pista dedicata agli sci alpinisti. Giornata splendida, in ombra un freddo becco, al sole è un piacere salire.

Sosta ai 3.000 m. del Passo, dopo 600 m. di dislivello. Tira una bisa terribile. Scendiamo, ma solo per ripellare. E’ inutile, ripellare is the new black, non ci si può più esimere… Risaliamo in direzione colle Zube, e poi, per rimanere al sole, verso il colle Civera: e sono altri 300 m di dislivello.

Qui la pendenza favorisce la didattica: la spiegazione sulle inversioni, guche nella vulgata sci alpinistica, è perfetta; gli allievi imparano rapidamente. Con un po’ di invidia borbotto che negli anni ‘80 del secolo scorso nessuno ti spiegava niente, quando ti aggrovigliavi con gli sci e cadevi, gli istruttori ti bersagliavano goliardicamente con palle di neve..  

L’ambiente è splendido (gli impianti sono a due passi, ma non si vedono), il panorama spettacolare, si scorgono Castore, Lyskamm e Capanna Margherita. Si è già fatta una certa, è tempo di rientrare: la discesa è su neve infida, che cambia spesso di consistenza, ma è un ottimo esercizio per gli esordienti. Tutt’altra storia quando raggiungiamo le piste degli impianti, e ci lanciamo in una lunga, veloce discesa fino alle macchine.

La prudenza ha sconsigliato ogni forma di assembramento, quindi niente torte delle allieve ad attenderci, eccetto l’encomiabile contributo di Monica, che ha l’esperienza dell’highlander, e sa che una gita senza torte non è una vera gita… Con prudenza, distanziamento, ecc ecc… ma – mi racumandi – attrezziamoci per la prossima, neh… 

Cavùr