Si dice che la necessità aguzzi l’ingegno, subordinatamente a ciò: data la neve, data la necessità… l’uomo inventò gli sci, da lì, visto che le montagne erano già state inventate in precedenza, inventò lo sci alpinismo, inventò Ottorino Mezzalama, con conseguente trofeo per dare allo sci alpinista il giusto tormento, poi in rapida sequenza il telefono, la liturgia della domenica, il pullman a tre assi, il tavolino da merenda (propriamente detto) con la merenda, gli sci leggeri e… giunti ai giorni nostri, la gita doppia di sabato e domenica inclusi gorge e boschi di larici.
Cominciamo dall’inizio, ci si scalda con una bella corsetta in auto fino ad Argentera (Valle Stura), impaludati, ci si avvia alla volta del Monte Enchastraye, comunemente conosciuto come Il Picco del Diavolo, che sornione ci osserva nell’evoluzione dei nostri sforzi e dopo un avvicinamento nel fondo valle, una gorgia insidiosa, un plateau apparentemente inoffensivo, una severa parete innevata, un tratto di cresta percorso a piedi, si vede costretto a segnare la resa alla nostra esuberante superbia atletica. Che dire, giunti in vetta ci troviamo avvolti dalle ormai note, ma sempre palpabili sensazioni di immensità, immensità ulteriormente ampliate da un meteo perfetto (la cui perfezione si mormora possa essere ascrivibile ad una certa assenza) e poi discesa, gorgia inclusa fino alle auto.
Cerimonie di assegnazione degli alloggi con consueti liti furibonde per l’accaparramento del piano superiore dei letti a castello, risolta come di consueto in sfavore dei meno prestanti atleticamente e anche meno abili nella nobile disciplina della boxe.
Superate le tensioni per i letti, cena piacevolissima per una trentina di atleti in un posticino grazioso con grasse portate di polenta e ogni altra cosa. Pare sia stata servita una sola bottiglia d’acqua in tutta la serata, e per altro ritirata a fine servizio ancora oltre la metà.
Nuovamente in scena, il giorno seguente, travestiti da sci alpinisti penetriamo in territorio nemico per una decina di Km, organizziamo il campo base a Larche, i travestimenti funzionano, il nemico non nota la nostra presenza, ordinatamente, con apparente noncuranza ci avviamo verso un fresco boschetto di larici, lì giunti lo aggrediamo con ferocia schivando alberi e passando su ogni cosa, guadagniamo il plateau superiore. Qui ci troviamo al cospetto del nostro obbiettivo, Tête de Fer, comunemente detto Pic du Diable, il quale sornione ecc. ecc…. Lo attacchiamo con convinzione, lo espugniamo in poche falcate. Una volta domato il picco cambia pelle, diventa una quasi accogliente sella da cui godiamo di una vista incredibile sulla corona di montagne circostanti.
Giunti a valle, fatta merenda, smobilitiamo il campo base prima dell’arrivo del nemico, e con il bottino pieghiamo verso terra italica.
Il bottino è consistente, due spedizioni in due giorni, circa 2400 metri di dislivello, esperienze importanti su terreni non esattamente facili, giubbe rosse che escono finalmente allo scoperto con manifestazione di stima nei nostri confronti, stima amplificata e ricambiata, sensazione di straordinaria complicità con tutti i componenti della spedizione, merito dello splendore apparso ai nostri occhi e del sacrificio necessario per cogliere tale apparizione.
La morale è che non trovo un morale, d’altra parte le morali per loro natura sono più efficaci in caso di episodi grevi e scomodi che non fanno per noi. MP
La prima gita della Scuola per me
è un concentrato di emozioni: mi fa ripensare alla mia Prima Gita, datata
1987; poi segna l’inizio della stagione:
si tira fuori l’attrezzatura, si ritrovano certi automatismi (pellare la sera
prima, doppia sveglia sul comodino, tisana per la gita, ecc.). E poi finalmente
si rivedono amici che si sono lasciati alle ultime uscite dell’anno prima.
Certo, un po’ di poesia è venuta
meno… Grazie ai social, ormai so che quella che per me è la prima gita, per molti
altri è l’ennesima; quando io stavo ancora riponendo secchiello ed ombrellone,
c’era già gente che pubblicava foto di sciate qua, là, su e giù, di serpentine,
di cime conquistate.. E che cappero! E un po’ come, il primo giorno di scuola,
arrivare tutto trullo, e scoprire che gli altri han già fatto “rosa rosae rosae”, e “lupus lupi lupo”,
e sono già alla terza declinazione…. Non vale così… è già che sui pendii ti
superano che manco una Ferrari sulla corsia di sorpasso, questi non hanno mai
smesso di macinare dislivelli (pure ad agosto, secondo me, tengono in freezer
un po’ di neve, che mettono su di un tapis roulant, o su di una grande ruota
per criceti).
Però mi affaccio lo stesso bello
carico all’appuntamento antelucano. Secondo la tradizione degli ultimi anni,
abbiamo due bus: scafati (istruttori/consorti istruttori/aggregati) ed
esordienti (allievi + Diretùr); sul primo i gesti sono ordinati e coordinati, e
si dorme (del che approfitto); ma mi manca l’atmosfera del secondo, assistere
alle scoperte dei nuovi venuti, osservare quell’impaccio che deriva dal fare
una cosa per la prima volta con sconosciuti.
Alla lettura dei gruppi, scopro
che è stato raggiunto il record storico: 13 gruppi.. se uno fosse scaramantico
avrebbe qualche timore… L’arrivo nel posteggio degli impianti di Crevacol conferma
che la scaramanzia è una scienza esatta: lo scenario è quanto di più
disincentivante ci sia… fuori è ancora scuro, fa freddo, nevischia… Controvoglia si scende, ci si veste, e ci si
avvia.. i pendii sono tristi, poca neve che non riesce a coprire erba ed
arbusti…
Lungo la salita un timido sole fa
capolino; allude, illude e sempre delude… Copriamo in circa 3.30 h i 900 m di
una gita senza storia.
Sul colle di Crevacol giusto il
tempo di rifocillarci, e si scatena una bufera: questa sì, rimarrà nei miei personali annali…
il vento schiaffeggia e trafigge con mille fiocchi cristallizzati, la visibilità
è minima, fa un freddo becco; lesti scendiamo con una derapata su pendio gelato.
In una giornata dove la formazione era oggettivamente difficile (rischio
valanghe 0,5) la montagna ha voluto contribuire con qualche insegnamento: chi
ha infilato nello zaino le pelli di foca arrotolate sul panino alla frittata,
può annoverare l’esperienza che l’operazione spellamento è bene farla subito,
perché poi magari le condizioni mutano…
Siamo un po’ abbacchiati.. si diffondono fake news sulla volontà del
Diretur di fare una ricerca Artva in punta, che richiederebbe uno scongelamento
al microonde dell’intera brigata. Invece nulla di tutto ciò; si scende, con una
gradita sorpresa: la discesa è sulle piste, in condizioni più che buone.
Bene! Nel disegno di legge che ho
presentato sull’introduzione dello “Sci alpinismo mite”, pendente in
Commissione Senato, tutte le gite prevedono la discesa su pista, se non sono
garantite condizioni ottimali di powder…
Al bus, consuete ed abbondanti
libagioni, di tutto un po’: acciughe rosse e verdi, torte, torcetti, vino, ecc.
ecc.
Nel tragitto a Torino, l’erede
dei Dugono prende il microfono; vuole intonare la Montanara? No. Spiega che
verrà creato un profilo Instagram della Scuola di Sci Alpinismo… e ci invita a
caricare foto ed a “taggare”. Da digital immigrate, seguo un po’ confuso… Fortunatamente
mi viene in soccorso Vittorio, che serio mi spiega: “Capita di taggare, quando
non digerisci le acciughe. Ma tranquillo, non è un nostro problema”.
Arriviamo a casa presto; anche
questo positivo aspetto è recepito nell’articolato del disegno di legge sullo
sci alpinismo mite: “La gita finisce presto, si arriva a casa, e si guarda la
partita del Toro. Che vince”.
Un altro zampino dei pervasivi
social arriva la domenica sera: foto di amici sci alpinisti celebrano gite
sulle Marittime, benedette dal sole… Ma noi sulle Marittime non siamo potuti
andare, perché alla velocità dell’era digital si contrappone la burocrazia,
ferma all’Editto di Teodorico: la comunicazione della
meta ai bus va fatta in pergamena con sigillo imperiale, ed una volta fatta, non si cambia più…
L’ultima sorpresa è la mattina di
lunedì: appena desto, un messaggio del Diretùr mi informa che un’allieva ha già mandato una
poesia, in rima baciata, sulla gita… Attende la mia relazione per pubblicarla…
Ma che ansia! Non si può far tutto veloce… una volta erano solo le gite ad
avere ritmi forsennati, ora pure la relazione! Non hai ancora riposto gli sci
in soffitta, e questi giovani han già mandato un poema in endecasillabi…
Attento Diretùr.. diffidiamo di
questi trend… uno si distrae un attimo, questi ti organizzano una votazione on
line, su qualche piattaforma del piffero, e ci troviamo un nuovo Direttore, che
magari di sci alpinismo capisce poco, ma le acciughe le fa buonissime ed ha un
sacco di like…
Cavùr
….ed a seguire l’articolo del “veterano Cavùr” ecco la poesia di una giovane allieva:
Poesia: Una giornata in rima baciata
Suona la sveglia. Giù dalla branda
Ci aspetta l’appello del capobanda.
Sul bus regna un silenzio monacale,
Solo qualche ronf eccheggia nel buio totale.
Il diretur alle 8 si desta
Finalmente tiriamo tutti su la testa:
Il Crevacol ci attende con aria funesta.
Scesi dal bus ci abbraccia il gelo
Del sole nessuna traccia in cielo.
Sotto il ponte della statale
C’è chi trova riparo dal freddo abissale
E chi invece fa una pipì colossale.
Dopo la ricerca dei compagni di sventura
E la raccolta di tutta l’attrezzatura,
Si comincia a salire
Ed il sudore si fa sentire.
Mentre la neve scende
Piano piano la gücia s‘apprende,
Mentre la colonna sale
C’è chi pensa “per iniziare è la gita ideale!“.
Sul colle soffia il vento e urla la bufera
La neve di traverso s’infila nella canottiera
La montagna veggente quasi arrabbiata
Sembra dirci: ”Andate! Che v’aspetta un’acciugata..!”
Così quasi senza colpo ferire
La discesa iniziamo a gestire:
Dopo qualche curva ben assestata,
Una lunga derapata
Ed un bel po’ di neve ventata
La simulazione viene disertata,
E tutti giù per sperimentare sta famosa magnata!
È un assalto bello e buono
All’ allievo con il dono!
Non scherzava mica Dario
Quando parlava del “sistema fognario”:
Se dopo i torcetti e gli amaretti
ti offron le acciughe, che fai non le accetti?
E la torta coi porri dopo quella al cioccolato?
Niente di meglio può essere abbinato!
C’è chi dice: “Tranquilla basta saltellare,
tanto tutto insieme si va a mescolare!”
Alla fine sul bus ci parla di un veterano il diretur,
Ma la domanda resta, quando ci presentate sto Cavour?
Elena Bignoli
ora puoi andare allo Slide Show, collezione delle foto della prima gita 2019:
Quelli che ci sono sempre stati: pensieri ed immagini di Valerio ed Enrico.
Abbiamo recentemente scoperto che entrambi siamo stati sempre presenti a tutte le gite di questi ultimi 3 anni, uscite su pista comprese! Molto differenti nell’approccio alla scuola e forse alla vita in generale: competitivo-cimaiolo l’uno (ovviamente Enrico!), meditativo-interiorizzante l’altro (ovviamente Valerio!), Psicologo e ingegnere, ciclista su strada e mountainbiker. Partendo dagli estremi ci siamo “ritrovati”, a volte anche nello stesso gruppo, ma soprattutto nello scherzare e nel riflettere sull’esperienza che insieme stavamo vivendo. Abbiamo deciso di mettere insieme alcuni pensieri di Enrico, un po’ seri e un po’ no, e le foto più belle di Valerio e proporveli.
Prologo.
Il giorno del mio 50esimo compleanno, il 14 gennaio 2015, mia moglie mi manda alla Tesoriera ad assistere alla presentazione del corso: “quello è il tuo regalo!”. Scopro che la scuola compie esattamente 50 anni. Un segno del destino, inequivocabile!
L’approccio. Prima gita, 1 febbraio 2015. Dopo lo sci “normale”, lo sci di fondo, lo snowboard, il telemark finalmente approdo al Nirvana degli sport invernali: lo sci alpinismo. Tutto quello che ho già sperimentato si ricompone in una nuova “magica miscela” con qualcosa di più: montagne immacolate, lontano da tutto e tutti, se non fosse per il nostro gruppetto di 70 persone. Unica pecca il vento gelido che tutti ricorderanno per sempre: “Col di Vers: io c’ero, le mie mani e miei piedi no”. Avevo talmente freddo che pensavo alla mia prossima evoluzione da Pokemon sportivo: il Curling.
Lo shock.
Scoprire che dietro al piacere della fatica e all’ebbrezza della discesa ci sono numeri, calcoli, funzioni, tabelle…….non è possibile!!!! Si può fare cambio di regalo?
Obiettivi.
Gli obiettivi di un competitivo-cimaiolo sono assolutamente meschini. Primo anno, riuscire ad arrivare nel gruppo 1 ma soprattutto che il mio caro amico Francesco Ravizza non ci arrivasse. Secondo anno, arrivare in cima un passo dietro a Livio (questo me l’ha insegnato Daniele dutùr). Il terzo anno ho cercato di elevarmi abbassandomi: rendermi utile occupandomi della raccolta differenziata del banchetto condiviso (grande pecca in un’organizzazione impeccabile!).
Momenti difficili, ovvero il diretùr e il “raggio della morte”.
Il “raggio della morte” è un raggio immaginario di circa 25 metri di una circonferenza immaginaria di cui io sono il centro (la circonferenza misura quindi 157 metri, dato irrilevante ma così mi alleno a fare calcoli). Se Dario mette piede o anche solo lo sci nella circonferenza io faccio una cazzata o la dico. E Dario mi becca (“Cazzo, Enrico!!!!”). Se hai vissuto anche tu l’esperienza del “raggio della morte” non chiuderti in un vergognoso silenzio, parla e sarai aiutato. Spero di non trovarmi da solo nel gruppo di mutuo auto-aiuto.
Momento indimenticabile.
La riscoperta della fede nella gita a Rocca Bianca il 17 aprile 2016. Per una serie di motivi non ben specificati, la barella non era dove solitamente sta, ovvero nel mio zaino ma, diciamo, piuttosto lontana. Olga inizia la discesa e cade facendosi male. Mentre Livio propone il vecchio metodo “selezione della specie” (“abbandonatela li, vedi come si alza”) e gli istruttori “buonisti” la incoraggiano, io mi raccolgo in preghiera: “ti prego Signore fai che Olga si rompa la gamba quando la barella è nel mio zaino”. E l’Altissimo, la gita dopo, mi ha ascoltato!
Momento da dimenticare.
La traccia unica in discesa: una necessità per la sicurezza ma, complessivamente, meglio una colica renale. Peraltro quando ho avuto veramente la colica renale urlavo ai medici del pronto soccorso: “uccidetemi, brutti bastardi!”. Quanta sofferenza!
Momento esaltante.
“L’assalto” finale al monte Thabor, 12 aprile 2015. Un rompete le righe assoluto! Chi arriva ultimo è della Sucai e scrive la relazione della gita!
Mai più senza. Giocare ad Explosion! ad alta quota, 7 maggio 2016 e 23 aprile 2017 al Gastaldi. Sto cercando su ebay una versione del gioco in microfibra e anima in carbonio per grandi raid.
Consigli preziosi degli istruttori.
Quello di Enzo: “dopo aver passato la sciolina lucida lo sci con il collant di tua moglie”. Grandi soddisfazioni anche con le calze a rete. Skialperotismo.
E quello di Riccardo: “nella neve polenta prova a levitare con i tuoi chakra in gore-tex” (o qualcosa del genere). Skialpmisticismo.
Sci alpinismo e relazione di coppia.
Il primo anno mia moglie, oltre ad augurarmi buona gita, mi preparava prelibate torte salate per il banchetto condiviso. Il secondo anno, anche no. Il terzo anno la mia probabile ex moglie indica ai miei figli dei bambini zingarelli abbandonati che chiedono l’elemosina: “anche loro sono figli di uno scialpinista con gli attacchi Atk, gli sci Movement e la tutina Montura”. Con specialissimo “scontone” nei nostri amatissimi negozi di fiducia!
Sci alpinismo e lavoro.
Nel mio lavoro cerco di sostenere le persone facendomi carico della loro sofferenza. Basta! Faccio un corso di sci alpinismo e penso a me. Poi, quando torno a lavorare dopo la gita, alcune “frasi nella testa” guidano i miei colloqui con i pazienti: “vai piano che non ti sta seguendo nessuno, operazione riuscita-paziente morto” (Luciano), ma è “sicuro” questo passaggio che vuoi fare? Segui la traccia già solcata dal tuo collega, raccogli prima informazioni dal punto di vista visivo, “usa la testa” (Dario), qual’ è il percorso migliore per arrivare alla meta? Scialpinismo e formazione del terapeuta si incrociano e si confondono. Chi l’avrebbe mai detto!
Motivi per consigliare la scuola a nuovi adepti.
Certo l’organizzazione suprema, certo la sicurezza assoluta, certo la competenza sterminata degli istruttori, certo gli aspetti conviviali e il gruppo. Ma l’essenza della scuola, per me, sta nella presa in carico della singola persona, valorizzando le sue risorse, credendo nei suoi miglioramenti, rinforzando i suoi passi avanti e tollerando, senza giudizio, le sue fatiche. Ingegneri o simil-ingegneri che “sostengono” le persone nel loro percorso di crescita: un incubo? un sogno? In questo caso una realtà.
L’ingrediente segreto.
Senza dubbio Cavour, aggregato aggregante, umorista umanista, storico della scuola e dell’umanità in generale, filologo delle “pornai”, fondatore e seguace unico dello “sci alpinismo mite”. La prima volta che lo vedi (ma anche la seconda e la terza) ti chiedi che cosa c’entri con tutto il resto, poi lo capisci. Assolutamente nulla, ma senza la sua presenza la scuola non sarebbe la stessa, e sarebbe meno di quello che è.
Epilogo.
Ultima gita, Testa dell’Ubac, 7 maggio 2017. Mancano 50 metri. Sono affaticato, complice le 3 ore di sonno causate da una bravata di mio figlio adolescente (o almeno così me la racconto). Alzo la testa e vedo Enzo, il mio occasionale personal trainer, quasi in cima insieme al direttore. Roberto Telemark e Luca, giovane allievo prodigio, mi superano a doppia velocità mentre con i ramponi squarcio con cura i miei costosi pantaloni. Vado su con i muscoli dei neuroni (su, dai, su, dai…). Un po’ annebbiato ce la faccio. Dario si avvicina, mi sorride: “bravo Enrico!”. Sconfitto, temporaneamente, il raggio della morte!!! Le forze sono magicamente tornate. Che la Forza sia anche con voi!
Saluti finali.
Un abbraccio forte a tutti, allievi e istruttori, ma soprattutto a Valerio e Valentina, a Enrico e Valentina, a Fabio con i quali abbiamo condiviso tre anni di salite, discese e viaggi assonnati in pullman e sulla mia Multipla. Enrico.
(Trova Malaccari)
vai ora allo Slideshow con la raccolta delle foto scelte da Valerio per ricordare il corso del 2017