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5.a Uscita, 16-17 Marzo 2019: Valle Stura

RELAZIONE GITE DEL 16 E 17 MARZO

Si dice che la necessità aguzzi l’ingegno, subordinatamente a ciò: data la neve, data la necessità… l’uomo inventò gli sci, da lì, visto che le montagne erano già state inventate in precedenza, inventò lo sci alpinismo, inventò Ottorino Mezzalama, con conseguente  trofeo per dare allo sci alpinista il giusto tormento, poi in rapida sequenza il telefono, la liturgia della domenica, il pullman a tre assi, il tavolino da merenda (propriamente detto) con la merenda, gli sci leggeri e… giunti ai giorni nostri, la gita doppia di sabato e domenica inclusi gorge e boschi di larici. 

Cominciamo dall’inizio, ci si scalda con una bella corsetta in auto fino ad Argentera (Valle Stura), impaludati, ci si avvia alla volta del Monte Enchastraye, comunemente conosciuto come Il Picco del Diavolo, che sornione ci osserva nell’evoluzione dei nostri sforzi e dopo un avvicinamento nel fondo valle, una gorgia insidiosa, un plateau apparentemente inoffensivo, una severa parete innevata, un tratto di cresta percorso a piedi, si vede costretto a segnare la resa alla nostra esuberante superbia atletica. Che dire, giunti in vetta ci troviamo avvolti dalle ormai note, ma sempre palpabili sensazioni di immensità, immensità ulteriormente ampliate da un meteo perfetto (la cui perfezione si mormora possa essere ascrivibile ad una certa assenza) e poi discesa, gorgia inclusa fino alle auto.

Cerimonie di assegnazione degli alloggi con consueti liti furibonde per l’accaparramento del piano superiore dei letti a castello, risolta come di consueto in sfavore dei meno prestanti atleticamente e anche meno abili nella nobile disciplina della boxe.

Superate le tensioni per i letti, cena piacevolissima per una trentina di atleti in un posticino grazioso con grasse portate di polenta e ogni altra cosa. Pare sia stata servita una sola bottiglia d’acqua in tutta la serata, e per altro ritirata a fine servizio ancora oltre la metà.

Nuovamente in scena, il giorno seguente, travestiti da sci alpinisti penetriamo in territorio nemico per una decina di Km, organizziamo il campo base a Larche, i travestimenti funzionano, il nemico non nota la nostra presenza, ordinatamente, con apparente noncuranza ci avviamo verso un fresco boschetto di larici, lì giunti lo aggrediamo con ferocia schivando alberi e passando su ogni cosa, guadagniamo il plateau superiore. Qui ci troviamo al cospetto del nostro obbiettivo, Tête de Fer, comunemente detto Pic du Diable, il quale sornione ecc. ecc…. Lo attacchiamo con convinzione, lo espugniamo in poche falcate. Una volta domato il picco cambia pelle, diventa una quasi accogliente sella da cui godiamo di una vista incredibile sulla corona di montagne circostanti.

Giunti a valle, fatta merenda, smobilitiamo il campo base prima dell’arrivo del nemico, e con il bottino pieghiamo verso terra italica.

Il bottino è consistente, due spedizioni in due giorni, circa 2400 metri di dislivello, esperienze importanti su terreni non esattamente facili, giubbe rosse che escono finalmente allo scoperto con manifestazione di stima nei nostri confronti, stima amplificata e ricambiata, sensazione di straordinaria complicità con tutti i componenti della spedizione, merito dello splendore apparso ai nostri occhi e del sacrificio necessario per cogliere tale apparizione.

La morale è che non trovo un morale, d’altra parte le morali per loro natura sono più efficaci in caso di episodi grevi e scomodi che non fanno per noi.  MP

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16 Marzo Monte Enchastraye
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16 Marzo Pointe de Giun
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17 Marzo Tete de Fer

4.a uscita, 10/3/2019: Chamois-Cheneil

Quarta Uscita…..Pensieri della giornata (in ordine cronologico)

04.45!!  ammappatelo che botta… speriamo valga la pena di ‘sta levataccia.

Che bus figo! Che sedili morbidi! Lo schienale va giù in maniera sontuosa… facciamoci un bel sonno… Ah, ci siam fermati? ‘ndo stiamo? Aò, che è sto caldo!? Ci han portato a Rapallo?

Ma c’è la cabinovia… ahhh, hai capito la furbata!! … mò ci porta sulle vette innevate!! … come la cabinovia arriva solo fino a  Chamois?… Bello il paesino… certo, c’è più neve a Rapallo…

Ecco, ora il Diretùr chiama a raccolta lo stato maggiore… adesso scodellano la soluzione… però, le facce son quelle di Napoleone e dei suoi generali prima della battaglia di Waterloo..

Ci sarebbero gli impianti… la seggiovia… no, eh…

Ah, così siamo messi? si sale sulla pista… di neve sparata… una striscia bianca tra i gladioli…. ma cosa sperare di meglio!… che palle…

Ma quelli in seggiovia che mi guardano, pensano quello che penso io al loro posto quando vedo uno che sale a bordo pista?

La Loby lo sapeva, ecco perché non è venuta…

“Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ‘l loco e ‘l tempo e ‘l seme di lor semenza e di lor nascimenti.”

… son due ore che scarpiniamo, e siamo arrivati dove gli sciatori scendono dagli impianti… che figata…

“Papà, ma quei signori perché non sono saliti con la seggiovia?” “Paolino, non è bello indicare le persone”.

Se il Toro deve perdere, Signore, non oggi 

“Papà, ma lo fanno perché sono poveri?” “Sì hanno speso tutto da Jolly Sport e non hanno più soldi”.

Ah, ma in punta c’è una chiesa… ecco, tutto si spiega! E’ un cammino di penitenza!

“Penitenziagite!”

[il Diretùr “Adesso scendiamo, ripelliamo e risaliamo”]  Nota a margine: la variante eretica dello “Sci alpinismo mite”, noto come lo “Sci alpinismo con cilicio”, ha tre regole deontologiche : “Salire a bordo pista – ripellare – fare una ricerca Arva”. Oggi vedrai che facciamo terno.

Ma guarda, bella la neve!! Si fanno anche le curvette!! Bella però ‘sta discesa!! Oh, ma di quanto scendiamo? che poi si deve risalire!

Dai, si risale anche bene. ‘Nzomma, l’abbiamo aggiustata, và!

Riecco la chiesetta. Ora si scende, yuuuuhh!!!  Figata ‘sta discesa!!! Ma come scio bene su pista!!

Ricerca Arva? Insomma! la neve non c’è… o scaviamo tra le primule, o non possiamo nasconderlo!

Strepitose ‘ste acciughe! E la crostata al cacao, farcita con caramello salato e ganache al cioccolato, tanta roba!  Tre ore per farla, un minuto per vederla sparire…

Giusto, qualche dato sulla gita: “Salita da Chamois alla Cappella della Madonna di Clavalitè, 730m. Ridiscesi fino al bosco sopra Cheneil per 350m e risaliti”. A voi il totale.

…ed ora la filastrocca di Elena:

Chamois, ma la neve ndò sta?

Il ritrovo è alle sei,

Ma nessuno è ancora sveglio direi..

Direzione valle d’Aosta,

Ma con una breve sosta

Infatti la meta ancora non si sa

Il diretur ce la dirà solo a metà.

Ed eccoci a Chamois

Dove risaliamo le piste

Circondati da un paesaggio triste.

Sono spogli i fianchi

“Cara neve, ci manchi! “

Le prime ed ultime guce della giornata

Le abbiamo fatte in una zona molto pelata.

Arrivati alla chiesetta

Si spella per la prima discesetta,

Ma non illudetevi che sia finita..

Presto ricomincia la salita!

Ripelliamo ancora una volta,

Ci giurano che è l’ultima stavolta.

Riscendiamo le piste da sci

Disordinati, un po’ di qui, un po’ di lì.

Prova con l’artva? Fioccano i disertori

Tra gli istruttori ci sono istigatori

Che spingon l’allievo alla rivolta

“manca la materia prima questa volta! “

Ma tutto ciò non è sufficiente

Perché l’allievo diligente

E l’istruttore intraprendente

Danno il via alla simulazione

Fatta sulla terra per disperazione.

C’è chi avvia un boicottaggio

Andando al bar come all’arrembaggio

Finché i primi non prendon coraggio

E allora tutti giù alla funivia

che come sardine ci porta via,

Perché nulla ci mette in fuga

Come quando a valle c’è l’acciuga.

Infatti tra la folla vien fuori una confessione

Al mondo ci son due tipi di persone:

“Chi marca a uomo e chi marca a tavolino”

Se sei tra i secondi sei sicuro un UGETtino!

Con quest’ultima filastrocca

Il mio grazie per voi trabocca

Grazie per la compagnia, le risate,

Le laute scorpacciate e le mille cose imparate.

Buon proseguimento di gite

E che siano di neve ben fornite!
Elena Bignoli

>>>>>> ora lo slide show: clicca sulla foto qui sotto

G4.50

3.a uscita, 24/02/2019: Rochers Charniers

Credo che la maestria dimostrata dalla natura nel saper accostare l’azzurro del cielo al verde delle foglie proprio come al candore della neve sia uno degli spettacoli attraverso cui meglio riesca a dimostrare l’esperienza consumata del vero protagonista della scena di fronte a noi spettatori di tanta meraviglia.

Eh già, spettacolo grandioso, ancor di più quando gli scorci più suggestivi si colgono a forza di braccia e bucce di foca, ed è di questo che parleremo, partiamo dal principio.

Siamo alla gita numero tre e contravvenendo alla più classica delle previsioni piemontese/catastrofistiche, dopo le prime due edizioni caratterizzate da condizioni meteo non propriamente confortevoli, abbiamo finalmente ribaltato la pervicace tendenza.  Non parleremo in questa sede del germogliare di certi (tutto sommato legittimi) sospetti, che vorrebbero ascrivere a un particolare soggetto assente domenica, la responsabilità del far convergere sulla verticale del nostro manipolo di eroi fantozziane perturbazioni, ci limiteremo per le prossime uscite, nel confrontare il parametro presenze/assenze del soggetto in questione con le condizioni meteo che via via si incontreranno, dopo di che il direttivo ne discuterà l’eventuale interdizione.

Torniamo a noi, nel caso dovesse essere necessario ribadire, la gita è avvenuta qui:

Rochers Charniers da Montgenèvre.  Difficoltà: BS [scala difficoltà: sta per Buoni Sciatori] , esposizione prevalente  in discesa: Sud-Ovest, quota partenza: 1860m, quota vetta: 3067m, dislivello totale : 1207m

Ritrovo magnanimamente procrastinato alle ore 6.30, si tratta pur sempre di orari da caserma, ma la mezzoretta in più fa…. Finalmente svelato un aspetto misterioso della vita degli istruttori, di questi semidei avvolti da una spessa coltre di mistero. Eh sì, da tempo ci si chiedeva: ma questi Elohim cosa dovranno fare durante il viaggio, cosa si diranno di così riservato da non ammettere figure a loro subordinate sul LORO mezzo, Ecco, domenica, facendo il mischione con un solo autobus abbiamo finalmente visto…. non fanno niente, dormono placidamente, e forse è per questo che preferiscono appartarsi, d’altra parte è risaputo, l’istruttore è come il gatto (non delle nevi) va e viene, sparisce per poi ricomparire all’improvviso al tuo fianco, l’istruttore non lo scegli, è lui a sceglierti. E più di tutto l’istruttore necessita delle sue 16 ore di sonno quotidiane.

Sbarco avvenuto a Montgenèvre con sorprendente facilità senza che le autorità del luogo ostacolassero le operazioni (si sa, proveniamo pur sempre da un paese meridionale) indossate le nostre armature via tutti a marciare. Due cosette che val la pena di menzionare, la prima: potrà apparire banale ma ragazzi, panorami suggestivi, impregnati di una luce tersa, abbagliante e meravigliosa. Inizio facile di riscaldamento con difficoltà crescente ma sempre ampiamente gestibile, coadiuvata dall’impeccabile e continua collaborazione da parte dei nostri angeli custodi. Caldo, molto caldo, troppo per essere a febbraio, devo dire non sgradevole, ma lo sci alpinista è preparato ad affrontare il freddo, il caldo è più una cosa da bagnino… Tuttavia ci si adatta, e poi la salita, rispondendo al celebre adagio che recita “Nulla dura in eterno” anch’essa finisce. Finisce sulla punta. Che spettacolo, guarda, laggiù in ci sono il Viso con il Dado di Vallanta che ci spiano, e poi tutt’intorno montagne a perdita d’occhio, che meraviglia, sono attimi di immensa emozione. La seconda: discesa, a tratti molto bella, c’è chi l’affronta con assoluta disinvoltura (non io) chi con discreta disinvoltura (non io) chi con qualche difficoltà (non ancora io).  E poi finalmente io ….  Comunque anche questa volta giungo vivo all’autobus per preparare ciò che alla fine mi viene meglio, la mia piccola parte di rinfresco post-operativo. Bellissimo. Che figo, la magia della merenda improvvisata da celebrarsi con le persone con cui si è condiviso un simile torrente di belle emozioni è qualcosa di impagabile. Che dire, grazie a tutti. Grandissima squadra.

Ringraziamenti e precisazioni: ringraziamento al proprietario del tavolo da campeggio, senza il quale nulla sarebbe così come è. Lo proporrei per una carica all’interno del direttivo. Ringraziamento a tutte le anime gentili che mi hanno soccorso in stato di disidratazione durante la gita, ciò mi ha permesso di rimanere in vita … tant’è che all’autobus per ripristinare il corretto livello di liquidi ho bevuto credo una bottiglia di barbera … e comunque, quando uno ha sete, vi assicuro che la barbera funziona benissimo. Prometto che alla prossima porterò anche 6 bottiglie d’acqua.

Adesso la smetto. Vi abbraccio e state avanti con il peso. Alla prossima. Viva la foca!

 Spiritosi, quella delle pelli……

Mauro P., quello delle acciughe….

…ed ora la poesia di Elena:

Tacuma a rampié per la punta di Rochers Charniers

Ogni volta un quarto d’ora più tardi, 
Ma non basta a cambiare gli sguardi.. 
Così assonnati alle sei e trenta, 
È l’orario che tutto rallenta. 
Col bus andiamo in direzione val di Susa 
Mentre regna una sonnolenza diffusa. 
Come sempre il diretur di primo mattino 
Puntuale ci risveglia dal sonnellino 
Che precede un po’ di sano sci alpino. 
Inforcati gli sci, recuperati gli accessori 
E’ fatto il cancelletto dagl’istruttori, 
Si parte alla volta del Rochers Charniers
E così uno, due, tre, tacuma a rampié. 
Dopo la seconda gita sfortunata 
Ne becchiamo finalmente una terza soleggiata
Hallelujah! Si vede qualcosa 
In questa giornata meravigliosa, 
Qualcosa di diverso dal bianco annebbiato:
Un spettacolo davvero incantato, 
Infatti dopo mille zig zag in salita, 
Qualche guancia un po’ arrostita, 
Un bel po’ di fatica avvertita
Ed una sudata inaudita, 
Finalmente in vetta 
Ci attende una vista perfetta! 
Dopo un meritato riposo 
E un po’ di foto con un panorama strepitoso 
Iniziamo 1200 metri di discesa 
Attraverso questa valle estesa. 
Tra versanti pieni di sastrugi 
E pendii con parecchi pertugi 
C’è chi pala, chi ARTVA e chi sonda, 
Ma poi al via si scatena la baraonda. 
Tutti giù per mangiare i soci:
Pare in atto l’assalto dei Proci 
Che divorano tutto come barbari feroci
O anzi sembran delle cavallette 
Che fan sparire tutto con le loro zampette 
Ma poco importa, il risultato è lo stesso:
Il deserto dei tartari è ciò che resta adesso. 
Tra un bicchiere di vino e qualcosa tra i denti 
Ci si domanda: chi tra gli assenti 
È il colpevole degli sfortunati eventi 
Delle due uscite precedenti? 

Ed ora le FOTO! Bella giornata = tantissime foto. Allora, vai allo Slide show:

G3-10

1.a uscita, 27/01/2019: colle di Crevacol

La prima gita della Scuola per me è un concentrato di emozioni: mi fa ripensare alla mia Prima Gita, datata 1987;  poi segna l’inizio della stagione: si tira fuori l’attrezzatura, si ritrovano certi automatismi (pellare la sera prima, doppia sveglia sul comodino, tisana per la gita, ecc.). E poi finalmente si rivedono amici che si sono lasciati alle ultime uscite dell’anno prima.

Certo, un po’ di poesia è venuta meno… Grazie ai social, ormai so che quella che per me è la prima gita, per molti altri è l’ennesima; quando io stavo ancora riponendo secchiello ed ombrellone, c’era già gente che pubblicava foto di sciate qua, là, su e giù, di serpentine, di cime conquistate.. E che cappero! E un po’ come, il primo giorno di scuola, arrivare tutto trullo, e scoprire che gli altri han già  fatto “rosa rosae rosae”, e “lupus lupi lupo”, e sono già alla terza declinazione…. Non vale così… è già che sui pendii ti superano che manco una Ferrari sulla corsia di sorpasso, questi non hanno mai smesso di macinare dislivelli (pure ad agosto, secondo me, tengono in freezer un po’ di neve, che mettono su di un tapis roulant, o su di una grande ruota per criceti).

Però mi affaccio lo stesso bello carico all’appuntamento antelucano. Secondo la tradizione degli ultimi anni, abbiamo due bus: scafati (istruttori/consorti istruttori/aggregati) ed esordienti (allievi + Diretùr); sul primo i gesti sono ordinati e coordinati, e si dorme (del che approfitto); ma mi manca l’atmosfera del secondo, assistere alle scoperte dei nuovi venuti, osservare quell’impaccio che deriva dal fare una cosa per la prima volta con sconosciuti.

Alla lettura dei gruppi, scopro che è stato raggiunto il record storico: 13 gruppi.. se uno fosse scaramantico avrebbe qualche timore… L’arrivo nel posteggio degli impianti di Crevacol conferma che la scaramanzia è una scienza esatta: lo scenario è quanto di più disincentivante ci sia… fuori è ancora scuro, fa freddo, nevischia…  Controvoglia si scende, ci si veste, e ci si avvia.. i pendii sono tristi, poca neve che non riesce a coprire erba ed arbusti…

Lungo la salita un timido sole fa capolino; allude, illude e sempre delude… Copriamo in circa 3.30 h i 900 m di una gita senza storia.

Sul colle di Crevacol giusto il tempo di rifocillarci, e si scatena una bufera:  questa sì, rimarrà nei miei personali annali… il vento schiaffeggia e trafigge con mille fiocchi cristallizzati, la visibilità è minima, fa un freddo becco; lesti scendiamo con una derapata su pendio gelato. In una giornata dove la formazione era oggettivamente difficile (rischio valanghe 0,5) la montagna ha voluto contribuire con qualche insegnamento: chi ha infilato nello zaino le pelli di foca arrotolate sul panino alla frittata, può annoverare l’esperienza che l’operazione spellamento è bene farla subito, perché poi magari le condizioni mutano…

Siamo un po’ abbacchiati..  si diffondono fake news sulla volontà del Diretur di fare una ricerca Artva in punta, che richiederebbe uno scongelamento al microonde dell’intera brigata. Invece nulla di tutto ciò; si scende, con una gradita sorpresa: la discesa è sulle piste, in condizioni più che buone.

Bene! Nel disegno di legge che ho presentato sull’introduzione dello “Sci alpinismo mite”, pendente in Commissione Senato, tutte le gite prevedono la discesa su pista, se non sono garantite condizioni ottimali di powder…

Al bus, consuete ed abbondanti libagioni, di tutto un po’: acciughe rosse e verdi, torte, torcetti, vino, ecc. ecc.

Nel tragitto a Torino, l’erede dei Dugono prende il microfono; vuole intonare la Montanara? No. Spiega che verrà creato un profilo Instagram della Scuola di Sci Alpinismo… e ci invita a caricare foto ed a “taggare”. Da digital immigrate, seguo un po’ confuso… Fortunatamente mi viene in soccorso Vittorio, che serio mi spiega: “Capita di taggare, quando non digerisci le acciughe. Ma tranquillo, non è un nostro problema”.

Arriviamo a casa presto; anche questo positivo aspetto è recepito nell’articolato del disegno di legge sullo sci alpinismo mite: “La gita finisce presto, si arriva a casa, e si guarda la partita del Toro. Che vince”.

Un altro zampino dei pervasivi social arriva la domenica sera: foto di amici sci alpinisti celebrano gite sulle Marittime, benedette dal sole… Ma noi sulle Marittime non siamo potuti andare, perché alla velocità dell’era digital si contrappone la burocrazia, ferma all’Editto di Teodorico: la comunicazione della meta ai bus va fatta in pergamena con sigillo imperiale,  ed una volta fatta, non si cambia più…

L’ultima sorpresa è la mattina di lunedì: appena desto, un messaggio del Diretùr  mi informa che un’allieva ha già mandato una poesia, in rima baciata, sulla gita… Attende la mia relazione per pubblicarla… Ma che ansia! Non si può far tutto veloce… una volta erano solo le gite ad avere ritmi forsennati, ora pure la relazione! Non hai ancora riposto gli sci in soffitta, e questi giovani han già mandato un poema in endecasillabi…

Attento Diretùr.. diffidiamo di questi trend… uno si distrae un attimo, questi ti organizzano una votazione on line, su qualche piattaforma del piffero, e ci troviamo un nuovo Direttore, che magari di sci alpinismo capisce poco, ma le acciughe le fa buonissime ed ha un sacco di like…

Cavùr

….ed a seguire l’articolo del “veterano Cavùr” ecco la poesia di una giovane allieva:

Poesia: Una giornata in rima baciata

Suona la sveglia. Giù dalla branda

Ci aspetta l’appello del capobanda.

Sul bus regna un silenzio monacale,

Solo qualche ronf eccheggia nel buio totale.

Il diretur alle 8 si desta

Finalmente tiriamo tutti su la testa:

Il Crevacol ci attende con aria funesta.

Scesi dal bus ci abbraccia il gelo

Del sole nessuna traccia in cielo.

Sotto il ponte della statale

C’è chi trova riparo dal freddo abissale

E chi invece fa una pipì colossale.

Dopo la ricerca dei compagni di sventura

E la raccolta di tutta l’attrezzatura,

Si comincia a salire

Ed il sudore si fa sentire.

Mentre la neve scende

Piano piano la gücia s‘apprende,

Mentre la colonna sale

C’è chi pensa “per iniziare è la gita ideale!“.

Sul colle soffia il vento e urla la bufera

La neve di traverso s’infila nella canottiera

La montagna veggente quasi arrabbiata

Sembra dirci: ”Andate! Che v’aspetta un’acciugata..!

Così quasi senza colpo ferire

La discesa iniziamo a gestire:

Dopo qualche curva ben assestata,

Una lunga derapata

Ed un bel po’ di neve ventata

La simulazione viene disertata,

E tutti giù per sperimentare sta famosa magnata!

È un assalto bello e buono

All’ allievo con il dono!

Non scherzava mica Dario

Quando parlava del “sistema fognario”:

Se dopo i torcetti e gli amaretti

ti offron le acciughe, che fai non le accetti?

E la torta coi porri dopo quella al cioccolato?

Niente di meglio può essere abbinato!

C’è chi dice: “Tranquilla basta saltellare,

tanto tutto insieme si va a mescolare!”

Alla fine sul bus ci parla di un veterano il diretur,

Ma la domanda resta, quando ci presentate sto Cavour?

Elena Bignoli

ora puoi andare allo Slide Show, collezione delle foto della prima gita 2019:

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le “girls” 2018

Siamo quasi al termine dell’estate, a 4 mesi dalla fine del corso, e, nell’attesa di rispolverare gli sci nella bianca farina (ancora due mesi?!), come da tradizione dobbiamo assolutamente ricordare le “girls” dell’ultimo corso, ben 20 iscritte su un totale di 52 allievi.

Ecco il link allo slide show delle “girls” del 53° corso della SSA:   vai allo Slideshow

Corso 2018: le allieve raccontano

Introduce Federica:

Tutti gli anni a gennaio alla presentazione del corso di scialpinismo rimango piacevolmente colpita dall’ incremento delle allieve iscritte al nostro corso. Ma a pensarci bene non c’è molto da stupirsi: questo sport è fatto di fatica, determinazione e passione sostantivi che noi donne sappiamo far nostri! La soddisfazione degli istruttori di vederle abbandonare le loro incertezze ed illuminarsi in volto ad ogni meta raggiunta non ha davvero prezzo. E allora perché non lasciare loro lo spazio di queste pagine per raccontarci come hanno vissuto quest’anno di scialpinismo?

Scrive Patrizia:

L’idea di iscrivermi ad un corso di sci d’alpinismo girava in testa già da un paio di anni. Mi era nata mentre ascoltavo i racconti di amici Valdostani di gite in valli bianche dove gli unici rumori erano quelli del vento e delle pelli che scivolano sulla neve.

Ogni anno una scusa diversa per rimandare. Poi ti svegli una mattina e decidi che quei racconti vuoi viverli di persona e prendi il coraggio di iscriverti.

Le tue amiche ti prendono per pazza, ti incoraggiano con frasi del tipo, ma alla tua età non sarebbe meglio iscriversi ad un corso di cucina oppure imparare a fare la maglia? Non ci riuscirai mai … Stiamo parlando di classe 1965.

La montagna ti piace, ci vai d’estate. Perché non andarci anche d’inverno, con la seggiovia sono capaci tutti ad arrivarci, tu vuoi faticare ad arrivare lassù, sai che verrai ripagata dallo spettacolo della natura.

Ti iscrivi da sola, vai alla presentazione del corso, ti sembra di essere un’aliena in un mondo di personaggi mito che compiono delle imprese da capogiro……

….vuoi continuare la lettura di quanto ha scritto Patrizia? Vai a:

http://www.caiuget.it/notizie/scialpinismo-al-femminile/

Scrive Silvia:

“Quando ho iniziato il corso di scialpinismo dell’Uget sono rimasta impressionata dal numero di ragazze, giovanissime e meno giovani, che come me avevano scelto di mettersi in gioco calzando scarponi e pelli e cimentandosi in una attività così faticosa e severa. Consultando il sito della scuola avevo sorriso nel vedere, tra le foto, una gallery dedicata alle ragazze del corso: pensavo fossero state menzionate in quella specifica sezione del portale, come si fa con le rarità che arrecano lustro e incuriosiscono.

Oggi, dopo aver frequentato parte del corso e aver conosciuto molte compagne di gita, posso affermare che non c’è nulla di strano.

La montagna affrontata con sci e pelli è sempre sostantivo femminile, così come lo sono la tenacia, la pazienza, l’abnegazione e la volontà di oltrepassare i propri limiti…..

….vuoi continuare la lettura di quanto ha scritto Silvia? Vai a:

http://www.caiuget.it/notizie/scialpinismo-al-femminile/

Scrive Irene:

“Finalmente mi sono decisa e mi sono iscritta! Quale occasione migliore per iniziare a praticare lo scialpinismo se non frequentando un corso Cai? Quantomeno, pensavo al momento dell’iscrizione, avrò più occasioni per andare in montagna, potrò tenermi in forma facendo sport all’aperto, respirando aria pulita. Sarò motivata a frequentare le lezioni, anche quelle teoriche, e finalmente potrò anche io elevarmi a scialpinista, snobbando gli impianti di risalita e quelle stupide e inutili ovovie riscaldate che vanno tanto di moda……

….vuoi continuare la lettura di quanto ha scritto Irene? Vai a:

http://www.caiuget.it/notizie/scialpinismo-al-femminile/

Scrive Chiara:

Non è stato difficile riconoscere che essere figlia e nipote di scialpinisti ed aver partecipato in passato a qualche sporadica gita non faceva di me una scialpinista.

Questo accenno di presunzione è svanito come neve al sole non appena, con il corso di scialpinismo del CAI UGET, ho rimesso scarponi ai piedi, sci e attacchi in modalità salita…..

….vuoi continuare la lettura di quanto ha scritto Chiara? Vai a:

http://www.caiuget.it/notizie/scialpinismo-al-femminile/

Scrive Gaia:

“Una premessa è necessaria: adoro stare all’aria aperta in montagna. Il mio è un bisogno fisico: avere la possibilità di respirare aria pura e di perdermi nei ampi panorami facendo scorrere lo sguardo tra cime e valli mi riempie di energia. D’estate o d’inverno, appesa a una corda o a passeggio sui sentieri mi piace percorrere i versanti in lungo e in largo. Lo scialpinismo lo scoprii ormai una decina di anni fa e fu un amore a prima vista. Con totale incoscienza, mi aggregai a un gruppo di amici che organizzavano la traversata Valle Stretta Modane in primaverile. Che fatica…una delle più grosse mai fatte in vita mia, ma una gita stupenda che mi conquistò!….

….vuoi continuare la lettura di quanto ha scritto Gaya? Vai a:

http://www.caiuget.it/notizie/scialpinismo-al-femminile/

USCITA 8 DEL 6/05/18 – Cavùr ricorda…

Tra le tante gioie che la montagna mi concede, ce n’è una che non ho ancora compreso se è un dono speciale che riserva a me, o se lo elargisce a tutti i suoi estimatori: quando raggiungo una vetta che ho già salito, si apre una sorta di varco temporale; rivivo in istanti vividi la gita precedente, rivedo il me più giovane, ricordo la fase di vita che stavo attraversando, le circostanze ed i compagni di allora. E questo effetto rievocativo mi è ispirato non solo dalla cima su cui mi trovo, ma anche dalle vette circostanti: ad esempio, sullo spartiacque Val di Susa – Val Chisone, specie nel Parco Orsiera Rocciavrè che ho percorso in lungo ed in largo, il panorama delle vette diventa una sorta di film dell’esistenza: quando sono stato sul Pintas avevo appena dato la maturità, sul Villano sono salito con Tizio dopo un esame all’università, sulla Cristalliera ci sono stato appena assunto, ecc.

Orbene, su Piramide Vincent sono salito il 29 e 30 maggio 1993; su Punta Gniffetti 26 e 27 maggio 1990. Quindi, quando domenica sono giunto in vetta, il mio sguardo spaziava tra le splendide cime del Rosa, ma anche tra i ricordi.

Quasi trent’anni…. Molti dei miei compagni che oggi sono con me non erano ancora nati, o facevano i primi passi, inseguiti dalla mamma con l’omogeneizzato. Altri, invece, c’erano già allora.
C’era Vitto, l’amico della montagna, amico di una vita, sia nella salita alla Vincent che in quella a Punta Gniffetti. Una foto appesa in casa mia ci ritrae abbracciati sulla balconata di Capanna Margherita: l’Enrico di allora ha una faccia stravolta, ma è entusiasta (nel senso etimologico, en theos, “con Dio dentro di sé”).

Vitto c’era anche sulla Vincent: eravamo io, lui, ed una sua fidanzata di allora, una graziosa biondina; lui ci aveva lasciato indietro, e lo ricordo lontano, già vicino alla punta, mentre io ero a metà dell’ultimo pendio, accanto alla biondina .. che vomitava (la storia finì poco dopo.. non so se la condotta di gita tenuta dallo sciagurato nell’occasione abbia contribuito alla saggia decisione della fanciulla).

C’era Dario, agli esordi della carriera da leader maximo, che nel comunicare i gruppi della salita alla Gniffetti mi disse: “Ti ho messo con quelli che non arriveranno in cima”. Ci azzeccò, nel senso che tutti quelli del mio gruppo diedero forfait, eccetto il sottoscritto, che dopo la sua frase era determinato ad arrivare in vetta a costo di trascinarsi sulle gengive.. Peraltro, non posso biasimarlo: era il periodo in cui praticavo lo sci alpinismo con discontinuità (non come ora, in due anni 16 gite su 16); ero giovane, distratto da mille passioni, convinto che l’allenamento fosse un optional sostituibile con ferrea volontà alfieriana (un anno, come mia prima gita, mi presentai all’uscita della Scuola al Gran Paradiso …).

Tra i compagni della salita alla Gniffetti del 1990 non posso non ricordare Aldo Frola, mitico istruttore della mia giovinezza, che  vedendomi spalmato a terra nei pressi del Col del Lys (mi sentivo come un alpino in ritirata dal Don…),  mi incoraggiò, non amorevolmente come ora fanno gli istruttori, ma con lo stile del tempo: un laconico e perentorio “Così su non ci arrivi, non fermati più e tieniti attaccato alle code dei miei sci”.

In questa salita del 2018, c’erano invece molti amici assenti tre decenni fa. Innanzitutto,  i miei compagni di cordata, Enrico, in versione Gandalf il grigio, e Thea. C’era Loby,  che ha vomitato il piloro, in cima ha rifiutato la mia crema di peperoni, ma in cima stoicamente ci è arrivata. C’era Laura, che ha fatto una grande relazione, ma una strepitosa salita; l’ho battezzata la “vestale dello sci alpinismo mite”, ma mi sto ricredendo… ripellare è una pratica inconciliabile con la nostra dottrina. C’era la Resty, che affronta i pendii con piglio di virgo bellatrix, vergine guerriera, novella Camilla di virgiliana memoria, ma sfoggia all’occorrenza un cuore di mamma, pronta a soccorrere un’allieva accasciatasi al suolo, accasciandosi accanto a lei. C’era Luca, che continua brillantemente la tradizione della tribù dei Berta, le guide navajos del CAI UGET. C’era Sara Dughi, che praticamente ho visto in fasce ed ora sprinta sui pendii (se la carica di Diretùr fosse ereditaria, saremmo già a posto per il prossimo mezzo secolo…). C’era quel persistente odore di fiori di arancio che ci ha accompagnato per tutta la stagione… C’era – ma non solo domenica, anche trent’anni fa –  il mio fedele imbrago, complicato, obsoleto, ma a cui sono tremendamente affezionato.. Lo so, lo sci alpinista moderno ormai segue la settimana della moda a Milano per individuare il colore per l’attrezzatura, ma io sono “antico”, come dicono i miei figli…

C’erano in tanti in questa salita, in una giornata benedetta dal meteo oltre ogni aspettativa, che ha chiuso in maniera splendida l’ennesima splendida stagione. Non li posso ricordare tutti qui, ora, ma sicuramente li ricorderò quando farò di nuovo la Gniffetti o la Vincent… tra trent’anni!!

Cavùr

USCITA 8 del 6/05/18 – Piramide Vincent

Come trasformare una bella giornata in una indimenticabile e spettacolare?

Prendi una meta da poco più di tremila metri e sostituiscila con una (o due) da quattromila. Il gioco è fatto, il risultato è garantito!

Il tutto in un ambiente glaciale con seracchi brillanti e crepacci ancora coperti, sole e temperatura che anche oltre i 4000m era gradevolissima.

In questo contesto si è consumata l’ultima uscita del corso scialp 2018. Grazie agli istruttori per la loro dedizione e competenza, grazie agli allievi per l’entusiasmo, la determinazione, la voglia di conoscere un mondo così semplicemente bello.

Qui di seguito la relazione di Laura, che salendo in funivia mi confessava che aveva timore di non farcela, che non sarebbe arrivata su….

Ritrovo 4.50 al solito parcheggio del McDonald’s… anzi iniziando dal principio, ritrovo da Jolly il sabato pomeriggio per procurarci i cordini! Io e Lorenzo ci avviamo al negozio con l’idea di prendere l’imbrago e i cordini in pochi minuti…. Ma al momento dell’acquisto ci chiediamo: “sì ma… quanti cordini?” E soprattutto, “di che lunghezza?” Nonostante la lezione a cui avevo partecipato e che mi sembrava di aver capito bene, ecco… ero un po’ confusa … e non avevamo neanche il manuale con noi ad aiutarci! Dopo aver messo in profonda crisi diversi inservienti, incontriamo Gaia e insieme riusciamo a procurarci il tutto, con l’aiuto anche di Davide in call-conference. Senza questo fondamentale meeting da Jolly, io e Lorenzo ci saremmo presentati in ghiacciaio con solo l’imbrago e un cordino da un metro e venti a testa…

Arriviamo alla partenza, un po’ stanchi dalla sveglia presto, riposiamo ancora un po’ durante il viaggio e ci svegliamo con la bella sorpresa che prenderemo gli impianti per portarci più in alto e raggiungere la Piramide Vincent. Devo ammetterlo, ero molto preoccupata, quasi tendente al terrorizzato. Un po’ l’altezza (a cui non ero mai stata), un po’ la mancanza di allenamento (vita sedentaria e ultime gite saltate), ho pensato che mi sarei fermata da qualche parte ad aspettare il gruppo. Allo stesso tempo però ero molto emozionata, sarei andata in un ambiente totalmente nuovo per me, non ero mai salita così in alto in un ambiente glaciale.

Prendiamo gli impianti, il panorama che ci aspetta all’arrivo è già stupendo.

Inforchiamo gli sci e iniziamo la salita. Inizio duro, fiato cortissimo, non saprei se già è per l’altezza o per la mancanza di allenamento; d’altronde ho sempre il fiato corto, ma mi sembra ancora più corto del solito. Grazie a Sara e Luciano piano piano proseguiamo la salita con tappe intermedie di rifornimento energetico (ottimo acquisto i ‘gellini’ di Decathlon!), ammiriamo l’affascinante ambiente che ci circonda.

Circa a metà ci leghiamo. Io sono in cordata con Sara B. che si prende cura di me con pazienza e gentilezza. Il suo aiuto è fondamentale, non sarei mai salita fin su senza i suoi saggi consigli. Mi ha aiutata a ripellare dopo la salita e discesa dal Balmenhorn (4165m), a respirare bene, ad avere un ritmo giusto per me … grazie Sara! Devo proprio ringraziarti perché mi hai dato la possibilità di vivere bene e godermi la gita dandomi sicurezza e riuscendo ad arrivare in cima.

Qui sulla Piramide Vincent (4215m) il panorama è davvero bello, un senso di apertura, siamo davvero ‘in cima’. Ammiriamo questa natura così imponente, se vogliamo anche avversa e un po’ inquietante, ma così affascinante! Che emozione!

Iniziamo la discesa, prima parte tutto bene anche grazie ad una bella neve, poi sì, devo ammetterlo, avevo le gambe proprio stanche, ma curvetta dopo curvetta arriviamo giù.

La gita è giunta al termine… in una parola: bellissima, e grazie a tutti!

Laura

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USCITA 7 del 21-22/04/18 – VALPELLINE

Insieme alla primavera è esplosa l’estate, la prima parte del corso è già lontana e in un baleno siamo proiettati al giro di boa di Valpelline!

Quando in inverno, nelle giornate più uggiose sfogliavo il prezioso pieghevole del corso, recitandolo come un mantra, cercavo di ignorare la seconda parte del corso; ma ciò nonostante le leggendarie, mitiche rappresentazioni di Valpelline galoppavano dentro di me…

30 posti mi sembravano veramente troppo pochi per starci dentro, ma le fantasie e i sogni rappresentano una nostra libertà intima e fondamentale, per non dire che ho sempre considerato il carattere utopico di un obiettivo come un valore aggiunto!

Per farla breve mi son permessa di sognare Valpelline, e voilà: ci siamo! Sono convocata e graziosamente la data vuole coincidere con il mio 57esimo compleanno!

Il ritrovo per la valle d’Aosta è il solito e orribile parcheggio in barriera di Milano, fronte e retro sulle cattedrali di Auchan e Mac Donald, ore 5,45.

Ci arrivo praticamente a 4 zampe, brancolando nelle ultime ombre della notte, dopo un bancomat dell’ultimissima ora che mi salva dalla solita brutta figura.

In pochi minuti organizziamo le macchine trascurando la mia, vuota di metano e in ritardo di tagliando, sic.

L’equipaggio è simpatico, il trasferimento vola e presto siamo pronti a scaricare i nostri amati giocattoli a Chez Chenoux di Bionaz

Qualche centinaio di metri di portage sulla poderale sterrata e possiamo calzare gli sci sul primo linguone di neve.

La poderale sale gentile e ci permette di rompere il fiato senza fatica.

Successivamente, dopo aver attraversato una piccola conca, imbocchiamo un sentiero più ripido, che per un breve tratto ci obbliga ad un nuovo portage.

Ricalziamo gli sci e dopo aver costeggiato una morena, risaliamo una dorsale dove sputiamo sangue, funestati dal clima torrido e da una discreta pendenza.

Ogni tanto una brezza lieve e pietosa ci restituisce il respiro e per fortuna, il rifugio di Crete Seche non è un’allucinazione e ci aspetta poco sopra.

Arriviamo, una parte di noi si spiaggia nei dintorni mentre gli altri, veri eroi, proseguono fino al Col Berlon, sparandosi altri buoni 580 metri di dislivello.

Inutile dire che io resto, in considerazione rispettosa dell’ultima primavera compiuta e dell’obiettivo dell’indomani.

Inganno il tempo in compagnia di graziose compagne di gita e sguazzo nella neve; la temperatura è così folle che si può letteralmente diguazzare scalzi nella neve!

Dopo un paio d’ore tornano i nostri eroi, felici e paghi di una nuova bella prova.

Si arriva a sera giocando, chiacchierando e testando le brande, che sono davvero accoglienti, per non dire magnetiche!

Ma il solito tormentone si affaccia all’improvviso: sarà meglio montare le pelli di sera o al mattino?

Opposte scuole di pensiero discutono le loro tesi con elaborate argomentazioni…

Gli sci non sono ammessi all’interno del rifugio, potrebbe gelare anche sotto la tettoia….che fare?

Io le ho già calzate, penso alla mia colla vecchia e stanca e mi accorgo anche di aver perso il sacchetto con le pellicole…

Mi aggiro per un po’, tormentata dai dubbi.

Infine ritrovo il sacchetto, che sornione, penzola da un gancio della toilette; forte del ritrovamento mi precipito sugli sci, spello, e infine mi abbatto in branda esausta.

Siamo pronti a partire prima dell’alba, montiamo i coltelli col buio e muoviamo i primi passi mentre albeggia.

Attacchiamo il primo sbalzo sopra il rifugio, mi chino a spostare l’alzatacco e la mia splendida borraccia verde, regalo di compleanno, salta via dallo zaino e rotola velocissima nel nulla, sic.

Fortunatamente ho altra acqua e prima o poi, forse, avrò anche metodo!

Ma i guai sono appena cominciati: la pendenza e la neve durissima non mi aiutano ad elaborare il lutto della borraccia.

Su questo terreno duro e molto smosso non riesco a far mordere i coltelli e neanche a piantare i bastoncini. Infliggo un vero Calvario al mio istruttore, che mi segue come un angelo custode, anche se metto a dura prova la sua grande pazienza.

Superiamo un pezzo in piano dove togliamo i coltelli, c’è sempre più luce, ma io cocciuta, non ho ancora tolto la frontale.

In fondo al piano ricalziamo i coltelli e imbocchiamo un canale ripido alla nostra sinistra; su questo terreno infido mi impegno molto x rotolare a valle dalla mia borraccia, ma Stefano mi acchiappa sempre, anche quando provo a tirar giù anche lui.

Finalmente usciamo dal canale illesi dove ci attende il sole e una vista mozzafiato!

Togliamo i coltelli, sostituisco la frontale con gli occhiali da ghiacciaio e inizio a sentirmi meglio!

Attraversiamo ancora un’ampia conca che risaliamo sulla destra, in direzione del colle di Mont Gelè; alla nostra destra la vista sul gruppo del Rosa è veramente spettacolare, ma il piccolo ghiacciaio di Crete Seche, appena sotto di noi è pura poesia e non ho parole per descriverlo…

Si continua, la meta è dritta davanti a noi, non ci resta che affrontare un lungo traverso a mezza costa che ci porta ai piedi della rampa finale, sotto la croce di vetta.

Ci fermiamo sotto la rampa, l’indicazione del Diretùr è di ricalzare i coltelli.

Decido di fermarmi, i muretti precedenti mi hanno resa dubbiosa sulla mia tecnica di gûcie; mi spiaggio con cautela sul pendio e, mentre i miei compagni montano i coltelli, spello con decisione.

Li guardo partire senza rimpianto, ma dura poco! Dopo una piccola pausa rigenerante mi accorgo che il pendio non è così ripido, la neve molto più morbida rispetto alle ore precedenti…. ma ormai è fatta, le pelli sono nello zaino e il gruppo partito.

Faccio pace con la mia decisione affrettata e aspetto con calma che il mio gruppo si muova per la discesa. Non è un’attesa snervante: la vista è fantastica e l’incontro con gli altri scialpinisti che stanno salendo e si offrono di accompagnarmi in vetta, molto umano.

Verso le 10,30 scatta comunque l’ora x e il diretur scatena il gruppo con iniziale prudenza.

Sono prontissima, attendo il passaggio del mio gruppetto e mi aggrego felice.

La discesa è esaltante, voliamo leggeri per lunghissimi tratti; in un attimo siamo al colle e poi giù nella conca e dal canale dove ho sputato sangue e attentato a Stefano.

Adesso il canale è un paradiso: la neve perfetta e la pendenza giustissima, possibile che sia lo stesso posto?

Ci fermiamo tutti insieme sull’ultimo sbalzo, vedo solo sorrisi a 42 denti sotto le lenti specchiate, ed è impossibile descrivere la gioia di questa sciata! Siamo contenti come bambini e ci fermiamo a fare foto di gruppo, ma nessuna foto può riprodurre quell’unico sorriso goduto, riprodotto su 47 persone differenti.

Adesso la ricreazione è finita, il rifugio è appena sotto di noi e da lì in giù il rientro sarà più faticoso. Con poca eleganza e molta approssimazione raggiungo le auto e con il gruppo ci fermiamo a ritemprarci come si deve all’Alpe Rebelle.

Inutile dire che la fatica annegò in fiumi di birra!

Un abbraccio a tutti e alla prossima!

Laura

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USCITA 6 del 7-8/04/18 – VAL MAIRA

Homecoming ovvero il mio primo weekend con la scuola da ex allievo.

Confesso che una parte di me alla fine della scorsa stagione sperava di poter rimanere in qualche modo e in qualche forma nell’organico della scuola, magari come nuova figura di sotto-assistente-psicologico-anziano all’aiuto-istruttore giovane e di belle speranze. Un’altra parte di me ne era assolutamente terrorizzata (cosa faccio di fronte ad una domanda un po’ “tecnico-calcolosa” di un allievo ingegnere del primo anno? Lo faccio entrare in uno stato di trance e gli sussurro all’orecchio “tu non hai fatto nessuna domanda, tu non ha fatto nessuna domanda”?). Quando a novembre Enzo mi ha comunicato via mail che una buona idea per vendere i miei sci K2 era anche quella di andare alla presentazione del corso della Sucai, essendo psicologo, entrambe le mie parti hanno capito che si dovevano dare una bella calmata.

E quindi sono passato ad un rassicurante piano B: aggregarmi alla prima uscita di due giorni, nessuna responsabilità e con la possibilità di tornare a vivere con grande spensieratezza le emozioni che mi hanno accompagnato per tre anni.

Classico ritrovo a Mirafiori (che bello alzarsi dopo tanto tempo alle 5!) e ci si sposta in macchina a Marmora, La Marmou in occitano, comune “sparso” in Val Maira.

Prima gita: da Marmora a Punta della Tempesta 2679 metri, per un dislivello di circa 1200 metri.

Non ho ancora infilato gli sci che Dario afferma perentoriamente: “tu Enrico stai con me!”. Più che una minaccia.

Se considerate il noto fenomeno del “raggio della morte” (vedi relazione di fine scorso anno) e il fatto che si tratta della prima gita dopo la “sofferta” serata delle elezioni, capirete il netto ridimensionamento del mio livello di spensieratezza. Detto questo, un po’ come un’ochetta di Lorenz, mi accodo diligentemente al Direttore.

In realtà tutto scorre liscio e ho persino la possibilità di chiacchierare amenamente con Dario riguardo gli effetti degli smottamenti alpini sulle baite prendendo in considerazione le inclinazioni delle travi (una parte di me, nella mia testa, interviene: “ma veramente stai disquisendo di travi?” e l’altra parte prontamente interviene “non ti preoccupare, poi ti spiego”).

Il leitmotiv della gita è sicuramente il caldo torrido. Gli occhiali mi si appannano continuamente a tal punto che faccio le gucie in braille. La temporanea cecità mi impedisce per lungo tempo di vedere le striature gialle della sabbia del Sahara sulla neve ma mi accodo con fede alle espressioni di sorpresa corali. Poi il calore crescente mi porta in un alterato stato di coscienza con evidenti dispercezioni*  sensoriali : il pensiero che sia molto particolare che nel deserto del Sahara ci siano delle striature bianche di neve prende progressivamente forma. Il confronto diretto con molti allievi disidratati, peraltro, mi porta a pensare che si tratti di dispercezioni* di gruppo (fenomeno rarissimo!).

Seguo il Direttore anche quando in prossimità della cima si affianca a Luca e i due Lider Maximi iniziano a procedere come dei Freccia Rossa pellati confrontandosi sul destino della scuola, su quello della Sezione o forse su quello dell’Universo intero. Il ricordo dei contenuti della conversazione è quanto mai confuso, perché ho un solo pensiero nella mia testa: l’ochetta non deve staccarsi dalla sua temporanea figura di attaccamento. Pena: l’estinzione della specie (quella degli ex allievi).

Finalmente l’oasi della cima da un po’ di frescura a tutto il gruppo.

Fantastica dimostrazione con la barella costruita con mezzi di fortuna. Robe da Ars Attack! Prendete due sci, delle bacchette a caso (non si sa di chi), un po’ di corde varie, fate tutti i nodi che conoscete. Fatto? E voilà, un capolavoro. L’idea che una persona con una gamba rotta possa mettersi nella posizione di Francesca lascia spazio a qualche perplessità, ma non perdiamoci nei particolari.

La discesa è libidinosa per i primi 300 metri poi la neve si trasforma in un Vinavil spacca-ginocchia. Molto particolare l’effetto frenata, che ricorda un po’ quello dell’ottovolante a fine corsa.

Che Dario abbia preso bene l’idea di potersi occupare della nostra scuola ancora per molto tempo e non dell’Universo intero, lo si capisce dal fatto che,  con massima fiducia negli istruttori, si butta a rotta di collo giù dai pendii di Vinavil. Il temuto ordine della “traccia unica” non sembra neanche sfiorare la sua mente.

Arrivati al campo base il gruppo si rilassa su delle sdraio da spiaggia bevendo Weizenbier all’interno di un mercatino dell’antiquariato delle Alpi Cozie: tutto ciò conferma il fenomeno pervasivo delle dispercezioni di gruppo.

A questo punto, essendo il comune “sparso”, ci si sparpaglia. Chi rimane alla frazione bassa avrà la possibilità di utilizzare la sauna finlandese. Ecco nella foto Alberto nella posizione di utilizzatore finale.

Chi va nella borgata superiore avrà invece la sorpresa di trovare, la mattina successiva, una colazione di tipo pantagruelico. Ottima la battuta del gentilissimo gestore: quando un gruppo francese si approccia alla mia colazione afferma: “ce n’est pas un marriage!”; quando un gruppo italiano fa la stessa cosa afferma (con accento Piemontese-deluso-lamentoso): “ma non c’è il miele…..”.

Ma torniamo alla cena tutti insieme. Il vino frizzantino dei colli Piacentini a 12 euro la bottiglia non è una dispercezione. E neanche la manche corale ad Explosion!. Rimarrà sempre impressa nelle nostre menti l’input perverso “parti di un frigo”. Sergio sembra avere la visione a raggi X di Superman riuscendo a leggere le parole sulla scheda nascosta! Nonostante questo, dopo sofferta partita, la parte del gruppo esposta ad ovest batte, in recupero, la parte del gruppo esposta ed est. E poi tutti a nanna senza voce.

Condivido la stanza con spassosissimi allievi del primo e del secondo anno. Ad alcuni di loro racconto le imprese che si realizzavano nella scuola “ai miei tempi” (cioè 3 anni fa): gite con 2000 metri di dislivello, utilizzare dei portali inter-dimensionali per spostarsi sulle nevi Himalayane, sciare su talmente tanta neve giù dalle Rocce del Fraiteve che non c’era traccia di alberi.

Il giorno successivo il clima è leggermente umidiccio ma non ci si spaventa e dopo trasferimento by car si parte per la seconda gita: da Preit 1540 metri fino ad “un non-luogo 400 metri più su in cima ad una salitona che bisogna fare delle gucie pazzesche che sopra si vedono e non si vedono delle rocce ed invece a sinistra non si capisce cosa c’è ma peraltro neanche a destra”.

Alla partenza per la seconda gita il rapporto di coppia con il Direttore (ormai ci avevo preso gusto!) deve lasciare spazio all’introduzione nel gruppetto ex-allievi delle mitiche figure di Thea e del sommo Cavour (tra l’altro un giorno glielo dovrò dire che sono della Juve ma, non so perché, mi dimentico sempre di farlo).

Visto il tempo avverso e dopo attenta esplorazione del “non-luogo”, dato che “il montanaro saggio ha il coraggio di tornare sui propri passi” (citazione di Riccardo), si fa dietro front. Ovazione per la saggia decisione.

Finita la discesa con il tenace ottimismo che contraddistingue gli sci alpinisti incalliti (“non è neanche male questa neve, una volta mi sono accorciato un dito con la grattugia di mia nonna ed è stata una sensazione peggiore”) ci si reca  alla locanda di Ponte Marmora alle prove generali del pranzo matrimoniale di Roberto e Federica (per la durata) dove il vino costa euro 1,57 a testa. Anche qui il Direttore fa il direttore innovando un sistema di ordinazioni in uso dal 1854 (almeno qui ce l’ha fatta!). Nelle prossime elezioni della pro loco di Marmora sapete chi votare. Tenete solo conto che il nome sulla scheda del Presidente va scritto con caratteri armeni a rovescio e che i consiglieri non vanno scritti ma disegnati oppure rappresentati in semplici bassorilievi.

Homecoming, titolo della relazione, è l’ultimo film di Spiderman in cui l’eroe torna a casa dopo aver vissuto mille avventure con gli Avengers (citazione estremamente dotta, altro che Cavour!). Apparentemente non sembra c’entrare molto ma se la casa è il posto in cui le cose vanno come devono andare e come sempre sono andate, ovvero qualcosa di molto rassicurante, la sensazione che ho vissuto in questi giorni è stata proprio quella di essere tornato a casa.

La cosa più importante è, però, che sono stato molto felice di rivedervi e di passare nuovamente due giorni bellissimi con tutti voi. E questo lo dico a nome di tutte le mie parti.

Epilogo. Entro a casa, quella originale, raggiante e con molte cose da raccontare. Mia moglie, che mi conosce bene, dopo avermi ascoltato, mi chiede: “quand’è la prossima gita della scuola?”. “Non lo so, perché me lo chiedi?”. “Così, tanto per sapere”.

Lo so quand’è la prossima gita e so anche dove: 21/22 aprile, Valpelline, Rifugio Crete Seche!!!

Un abbraccio a tutti e soprattutto a Dario che per due giorni mi ha fatto entrare nel suo Cerchio Magico (senza neanche dire una volta “Enrico, cazzo!”).

Enrico  

* Dispercezione: alterazione della facoltà di percepire, di acquisire cioè, mediante i sensi, informazioni su sé stessi e sul mondo circostante

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