La collezione della galleria d’arte montana e scialpinistica della SSA Cai UGET si consolida questa settimana con una nuova acquisizione. Il nostro Alessandro Vicario, promosso a furor di popolo a una residenza d’artista stabile (lo apprende in questo momento), ci propone questa settimana un’opera che evoca l’arrivo alla luce della comitiva di scialpinisti nel momento in cui questa giunge a ingentilire i pendii. E’ l’artista stesso a spiegare che il riferimento al giorno che scende nel titolo del dipinto rimanda a “quel montanaro di Ferretti Giovanni Lindo, che dice che sulle terre alte la notte non scende, ma sale“. Per assonanza proprio con l’immenso GLF, che definiva Ginevra Di Marco come “una voce d’angelo, a contenermi e a graziarmi“, anche noi ci ritroviamo riscattati, attraverso i tratti di Alessandro, dalla bruta materialità scialpinistica del sudore e del fiatone. Mica niente.
Se, guardando il disegno, volete farvi del bene, ascoltate qui https://www.youtube.com/watch?v=3h2b-h4Nz3Q La bellezza, in qualunque manifestazione si incarni, non ha controindicazioni.
“Il vento fa il suo giro” è il titolo di un eccezionale film di Giorgio Diritti del 2005, un condensato di poesia, ambiente, sentimenti forti nelle viscere, doloroso e inebriante. Quasi come il sommesso, rassegnato rimuginio interiore ingenerato nei gitanti dall’arietta che soffiava cattivella domenica mattina nella parte bassa del vallone del Flassin, noto freezer. Il giro è arrivato e, guadagnati nuovi pendii solatii alla Tza de Flassin (le baite, insomma), l’aria mossa non sarebbe stata sufficiente nemmeno a gonfiare il favoloso abito di Marylin Monroe sulla grata della metro di NYC, come nella celeberrima scena di “The seven year itch” (per rimanere in campo cinematografico).Vamos a godercela, allora, la fine di questa salita, con sorrisoni che ricompongono mascelle non più irrigidite dal freddo. Questa settimana la Redazione ha graziosamente accolto l’accorata richiesta di Elisa Gilli di poter essere nominata penna della scuola dalla conca del Flassin. Ecco il suo testo: con grande fair play l’autrice denuncia l’irrinunciabile collaborazione di Riccardo Foresto nella stesura, nonché nella scelta dell’immagine che hanno individuato per accompagnarla. Enjoy!
E come in un cocktail mangia e bevi, vi serviamo anche loSlideshowcon le foto della gita. Gli scatti di questa settimana sono di Bertolotto, De Nicola, Francone, Garolini, Quaranta e Vecchio: grazie agli autori per averle condivise!
“Non c’è due senza tre”.
Così il nostro corso procede con la terza gita e, ahinoi, l’ora della sveglia viene anticipata.
Al ritrovo tante espressioni assonnate ma accomunate dalla stessa voglia di metter gli sci ai piedi dopo una settimana di break. Quale la destinazione?
Quest’anno la scelta della gita è un arduo compito per gli istruttori. La neve al suolo è poca e chi ama la powder dovrà chetare il proprio animo ancora per un po’. Inoltre questa settimana il Föhn ha soffiato forte scaldando ancor più questo già insolitamente mite gennaio. Tenendo conto di tutte le variabili che cercan di trasmetter a noi allievi, i nostri istruttori hanno fatto ricadere la scelta su un grande classico della Val d’Aosta: Monte Flassin, Valle del Gran san Bernardo.
Sopraggiungendo a destinazione, ci guardiamo fuori dai finestrini un po’ perplessi: i pendii che ci circondano sembrano completamente pelati. Ci aspetteranno forse ore di portage (ndr. pratica masochista diffusa nello scialpinismo)?
Arriviamo nella frazione di Saint Oyen, a quota 1.370m, dove parcheggiamo e veniamo accolti da un freddo pungente. La presenza di un bar ci fa sperare in un caffè caldo prima di iniziare, ma, poiché è chiuso, non abbiamo altro modo di scaldarci se non incominciare a muover le gambe, ovviamente dopo aver diligentemente completato il check ARTVA. Sci ai piedi e direzione Nord, verso un vallone incredibilmente tutto imbiancato.
L’itinerario di salita presenta inizialmente ampi pendii lievi e prosegue regolare serpeggiando all’interno di un bosco solcato da un torrente. Al termine della radura veniamo accolti da un vento gelido che non riesce però a distoglierci dallo splendido paesaggio: si intravedono alcuni alpeggi e, più in lontananza, Mont Flassin e la Tete Cordellaz.
Finalmente lontani dalle piste!
Durante la salita le nostre orecchie sono pronte a captare gli insegnamenti degli istruttori e i nostri occhi notano attenti tutti i particolari: le cornici sulle creste che segnalano la direzione del vento degli ultimi giorni, l’altezza degli alberi nei canaloni circostanti che ricorda l’origine delle valanghe staccate negli anni precedenti. Ci si rilassa ma, cito la prima frase che ci ha detto il diretùr: “Quando si fa sci alpinismo si pensa allo sci alpinismo. I pensieri per il lavoro, la famiglia, la lavatrice, etc etc rimangono a casa”. Il bello è anche questo!
Una volta raggiunti gli alpeggi veniamo finalmente baciati dal sole e facciamo una sosta veloce prima di ripartire. Qui l’ambiente inizia a diventare più impegnativo, i pendii si fanno più ripidi e richiedono qualche gucia (o gruccia?) …insomma, qualche inversione, ma la meta ormai è vicina e la voglia di arrivare compensa la fatica.
Giungiamo al colle del Monte Flassin, quota 2620m, appena sotto l’anticima e restiamo senza fiato: non tanto per i 1300 m circa di dislivello, quanto per lo stupore della vista che ha riempito i nostri sguardi. Sua maestà il Monte Bianco proprio di fronte a noi e all’orizzonte la cornice delle Alpi che si staglia su un cielo così limpido da permetterci di vedere anche il Cervino e il Monte Rosa. Esiste un posto migliore dove prenotare per il brunch della domenica?
Con gli sci ai piedi percorriamo il primo ripido pendio di discesa e assistiamo ad una simulazione di soccorso valanga preparata dai nostri istruttori. Bravi e temerari!
Proseguiamo la nostra discesa verso il bosco. La neve, anche se cambia e richiede gambe pronte ad accogliere le sue diverse forme e consistenze, a tratti è incredibilmente bella e invernale. Raggiungiamo infine il parcheggio e incrociamo gli sguardi stanchi ma soddisfatti dei nostri compagni di salita: complimenti a tutti!
Ahimè ancora costretti a rinunciare al lauto banchetto di fine gita, alcuni di noi trovano consolazione in una birra ghiacciata al bar del parcheggio. Non c’è fatica senza premio… dico bene?
Non vi sarà sfuggito che stiamo rosicchiando senza pietà scampoli del vostro sonno e, per non smentire la tendenza, domenica 6 febbraio ci incontreremo alle 6:00 (legitur sei e zero zero) nel tradizionale punto di incontro per la Valle d’Aosta, come per la prima gita.
Siateci, decisi e precisi, a Torino, nel parcheggio sul retro di McDonald’s alla confluenza di Corso Giulio Cesare con Corso Vercelli, con ingressi sia da Corso Vercelli che da Corso Giulio Cesare. As usual, puntuali e veloci nel compattare le auto e abbreviare tale rituale necessario, ma – diciamocelo pure – c’è ben di meglio.
Qui comunque vi riproponiamo il link ai nostri consueti punti di ritrovo: Ritrovi
Habemus papam da mo, Presidente della Repubblica da poco, ma non ci basta mai e da ieri la nostra Scuola ha tre nuovi Istruttori Nazionali di SciAlpinismo. Complimenti a Raffaele Francone, Giuseppe Geninatti e Gianberto Picca Garino per avere brillantemente (ça va sans dire) concluso le impegnative prove dell’ anno di corso. Siamo da sempre orgogliosi di loro, abbiamo tifato con passione in questi mesi, in cuor nostro ben certi del risultato finale: chi già li conosce, sa bene di che razza di fuoriclasse stiamo parlando. Nella prossima uscita faremo loro i complimenti di persona e il consiglio spassionato è quello di approfittarne in sede didattica, anche perché le celeberrime gambe leste dei nostri eroi li rendono virtualmente irraggiungibili in natura, qualora li incrociaste nella loro attività scialpinistica personale.
Qui sopra i nostri gloriosi Raf, Giuse e Gian se la sorridono alla grande con Flavio e Marco della Sucai ed Eugenio della Scuola intersezionale Valli Pinerolesi: congratulazioni anche a loro da parte di tutti noi! Il Cai è un Sodalizio che trascende Sezione o Scuola di appartenenza e i ragazzi ce lo stanno dimostrando con semplicità e spontaneità. Il lieto finale di questo corso INSA, per citare il grande Lino Banfi, “E’ una vittoria di tutto il bar“.
NdR (per i cicapui): nel titolo l’acronimo è trattato come indeclinabile, non si dica che andava utilizzato un accusativo plurale.
Il nostro Stefano Bertolotto è un uomo di vaste capacità: in prima istanza, nell’eleganza delle scie che pennella a telemark, una piccola gioia per gli occhi. Non può, poi, che essere lusingato chi ha la fortuna di riconoscersi in uno dei magistrali ritratti-di-scialpinista-in-ambiente che il nostro uomo realizza durante le uscite, cammellandosi effortless una monumentale attrezzatura fotografica in uno zaino dal peso pari a un vitello di media taglia.Da autentico uomo d’ingegno (a voi dedurne la professione, a questo punto), preciso come le ferrovie giapponesi e genialmente “traffichino”, ha rilevato una criticità nell’equipaggiamento di alcuni dei nostri allievi e ci suggerisce prontamente un tutorial per porvi rimedio. Pur non nutrendo dubbi sulle capacità di alcuno, per sicurezza ci ha allegato anche le immagini step-by-step. Grazie Stefano, aspettiamo ora di vedere quanti portacaschi spunteranno sulle vostre schiene alla prossima uscita!E se foste colti da un incontenibile afflato comunicativo mentre customizzate il vostro zaino, taggateci su Instagram @ssa_cai_uget per mostrarci come ve la cavate.
Poichè ho notato che molti allievi attaccano il casco allo zaino appendendolo dal soggolo (ovviamente molti zaini non sono predisposti) ed è scomodo, poichè il casco oscilla durante tutta la salita, ho pensato di condividere la soluzione che ho da poco adottato sullo zaino di Gibo: poichè molti zaini hanno almeno le cinghie di compressione in fettuccia sui lati, mi sono procurato un “portacasco” universale, con gancetti, e ho infilato nelle cinghie di compressione laterali quattro O-RING di gomma presi dal ferramenta (1 euro) e ho agganciato il portacasco a questi ultimi (i gancetti non vanno bene nelle fettucce). Gli O-RING devono essere sufficientemente spessi per non rompersi e potersi agganciare bene e di diametro 1-2 cm circa; inizialmente avevo usato dei cordini annodati, ma gli O-RING sono più eleganti e , soprattutto, non si sganciano. Prevedere uno o 2 O-RING … di scorta!
Il prossimo step per i bricoleur è realizzarsi il portacasco vero e proprio, con un cordone elastico, un “fazzoletto” di tessuto e 4 gancetti di plastica (da comprare in merceria…)
Se vuoi creare il più duro dei sergenti, prendi l’ultimo della truppa e dagli una patacca: con questo spirito la Redazione ha incaricato l’Aggregato Per Eccellenza di individuare, tra decine di volontari scalpitanti, l’autore della seconda relazione. La ponderata scelta del novello talent scout, che si aggirava con finta bonarietà tra le auto spacciando pregevoli bombi di Romanengo ma fiutando la preda tra le erbe basse della savana (cit.), è infine ricaduta su una vecchia conoscenza, il nostro Cristiano Martin. Eccole sue impressioni sulla seconda uscita del corso SA1, che ci ha visti ascendere al Mont Gimont da Claviere in una splendida giornata bianca e blu.
Prima di passare la parola al nostro autore della settimana, eccovi, bello pronto e solo da cliccare, loSlideshowcon le foto della gita: grazie per averle condivise!
L’aggregato… figura mitologica, sospesa tra reale e mistico, che vede ma non esiste… questa volta esiste e scrive. Il compito è arduo, vista la precedente relazione di un altro aggregato, anzi “DELL’AGGREGATO PER ECCELLENZA”, Cavùr. Seconda gita di questo corso 2022, che sta cercando di evitare il Covid come la peste, come d’altronde tutti noi. Partenza da Claviere, con una giornata soleggiata e piacevole. Si parte con entusiasmo e – come per il Covid – evitando il più possibile le piste. Durante la salita, lezione di orientamento: l’istruttore un po’ scherzando e un po’ no, dopo aver descritto tutte le tecniche, sia scientifiche che arcaiche, come leggere il fondo del tè della gita precedente, con fare serio ci ha detto: “Se nonostante le tecniche che avete provato non sapete dove siete, usate la tecnica del BUONUOMO”. Le facce si sono trasformate tutte in un punto interrogativo. La tecnica è molto semplice ed è: “… si ferma un uomo e si domanda… scusi buon uomo, dove siamo?” .
Man mano che si sale, come sempre, le fatiche vengono ripagate da una vista sempre più spettacolare e mozzafiato. Arrivati a fianco del Col Sourel, non c’è solo la vista a togliere il fiato, bensì una salita di 30° e buoni 200-300 metri di dislivello. Si sale sbuffando, arrancando e affinando tecnica ed esperienza. Come nei migliori quiz televisivi, infine, si chiede un aiuto esterno e quindi, sia per sicurezza che per didattica, l’aiuto arriva con gli artigli di metallo… i rampant.
L’ultima fatica ehhh……. Vetta!!!!!!!!!!! Le fatiche vengono ripagate da panini e bevande varie, purtroppo non festose e abbondanti come negli anni passati, però come si dice “chi si accontenta gode” e vista la giornata, la goduria è assicurata. Arriva il momento di ripartire, consapevoli che le fatiche non sono terminate; infatti ad attenderci dopo qualche curva su quel pendio che ci ha messo alla prova in salita, c’è altro sudore e sofferenza da versare (ovviamente tutta didattica, ehh): la prova ARTVA. Se questa esercitazione è essenziale e salvavita, dopo averla fatta, senti la sensazione di averne persa di vita!!! Per esperienza personale di ieri, quando gli istruttori dicono di cambiare le pile e controllare l’artva, FATELO!!!!!! Che poi vi trovate a fare “bip-bip-bip” con la bocca cercando di nascondere il fatto che non si accende ed evitare la figuraccia. Scherzi a parte, ieri è andata bene perché eravamo in tanti ed in sicurezza, ma con queste cose non si scherza. Comunque, anche questa ricerca forsennata di dispositivi sotterrati è finita e quindi… giù!!!!! Neve strana, come la stagione: per qualche centinaio di metri bella, poi la senti che cambia sotto gli sci. Anche questa è esperienza o come si dice da montanaro “mestiere che entra”. Arrivati alle macchine, ci si saluta con la consapevolezza che i bagordi ora sono vietati, ma torneranno e allora saranno ancora più belli e gustosi, come una nuova sciata dopo un anno di stop.
Ci piace essere eclettici non solamente come scialpinisti, sciando con disinvoltura differenti declinazioni e consistenze di neve, ma anche nella proposta che rivolgiamo a tutti voi e innanzitutto, con notevole soddisfazione e divertimento, a noi stessi.
E’ con grande onore e non dissimulato orgoglio che inauguriamo una nuova sezione del sito, la pinacoteca virtuale. Il nostro talentuoso (anzi, politropo, che ha fatto il classico e proprio se lo merita) Alessandro Vicario ci ha graziosamente omaggiati di due opere – disegni non rende giustizia – a rappresentazione delle prime due uscite del corso SA1.
Abbiamo qualche altro artista tra noi? Litografia, incisione, ricamo, grafica digitale, origami? Se voleste contribuire ad arricchire la nostra galleria, ci fareste proprio felici: aspettiamo volentieri le vostre creazioni.
Pronti per la nostra seconda uscita insieme, cari SA1-isti?
L’appuntamento per domenica 23 gennaio sarà alle 6.30 (seietrenta, seietrenta davvero) a Venaria Reale, nel parcheggio vicino all’uscita della tangenziale, in c.so Papa Giovanni XXIII (romanticamente vicino al cimitero di Altessano). Compattate rapidamente e con efficienza le macchine, faremo vela verso Claviere. Qui il link alla posizione esatta https://maps.app.goo.gl/idzhgpNowpfqbLVu6
A motivazione per l’ascesa del weekend che sta arrivando, vi proponiamo qui un piccolo Slideshow di immagini della bella giornata insieme di domenica scorsa. Ci fa piacere assemblarla dopo ogni gita, per rivederci nell’ambiente innevato in buona compagnia (il nostro habitat naturale).
Scattate e poi condividete con noi, nutriamo la nostra gallery settimanale di belle facce e gruppi soddisfatti!
Come da tradizione, ogni nostra uscita è accompagnata dalla relativa relazione e ci piace sempre rompere il ghiaccio con la prosa alata della penna più iconica della SSA Cai Uget: il nostro Cavùr, l’Aggregato Nei Secoli Fedele che si guadagna le gite un tanto al chilo, grazie a un complicato calcolo tra righe vergate e metri di dislivello. Dalle prossime gite sentiremo e leggeremo la vostra voce, perchè crediamo nella coralità, facciamo che e pluribus unum. Enrico, a te la linea:
Era il 23 febbraio 2020. Quasi due anni fa.
Si iniziava già a parlare di Covid: a fine gennaio si erano registrati i primi due casi di Coronavirus (come dimenticare i due turisti cinesi in visita a Roma), il 21 febbraio veniva identificato il paziente zero a Codogno. Ma la Scuola di Sci alpinismo dell’UGET si apprestava serenamente alla terza uscita, meta Crête de Lenlong. Ne serbo un ricordo un po’ sbiadito; mi sono rivisto le foto sul sito, una bella giornata di sole. Indelebile invece la frase che qualcuno pronunciò al momento di ripartire: “Ma siamo proprio sicuri di voler rientrare? Chissà cosa ci aspetta nei prossimi giorni… mettiamo i bus di traverso sulla strada, blocchiamo la valle e restiamo qua…”.
Ci ho ripensato più volte a questo presagio, nei successivi otto week end di lockdown, con il limite di movimento di 200 m dalla propria residenza; in quel triste periodo in cui avevo iniziato a fare i nove piani di scale per tenermi in forma (una volta sola, in verità; mi sono sentito come un criceto sulla ruota, ed ho smesso subito con gli allenamenti casalinghi); in quei week end in cui ho rimesso a posto casa, inseguendo la polvere in angoli in cui si sentiva sicura (ho passato l’aspirapolvere persino in soffitta). Sì, ho pensato che non sarebbe stata una cattiva idea mettere i bus di traverso e restare tra i monti…
Era il periodo dei canti sul balcone, dei video spiritosi con alpinisti vestiti di tutto punto, ramponi e picozza, arrampicati sulle librerie… Poi finalmente, a maggio, è arrivata la riapertura: al primo week end di libertà sono schizzato fuori casa come quei cani che devono pisciare, e mi sono sparato in solitaria i 1.600 m di dislivello della Rocca Nera, che mi ha lasciato stravolto e felice. Volevo copulare con tutti gli alberi sul sentiero… al rifugista del Toesca ho rivolto una dichiarazione d’amore per il creato, per il Parco Orsiera-Rocciavrè, per lui medesimo.
Poi l’estate, e poi di nuovo le restrizioni: i comprensori sciistici, nell’inverno 2021, sono stati preda degli sci alpinisti, che si aggiravano tra gli impianti deserti come Will Smith nel film “Io sono leggenda”. E’ stato il periodo delle ardite interpretazioni delle FAQ ministeriali per ritagliarsi scampoli di libertà: la palma spetta a quella sci alpinista, di cui omertosamente tacciamo il nome, che intercettata da una pattuglia di carabinieri in Val Varaita, esordì sostenendo che l’uscita dal comune di residenza era legittima, nell’impossibilità di svolgere l’attività sci alpinistica a Torino (effettivamente pendenza ed innevamento a Porta Palazzo sono carenti…). Il milite obiettò che – a tutto voler concedere – ella avrebbe potuto spingersi giusto extra moenia torinesi, tra le montagne di casa, non a 100 km. di distanza. In replica, la principessa del foro in toga e pelli di foca si lanciò in un’ardita arringa difensiva: partendo dal pacifico assunto (inter omnes constat) che l’attività sci alpinistica è indubbiamente rischiosa, ne discende de plano che è del tutto inopportuno compierla in solitaria. “Pertanto, Vostro onore, possiamo biasimare chi, per esercitare in sicurezza questa passione, ha dovuto spingersi fin dagli unici amici disponibili ad accompagnarla, solo perché i medesimi albergano in Val Varaita?”. Le cronache riportano che il gendarme ripose il verbale, esterrefatto ed ammirato dinanzi a tanta foga oratoria.
Ed ora, rieccoci qua, dopo due anni. Sicuramente più consapevoli di quanto sia bello ritrovarci sui monti in compagnia, e di quanto sia effimera la libertà di fare quello che ci piace.
Ci ritroviamo a Gressoney Staffal: la gioia di rivedersi è palpabile, solo le mascherine e l’assenza del bus d’ordinanza ci ricordano come questa Prima gita sia diversa dalle Prime gite che l’hanno preceduta. C’è una novità epocale: un nuovo Direttore, dopo 31 anni; il Dugono – giustamente celebrato in altre pagine – ha abdicato, sul trono la prima Diretura. Il paese è oramai pronto per una donna al Quirinale.
Si formano i gruppi e si parte; gli impianti ci portano al Gabiet, ed il problema della poca neve in basso è risolto. Inforchiamo gli sci già a quota 2.300 m. e saliamo al passo dei Salati, sulla sezione di pista dedicata agli sci alpinisti. Giornata splendida, in ombra un freddo becco, al sole è un piacere salire.
Sosta ai 3.000 m. del Passo, dopo 600 m. di dislivello. Tira una bisa terribile. Scendiamo, ma solo per ripellare. E’ inutile, ripellare is the new black, non ci si può più esimere… Risaliamo in direzione colle Zube, e poi, per rimanere al sole, verso il colle Civera: e sono altri 300 m di dislivello.
Qui la pendenza favorisce la didattica: la spiegazione sulle inversioni, guche nella vulgata sci alpinistica, è perfetta; gli allievi imparano rapidamente. Con un po’ di invidia borbotto che negli anni ‘80 del secolo scorso nessuno ti spiegava niente, quando ti aggrovigliavi con gli sci e cadevi, gli istruttori ti bersagliavano goliardicamente con palle di neve..
L’ambiente è splendido (gli impianti sono a due passi, ma non si vedono), il panorama spettacolare, si scorgono Castore, Lyskamm e Capanna Margherita. Si è già fatta una certa, è tempo di rientrare: la discesa è su neve infida, che cambia spesso di consistenza, ma è un ottimo esercizio per gli esordienti. Tutt’altra storia quando raggiungiamo le piste degli impianti, e ci lanciamo in una lunga, veloce discesa fino alle macchine.
La prudenza ha sconsigliato ogni forma di assembramento, quindi niente torte delle allieve ad attenderci, eccetto l’encomiabile contributo di Monica, che ha l’esperienza dell’highlander, e sa che una gita senza torte non è una vera gita… Con prudenza, distanziamento, ecc ecc… ma – mi racumandi – attrezziamoci per la prossima, neh…
Finalmente inizia il corso SA1 2022, non vediamo l’ora!
Domenica 16 gennaio ci incontreremo alle 6:40 (lo sappiamo, lo sappiamo… ma è solo l’inizio, siamo stati benevoli) nel nostro tradizionale punto di ritrovo per veleggiare verso la Valle d’Aosta: a Torino, nel parcheggio sul retro di McDonald’s alla confluenza di Corso Giulio Cesare con Corso Vercelli, con ingressi sia da Corso Vercelli che da Corso Giulio Cesare.
Vi raccomandiamo di essere puntuali, per potere partire in tempi rapidi, senza attese mattutine e fredde.
Qui il link ai nostri consueti punti di ritrovo: Ritrovi
Dopo la lezione sull’attrezzatura e i materiali di mercoledì, preparate lo zaino perfetto e i vostri migliori sorrisi, vi aspettiamo!