HOW TO… adattare un portacasco al proprio zaino

Il nostro Stefano Bertolotto è un uomo di vaste capacità: in prima istanza, nell’eleganza delle scie che pennella a telemark, una piccola gioia per gli occhi. Non può, poi, che essere lusingato chi ha la fortuna di riconoscersi in uno dei magistrali ritratti-di-scialpinista-in-ambiente che il nostro uomo realizza durante le uscite, cammellandosi effortless una monumentale attrezzatura fotografica in uno zaino dal peso pari a un vitello di media taglia. Da autentico uomo d’ingegno (a voi dedurne la professione, a questo punto), preciso come le ferrovie giapponesi e genialmente “traffichino”, ha rilevato una criticità nell’equipaggiamento di alcuni dei nostri allievi e ci suggerisce prontamente un tutorial per porvi rimedio. Pur non nutrendo dubbi sulle capacità di alcuno, per sicurezza ci ha allegato anche le immagini step-by-step.
Grazie Stefano, aspettiamo ora di vedere quanti portacaschi spunteranno sulle vostre schiene alla prossima uscita! E se foste colti da un incontenibile afflato comunicativo mentre customizzate il vostro zaino, taggateci su Instagram @ssa_cai_uget per mostrarci come ve la cavate.

Poichè  ho notato che molti allievi attaccano il casco allo zaino appendendolo dal soggolo (ovviamente molti zaini non sono predisposti) ed è scomodo, poichè il casco oscilla durante tutta la salita, ho pensato di condividere la soluzione che ho da poco adottato sullo zaino di Gibo:  poichè molti zaini hanno almeno le cinghie di compressione in fettuccia sui lati, mi sono procurato un “portacasco” universale, con gancetti, e ho infilato nelle cinghie di compressione laterali quattro O-RING di gomma presi dal ferramenta (1 euro) e ho agganciato il portacasco a questi ultimi (i gancetti non vanno bene nelle fettucce).  Gli O-RING devono essere sufficientemente spessi per non rompersi e potersi agganciare bene e  di diametro 1-2 cm circa;  inizialmente avevo usato dei cordini annodati, ma gli O-RING sono più eleganti e , soprattutto, non si sganciano.  Prevedere uno o 2 O-RING … di scorta!

Il prossimo step per i bricoleur  è realizzarsi il portacasco vero e proprio, con un cordone elastico, un “fazzoletto” di tessuto e 4 gancetti di plastica (da comprare in merceria…)

Stefano Bertolotto

Particolare degli O-RING inseriti nelle fasce di compressione
L’aggancio del portacasco agli O-RING
Lo zaino con il casco bello stabile dopo il lavoretto

Uscita 2, 23.01.2022: Mont Gimont

Panorama e atmosfera dalla cima

Se vuoi creare il più duro dei sergenti, prendi l’ultimo della truppa e dagli una patacca: con questo spirito la Redazione ha incaricato l’Aggregato Per Eccellenza di individuare, tra decine di volontari scalpitanti, l’autore della seconda relazione. La ponderata scelta del novello talent scout, che si aggirava con finta bonarietà tra le auto spacciando pregevoli bombi di Romanengo ma fiutando la preda tra le erbe basse della savana (cit.), è infine ricaduta su una vecchia conoscenza, il nostro Cristiano Martin. Ecco le sue impressioni sulla seconda uscita del corso SA1, che ci ha visti ascendere al Mont Gimont da Claviere in una splendida giornata bianca e blu.

Prima di passare la parola al nostro autore della settimana, eccovi, bello pronto e solo da cliccare, lo Slideshow con le foto della gita: grazie per averle condivise!

L’aggregato… figura mitologica, sospesa tra reale e mistico, che vede ma non esiste… questa volta esiste e scrive.
Il compito è arduo, vista la precedente relazione di un altro aggregato, anzi “DELL’AGGREGATO PER ECCELLENZA”, Cavùr.
Seconda gita di questo corso 2022, che sta cercando di evitare il Covid come la peste, come d’altronde tutti noi.
Partenza da Claviere, con una giornata soleggiata e piacevole. Si parte con entusiasmo e – come per il Covid – evitando il più possibile le piste.
Durante la salita, lezione di orientamento: l’istruttore un po’ scherzando e un po’ no, dopo aver descritto tutte le tecniche, sia scientifiche che arcaiche, come leggere il fondo del tè della gita precedente, con fare serio ci ha detto: “Se nonostante le tecniche che avete provato non sapete dove siete, usate la tecnica del BUONUOMO”. Le facce si sono trasformate tutte in un punto interrogativo. La tecnica è molto semplice ed è: “… si ferma un uomo e si domanda… scusi buon uomo, dove siamo?” .

Man mano che si sale, come sempre, le fatiche vengono ripagate da una vista sempre più spettacolare e mozzafiato. Arrivati a fianco del Col Sourel, non c’è solo la vista a togliere il fiato, bensì una salita di 30° e buoni 200-300 metri di dislivello. Si sale sbuffando, arrancando e affinando tecnica ed esperienza. Come nei migliori quiz televisivi, infine, si chiede un aiuto esterno e quindi, sia per sicurezza che per didattica, l’aiuto arriva con gli artigli di metallo… i rampant.

L’ultima fatica ehhh……. Vetta!!!!!!!!!!!
Le fatiche vengono ripagate da panini e bevande varie, purtroppo non festose e abbondanti come negli anni passati, però come si dice “chi si accontenta gode” e vista la giornata, la goduria è assicurata.
Arriva il momento di ripartire, consapevoli che le fatiche non sono terminate; infatti ad attenderci dopo qualche curva su quel pendio che ci ha messo alla prova in salita, c’è altro sudore e sofferenza da versare (ovviamente tutta didattica, ehh): la prova ARTVA. Se questa esercitazione è essenziale e salvavita, dopo averla fatta, senti la sensazione di averne persa di vita!!!
Per esperienza personale di ieri, quando gli istruttori dicono di cambiare le pile e controllare l’artva, FATELO!!!!!! Che poi vi trovate a fare “bip-bip-bip” con la bocca cercando di nascondere il fatto che non si accende ed evitare la figuraccia. Scherzi a parte, ieri è andata bene perché eravamo in tanti ed in sicurezza, ma con queste cose non si scherza.
Comunque, anche questa ricerca forsennata di dispositivi sotterrati è finita e quindi… giù!!!!! Neve strana, come la stagione: per qualche centinaio di metri bella,  poi la senti che cambia sotto gli sci. Anche questa è esperienza o come si dice da montanaro “mestiere che entra”.
Arrivati alle macchine, ci si saluta con la consapevolezza che i bagordi ora sono vietati, ma torneranno e allora saranno ancora più belli e gustosi, come una nuova sciata dopo un anno di stop.

Alla prossima gita

Cristiano

Scialpin.arte – la nostra galleria d’arte alpina

Ci piace essere eclettici non solamente come scialpinisti, sciando con disinvoltura differenti declinazioni e consistenze di neve, ma anche nella proposta che rivolgiamo a tutti voi e innanzitutto, con notevole soddisfazione e divertimento, a noi stessi.

E’ con grande onore e non dissimulato orgoglio che inauguriamo una nuova sezione del sito, la pinacoteca virtuale.
Il nostro talentuoso (anzi, politropo, che ha fatto il classico e proprio se lo merita) Alessandro Vicario ci ha graziosamente omaggiati di due opere – disegni non rende giustizia – a rappresentazione delle prime due uscite del corso SA1.

Alessandro Vicario, Passo Zube il suo guardiano, 2022, inchiostro e acquerello
Alessandro Vicario, Pellegrini a Punta Gimont, 2022, inchiostro e acquerello

Abbiamo qualche altro artista tra noi? Litografia, incisione, ricamo, grafica digitale, origami?
Se voleste contribuire ad arricchire la nostra galleria, ci fareste proprio felici: aspettiamo volentieri le vostre creazioni.

Gli istruttori della SSA

Info per la seconda uscita SA1 (e sorpresina)

Pronti per la nostra seconda uscita insieme, cari SA1-isti?

L’appuntamento per domenica 23 gennaio sarà alle 6.30 (seietrenta, seietrenta davvero) a Venaria Reale, nel parcheggio vicino all’uscita della tangenziale, in c.so Papa Giovanni XXIII (romanticamente vicino al cimitero di Altessano). Compattate rapidamente e con efficienza le macchine, faremo vela verso Claviere.
Qui il link alla posizione esatta https://maps.app.goo.gl/idzhgpNowpfqbLVu6

A motivazione per l’ascesa del weekend che sta arrivando, vi proponiamo qui un piccolo Slideshow di immagini della bella giornata insieme di domenica scorsa.
Ci fa piacere assemblarla dopo ogni gita, per rivederci nell’ambiente innevato in buona compagnia (il nostro habitat naturale).

Scattate e poi condividete con noi, nutriamo la nostra gallery settimanale di belle facce e gruppi soddisfatti!

Gli istruttori della SSA

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Uscita 1, 16.01.2022: Passo dei Salati e Passo di Zube

I nostri primi passi insieme

Come da tradizione, ogni nostra uscita è accompagnata dalla relativa relazione e ci piace sempre rompere il ghiaccio con la prosa alata della penna più iconica della SSA Cai Uget: il nostro Cavùr, l’Aggregato Nei Secoli Fedele che si guadagna le gite un tanto al chilo, grazie a un complicato calcolo tra righe vergate e metri di dislivello. Dalle prossime gite sentiremo e leggeremo la vostra voce, perchè crediamo nella coralità, facciamo che e pluribus unum.
Enrico, a te la linea:

L’Aggregato secondo la normativa vigente

Era il 23 febbraio 2020. Quasi due anni fa.

Si iniziava già a parlare di Covid: a fine gennaio si erano registrati i primi due casi di Coronavirus (come dimenticare i due turisti cinesi in visita a Roma), il 21 febbraio veniva identificato il paziente zero a Codogno. Ma la Scuola di Sci alpinismo dell’UGET si apprestava serenamente alla terza uscita, meta Crête de Lenlong. Ne serbo un ricordo un po’ sbiadito; mi sono rivisto le foto sul sito, una bella giornata di sole. Indelebile invece la frase che qualcuno pronunciò al momento di ripartire: “Ma siamo proprio sicuri di voler rientrare? Chissà cosa ci aspetta nei prossimi giorni… mettiamo i bus di traverso sulla strada, blocchiamo la valle e restiamo qua…”.

Ci ho ripensato più volte a questo presagio, nei successivi otto week end di lockdown, con il limite di movimento di 200 m dalla propria residenza; in quel triste periodo in cui avevo iniziato a fare i nove piani di scale per tenermi in forma (una volta sola, in verità; mi sono sentito come un criceto sulla ruota, ed ho smesso subito con gli allenamenti casalinghi); in quei week end in cui ho rimesso a posto casa, inseguendo la polvere in angoli in cui si sentiva sicura (ho passato l’aspirapolvere persino in soffitta). Sì, ho  pensato che non sarebbe stata una cattiva idea mettere i bus di traverso e restare tra i monti…

Era il periodo dei canti sul balcone, dei video spiritosi con alpinisti vestiti di tutto punto, ramponi e picozza, arrampicati sulle librerie… Poi finalmente, a maggio, è arrivata la riapertura: al primo week end di libertà sono schizzato fuori casa come quei cani che devono pisciare, e mi sono sparato in solitaria i 1.600 m di dislivello della Rocca Nera, che mi ha lasciato stravolto e felice. Volevo copulare con tutti gli alberi sul sentiero… al rifugista del Toesca ho rivolto una dichiarazione d’amore per il creato, per il Parco Orsiera-Rocciavrè, per lui medesimo.

Poi l’estate, e poi di nuovo le restrizioni: i comprensori sciistici, nell’inverno 2021, sono stati preda degli sci alpinisti, che si aggiravano tra gli impianti deserti come Will Smith nel film “Io sono leggenda”. E’ stato il periodo delle ardite interpretazioni delle FAQ ministeriali per ritagliarsi scampoli di libertà: la palma spetta a quella sci alpinista, di cui omertosamente tacciamo il nome, che intercettata da una pattuglia di carabinieri in Val Varaita, esordì sostenendo che l’uscita dal comune di residenza era legittima, nell’impossibilità di svolgere l’attività sci alpinistica a Torino (effettivamente pendenza ed innevamento a Porta Palazzo sono carenti…). Il milite obiettò che – a tutto voler concedere – ella avrebbe potuto spingersi giusto extra moenia torinesi, tra le montagne di casa, non a 100 km. di distanza. In replica, la principessa del foro in toga e pelli di foca si lanciò in  un’ardita arringa difensiva: partendo dal pacifico assunto (inter omnes constat)  che l’attività sci alpinistica è indubbiamente rischiosa, ne discende de plano che è del tutto inopportuno compierla in solitaria. “Pertanto, Vostro onore, possiamo biasimare chi, per esercitare in sicurezza questa passione, ha dovuto spingersi fin dagli unici amici disponibili ad accompagnarla, solo perché i medesimi albergano in Val Varaita?”. Le cronache riportano che il gendarme ripose il verbale,  esterrefatto ed ammirato dinanzi a tanta foga oratoria.

Ed ora, rieccoci qua, dopo due anni. Sicuramente più consapevoli di quanto sia bello ritrovarci sui monti in compagnia, e di quanto sia effimera la libertà di fare quello che ci piace.

Ci ritroviamo a Gressoney Staffal: la gioia di rivedersi è palpabile, solo le mascherine e l’assenza del bus d’ordinanza ci ricordano come questa Prima gita sia diversa dalle Prime gite che l’hanno preceduta. C’è una novità epocale: un nuovo Direttore, dopo 31 anni; il Dugono – giustamente celebrato in altre pagine – ha abdicato, sul trono la prima Diretura. Il paese è oramai pronto per una donna al Quirinale.

Si formano i gruppi e si parte; gli impianti ci portano al Gabiet, ed il problema della poca neve in basso è risolto. Inforchiamo gli sci già a quota 2.300 m. e saliamo al passo dei Salati, sulla sezione di pista dedicata agli sci alpinisti. Giornata splendida, in ombra un freddo becco, al sole è un piacere salire.

Sosta ai 3.000 m. del Passo, dopo 600 m. di dislivello. Tira una bisa terribile. Scendiamo, ma solo per ripellare. E’ inutile, ripellare is the new black, non ci si può più esimere… Risaliamo in direzione colle Zube, e poi, per rimanere al sole, verso il colle Civera: e sono altri 300 m di dislivello.

Qui la pendenza favorisce la didattica: la spiegazione sulle inversioni, guche nella vulgata sci alpinistica, è perfetta; gli allievi imparano rapidamente. Con un po’ di invidia borbotto che negli anni ‘80 del secolo scorso nessuno ti spiegava niente, quando ti aggrovigliavi con gli sci e cadevi, gli istruttori ti bersagliavano goliardicamente con palle di neve..  

L’ambiente è splendido (gli impianti sono a due passi, ma non si vedono), il panorama spettacolare, si scorgono Castore, Lyskamm e Capanna Margherita. Si è già fatta una certa, è tempo di rientrare: la discesa è su neve infida, che cambia spesso di consistenza, ma è un ottimo esercizio per gli esordienti. Tutt’altra storia quando raggiungiamo le piste degli impianti, e ci lanciamo in una lunga, veloce discesa fino alle macchine.

La prudenza ha sconsigliato ogni forma di assembramento, quindi niente torte delle allieve ad attenderci, eccetto l’encomiabile contributo di Monica, che ha l’esperienza dell’highlander, e sa che una gita senza torte non è una vera gita… Con prudenza, distanziamento, ecc ecc… ma – mi racumandi – attrezziamoci per la prossima, neh… 

Cavùr

prima uscita sa1 2022: info

Finalmente inizia il corso SA1 2022, non vediamo l’ora!

Domenica 16 gennaio ci incontreremo alle 6:40 (lo sappiamo, lo sappiamo… ma è solo l’inizio, siamo stati benevoli) nel nostro tradizionale punto di ritrovo per veleggiare verso la Valle d’Aosta: a Torino, nel parcheggio sul retro di McDonald’s alla confluenza di Corso Giulio Cesare con Corso Vercelli, con ingressi sia da Corso Vercelli che da Corso Giulio Cesare.

Vi raccomandiamo di essere puntuali, per potere partire in tempi rapidi, senza attese mattutine e fredde.

Qui il link ai nostri consueti punti di ritrovo: Ritrovi

Dopo la lezione sull’attrezzatura e i materiali di mercoledì, preparate lo zaino perfetto e i vostri migliori sorrisi, vi aspettiamo!

Gli istruttori della SSA

FESTA SORPRESA PER IL DIRETUR

22 ottobre 2021: data che il “diretùr” non dimenticherà.

Una festa ‘a sorpresa’ per omaggiare Dario che dopo 30 anni di direzione della Scuola di scialpinismo CAI Uget di Torino lascia l’incarico.

30 anni di corsi, 30 anni di uscite con la Scuola, 900 allievi passati, tanti gli istruttori formati, ricordi infiniti.

GRAZIE

Dario: 30 anni da Diretùr

La notizia, forse complice la pandemia in atto, è passata quasi inosservata. Nessuna prima pagina, nessuna apertura dei TG. Eppure ha avuto una Eco anche internazionale: da Buckingham Palace è trapelato sollievo, la Regina Elisabetta, pur dall’alto dei suoi 68 anni di Regno, iniziava a sentirsi il fiato sul collo.

Dario Dugono, Gran Direttore di tutti i Direttori, o semplicemente “Il Diretùr”, passa la mano. Abdica.

Siamo ancora lontani dalla durata del Regno di Ramsete, 66 anni, o di Fidel, 49 anni. Però è stato superato Bokassa, Direttore della scuola di Sci alpinismo della Repubblica Centrafricana solo per 13 anni (famoso per la sua severità: si dice mangiasse gli allievi…).

Sono uno dei pochi sci alpinisti viventi e praticanti che possa dire: ho conosciuto Dario quando non era ancora Direttore. Digito questa frase con il fremito che proverebbe chi potesse scrivere: “La prima volta che vidi Pelè faceva il raccattapalle”, oppure “Quando conobbi Andreotti, era uno stagista al Senato”, o anche “Ho conosciuto Rocco Siffredi quando non aveva ancora limonato”. Potrei continuare.

Dario, quando iniziai nel 1987, era un istruttore talentuoso e di belle speranze. Allora regnava, Alfredo, detto l’ “iracondo”. Giovane allievo, capii subito che aria tirava: al primo pernottamento in rifugio, dopo cena, dal tavolo degli istruttori partirono i canti, e dopo aver dato fiato alle ugole il Direttore Alfredo interruppe la strofa “Ma el prim ch’ a l’ è stait al mund l’ é stait nost Diretùr”, ci guardò in tralice,  e con tono grave sentenziò “Agli allievi non è permesso tacere durante i canti della Scuola”. Che nessuno delle matricole li conoscesse, era un dettaglio cui porre pronto rimedio.

Vidi poi ascendere al trono Giorgio Inaudi, detto “il Magnifico”. Straordinaria figura, invero: ricordo una gita con uno splendido sole (tutte le gite del suo regno erano benedette dal sole), in cui – dopo alcune ore in cima, spaparanzati – ci fermammo alle prime baite non per una ricerca Arva, bensì per un supplemento di sole e libagioni. E quando, infine, ci si apprestò alla discesa, interpellato da un istruttore “Ma chi c’è in apertura?”, Egli rispose con un immaginifico e meraviglioso: “La Fantasia in apertura!”. 

Nel 1990 venne incoronato Dario. 

Sono passati 30 anni. Il 1990 era un’altra Era. Per dire, l’edizione del Festival di San Remo venne vinta dai Pooh, con “Uomini soli”; Eloide era appena nata. Presidente del Consiglio era Giulio Andreotti; Di Maio aveva 4 anni. Scudetto al Napoli di Maradona; Belotti non era stato ancora concepito. 

Sci ed attacchi pesavano come ferri da stiro, l’Arva andava a carbone. Non c’erano i cellulari, né le mail.

Quindi, siamo davanti ad un evento storico. Dario in queste tre decadi ha visto plotoni di allievi, innumerevoli gite, infinite cime conquistate.  Nel “panta rei” che domina ogni cosa, lui è stato un punto fermo. Appena un po’ più incanutito rispetto a trent’anni fa, ma i suoi polpaccetti guizzanti –  la cui ostensione è riservata alle gite primaverili – sono rimasti immutati.

Per questo ho ritenuto imprescindibile chiedergli di raccontarci qualcosa di questi anni.  Non è stato facile convincerlo, il low profile sabaudo è un suo tratto distintivo, ma alla fine mi ha concesso un’intervista… mi sono sentito come Gianni Minà con Fidel, anche se in questo caso il leader Maximo lo vedevo solo da uno schermo con videochiamata.

Un’intervista a chi è stato direttore per trent’anni, da parte di chi per trent’anni è stato allievo/amicodellascuola/aggregato/cantore… ciascuno tenacemente ed orgogliosamente attaccato al suo ruolo. Poteva quasi uscirne un’intervista doppia”, come quelle della trasmissione “Le Iene” (dove c’è sempre la domanda “Hai mai fatto sesso in tre?” … dev’essere come fare l’Entrelor e poi il Rocciamelone.. un’esperienza appagante, che – dopo averla fatta – non hai la forza di raccontare). Però ho deciso di optare per un’intervista tradizionale… diversamente qualcuno avrebbe commentato, citando Longanesi: “Cavùr è così egocentrico che se va a un matrimonio vorrebbe essere la sposa e ad un funerale il morto…”

Ma partiamo. 

Cavùr Dario, sono passati trent’anni, un tempo lunghissimo. Tutto è cambiato. Come è cambiata la Scuola?

Diretùr Ho iniziato a prendere le redini della Scuola nell’anno 1989, quando si doveva svolgere il 24.mo corso di scialpinismo del CAI Uget. In 24 anni si erano succeduti diversi direttori, ultimo – corso del 1988 – il mitico Alfredo Marchelli, precedentemente citato. Io però non avevo un titolo, (sì, quello di ingegnere, ma per dirigere una scuola di scialp non serviva) non ero ancora un istruttore regionale, ma con la complicità di Giorgio “il Magnifico” (più sopra citato) inventammo la posizione di “coordinatori” della scuola. Un duumvirato durato 1 anno, dopodiché Giorgio si sfilò ma mi affiancò, per il corso del 1990, un suo amico guida alpina, tale Livio Berta.

Nel ’90, la Scuola era enormemente diversa, innanzitutto per l’organico istruttori. 20 istruttori sezionali, 1 solo ISA (istruttore regionale) che nel ’91 abbandonava la Scuola.

Capii subito quanto fosse importante avere istruttori con il titolo. Nel ’90 provai a mandare qualche candidato al corso ISA, ma non passarono. Allora provai io nel ’92, e sono stato promosso ISA.

Dall’ora ho capito come ci si doveva preparare, e ogni due anni (i corsi regionali erano e sono tuttora biennali) mandavo qualche istruttore, e dal ’94 sempre con risultati positivi. Pian piano si è formato così un gruppo di istruttori titolati. Oggi la Scuola è forte di 20 istruttori titolati e 16 istruttori sezionali.

Nel ’95 poi ho preso il titolo di INSA, istruttore nazionale.

Cavùr L’approccio tecnico, l’organizzazione, allora erano indubbiamente diverse, meno strutturate, anche da allievo lo si percepiva.

Diretùr In generale c’era una preparazione tecnica inferiore ad oggi. C’era attenzione alla sicurezza anche allora, però si era molto indietro. Io ero presente all’unica gita del corso in cui c’è stato un incidente mortale, nel 1986. Non ero con il gruppo che fu coinvolto, perché ero sceso da un altro versante per recuperare due allieve che nel salire al rifugio della Balma, in soli 500 m di dislivello, si erano provocate bolle enormi ai piedi (anche questa, con i nuovi materiali, è una cosa che non succede più). Ho seguito alla radio il racconto della valanga, e sono sceso a valle per chiamare i soccorsi. Quando sono arrivati i Carabinieri, mi hanno chiesto: “Come facciamo ad arrivare con la macchina sul luogo dell’incidente?”. Li ho guardati stupefatto e gli ho spiegato che con la macchina non era cosa, ci voleva l’elicottero… Questo dà la misura di come tutto fosse molto più improvvisato; il mondo dello sci alpinismo era ancora un po’ pioneristico.

Cavùr Ora c’è molta più gente che pratica lo sci alpinismo?

Diretùr Anche negli anni ’90 la gente non era poca, 30/40 persone per ogni corso. Oggi limitiamo i posti a 50/60, ma la vera differenza è la preparazione degli istruttori, titolati sempre più numerosi e come dicevo tecnicamente molto più preparati. In ogni gita ora ci possiamo permettere di affidare 4 allievi a 2 istruttori, di cui 1 titolato. Sono anche cambiati gli allievi. Ora si avvicinano allo scialpinismo ragazzi e ragazze che gli sci li sanno condurre veramente bene, che si sono stancati di andare in pista, che vogliono scoprire il vero volto della montagna, raggiungere la vetta non più con impianti ma con le proprie gambe, faticando per poi meritarsi una bella discesa.

Cavùr Anche le lezioni teoriche sono più curate; sembrano lezioni del Politecnico…

Diretùr La preparazione teorica è fondamentale. E tra gli istruttori relatori nelle serate didattiche molti sono gli ingegneri ed uno è anche docente al Politecnico.  Non solo, ma anche i manuali del CAI sono fatti molto meglio e, soprattutto, regolarmente aggiornati. E poi si dedica più tempo a fornire spiegazioni agli allievi durante la salita, alle esercitazioni, fondamentali quelle riguardanti l’autosoccorso, la ricerca con l’ Artva e soprattutto come effettuare correttamente e con minor dispendio di energia lo scavo in valanga per recuperare un sepolto. Gli allievi di oggi sono naturalmente bravi ad usare un Artva, ma non sanno come usare una pala…

Cavùr Durante la salita ci si dedica soprattutto a “martellare” gli allievi… Come ha splendidamente scritto un compagno di sventura in un memorabile articolo, se Dario mette piede o anche solo lo sci nella circonferenza tracciata dal “raggio della morte” che circonda ciascuno di noi (“trattasi di raggio immaginario di circa 25 metri di cui noi siamo è il centro”) sicuramente faremo o diremo una cazzata. E Dario, impietosamente, la rileverà…

Diretùr Però gli allievi oggi escono dal corso con tutto quel che serve per svolgere l’attività in autonomia.

Cavùr Escono formati, ma forse arrivano già più preparati?

Diretùr Oggi la tecnica di sciata di chi si iscrive al corso è mediamente superiore. Non portiamo più la pila nello zaino…  Nei corsi di fine anni ’80 qualcuno si era addirittura presentato senza saper sciare e le gite finivano nottetempo…

Cavùr Mi ricordo il racconto che veniva tramandato, di un allievo che arrivato in cima disse: “Ed ora come si scende?”. E quando gli risposero “Ovviamente sciando”, lui disse “Ma io non so sciare!” 

Diretùr Scese con due istruttori, collegati via radio con gli altri che attendevano a valle, ed ogni tanto arrivavano notizie: “Siamo ancora lontani… Ora l’allievo prova senza sci… no, affonda… ora riprova con gli sci … no cade…”. Ecco perché ho deciso di introdurre la prova in pista per tutti i nuovi candidati allievi. 

Devo dire che la tecnica è migliorata anche grazie ai materiali: ora si può noleggiare l’attrezzatura, e riscattarla a fine stagione; una volta spesso si recuperava materiale usato alla bell e meglio. 

Cavùr Non ce ne sono più di allievi come me, che calzavano attacchi Silvretta il cui cigolio si diffondeva per la valle, e vestivano con colbacco dell’armata rossa e kefiah! 

Diretùr Meno male…

Cavùr Da vecchio allievo un po’ mi mancano i momenti “eroici”. Oggi non sarebbe più possibile far dormire venti persone in una baita di Pratorotondo come in quel corso del 1988, con un freddo porco, e una stufa che faceva più fumo che calore. L’urlo notturno “Campa an toc ant’la stùa!”, ed il  “Contrastate la porta!!” sono nella storia. Ma il “l’atmosfera”, la voglia di divertirsi insieme non è cambiata. Ci sono anche più donne: in bus ogni tanto si sente un profumo di fiori d’arancio..

Diretùr Effettivamente la percentuale di ragazze è andata aumentando, l’ultimo anno 40%, in media il 30% .

Cavùr La presenza femminile ha ingentilito la scuola; come le torte delle allieve. E degli allievi, che hanno raccolto la sfida. Ma veniamo ad aspetti più organizzativi. Che consigli daresti al tuo successore? 

Diretùr Ovviamente la sicurezza è fondamentale, ma non c’è bisogno di ricordarlo a chi verrà dopo di me; saranno istruttori nazionali, lo sanno benissimo. La recente sentenza del Tribunale di Aosta [che ha condannato per omicidio colposo plurimo e disastro colposo sei istruttori del Cai per una valanga che uccise due scialpinisti sul Colle Chamolè, vicino a Pila, durante una escursione nell’ambito di un corso di una scuola del Club alpino] rende ancora maggiori le preoccupazioni per Direttore ed istruttori. Al Direttore (di una scuola di altra Regione) è stata inflitta la pena di due anni, agli altri istruttori un anno e sei mesi.

Cavùr Molto pesante questa sanzione, comminata a persone che svolgono questa attività volontariamente, senza compenso. 

Diretùr Un consiglio meno scontato che posso dare al mio successore è quello di “farsi aiutare”. Le attività son tante, anche quelle amministrative. Bisogna trovare persone che abbiano voglia di farlo e che siano capaci di farlo. Essere un uomo solo al comando è faticoso. Il consiglio è di delegare, coinvolgere.

Cavùr Una cosa fatta e che consigli portare avanti? 

Diretùr Far ruotare nelle gite del Corso gli allievi sui diversi istruttori: una volta non si faceva, i gruppi venivano formati casualmente. Poi invece ho capito quanto fosse utile che un allievo provasse istruttori e stili diversi.

Cavùr Delle tantissime gite di questi anni qual è stata la più bella? La più brutta? 

Diretùr Sono quasi sempre stato presente alle gite della Scuola, quindi in totale ho partecipato a circa 250 gite da Direttore, ma sono state tutte belle, perché non ci sono gite brutte. Il meteo può essere brutto, ma se c’è freddo, vento, nebbia, se nevica, è comunque una gita istruttiva, utile per una Scuola.

Cavùr Ed adesso che farai? Pensi mica di metterti a guardare i cantieri a Bordighera? 

Diretùr Certamente no! Farò gite per conto mio, con amici, tre, quattro volte alla settimana. Quando il Corso ricomincerà, non lascerò la Scuola: continuerò come istruttore.

Concludo con una chiosa, molto personale. Dario sarà per sempre “IL” mio Direttore. E non solo per la durata del suo regno. O per la qualità o quantità dei ricordi. O dei cazziatoni, anch’essi innumerevoli. 

No, Dario sarà “IL” Direttore perché è stato un privilegio avere una “Guida”, una persona che sapeva cosa fare, in ogni occasione. Il ruolo di Direttore si adattava a Dario con assoluta naturalezza, e nello stesso tempo si percepiva il suo massimo impegno nel rivestire quel compito. Competenza ed impegno, un binomio prezioso e raro.

Il Dugono è stato una certezza; sempre presente, sempre puntuale, in mattine gelide spuntava accanto al bus nelle tenebre invernali, con la sua cartellina con i nomi. Ed io ad attendere il sospirato: “Sali Cavùr, c’è posto”, che mi consentiva di poter dormire ancora un po’ e non dover guidare.

La Scuola senza di lui oggi non sarebbe la stessa. Sono certo di interpretare il pensiero di tutti, istruttori ed allievi, nel ringrazialo di cuore per questi trent’anni.

Finisce un’Era. In bocca al lupo a chi verrà, e ci guiderà nelle tante gite che ci aspettano.

Cavùr

Marzo, 2021

Storie di scialpinismo mite, di Enrico Galasso, per gli amici ” Cavùr “

Chi non conosce o non ha incontrato Cavùr? quel simpaticone che ancora oggi si presente alle gite della Scuola come si vestiva negli anni ’90, ancora oggi rinnova solo la felpa, rigorosamente del Toro,

quello che – quando c’è – parte sempre con il primo gruppo e arriva con … non infierisco più, sarà forse perché in questi ultimi anni si è velocizzato: si è dotato di attrezzatura leggera…

Bene, Cavùr ha raccolto in un libricino, che allego, le relazioni che negli anni ha scritto, con passione, raffinate, divertenti, mai noiose, un maestro! 

Una buona lettura in questi giorni in cui #STIAMOACASA!

Dario, diretùr

Premessa

Che fare per alleviare l’attesa di tornare sulle montagne? Ho pensato di dare un contributo, coerente con quello che è sempre stato il mio ruolo nella Scuola: ho messo insieme una raccolta di tutte le relazioni che ho fatto, dai primi anni all’ultimo… sono tante, 25… 

Ho aggiunto una prefazione, un inedito, uno splendido disegno per la copertina fatto ad hoc da Alessandro, un paio di articoli sull’esperienza speleo, qualche nota agiografica in quarta di copertina.

Forse potrà essere un aiuto per far passare il tempo: chi quelle gite le ha vissute, avrà un’occasione per ricordare bellissime giornate; gli allievi di quest’anno – che hanno subito questo coiptus interruptus dell’esperienza sci alpinistica – potranno farsi un’idea di come saranno le prossime, più fortunate, stagioni.

Cavùr

Scarica QUI “Storie di sci alpinismo mite”

Buona lettura!       

… Le montagne non scappano … le ritroveremo  tutte ad aspettarci