Ci sono montagne che si mostrano poco alla volta, cime che si nascondono man mano che ci si avvicina. Si riparano schive dietro colli e montarozzi cosicché la strada dello scialpinista si spezzetta in tante salite e speranze infrante, mentre uno sci dopo l’altro si suda e ci si affatica lungo i suoi pendii. Rochers Charniers è una di queste.
Quest’oggi saranno le parole di Elisa ad accompagnarci lungo i suoi pendii. Grazie Elisa!
“La cima appare sempre un po’ più in su
E il sole brucia chi sta fermo, di più”
Una delle mie più grandi passioni è la musica, e mi viene sempre spontaneo associare ogni ricordo emozionante della vita ad un brano. Beh, ieri sera al rientro dalla gita il ritornello che avevo in testa era questa strofa del brano “Giovanni sulla terra” di Fabi, Silvestri e Gazzè.
Giovanni, a mio avviso, potrebbe essere una perfetta incarnazione di un po’ tutti noi del corso; si alza presto il mattino, lavora tutta la settimana, e suda per conquistare “la sua montagna”, con il perenne timore che il proprio sudore sia “lo sforzo di un fesso”.
Tale sensazione l’ho provata durante la nostra gita di domenica, alla conquista del Pointe des Rochers, durante l’ascesa dell’ultimo pendio, sotto un sole più che primaverile, a pochi passi dal raggiungimento della tanta ambita meta… I 3067 mt di altitudine! La mancanza di allenamento dell’ultimo mese, la stanchezza della sveglia alle 5, dopo una settimana impegnativa, si sono fatti tutti sentire… Ma questa sensazione è stata ben presto spazzata via dall’impagabile bellezza del panorama dell’arco alpino francese ed italiano che abbiamo ammirato dalla vetta (Pic de Rochebrune, Barre des Ecrins etc), e da qualche folata di una tutt’altro che primaverile brezza
I dettagli più tecnici in merito alla gita sono a portata di chiunque consulti il portale Gulliver. Io volevo condividere qui la mia esperienza personale della gita, partendo dall’arrivo al piazzale di Monginevro. Lo abbiamo raggiunto molto presto il mattino (mi ricordo di essermi risvegliata dal consueto sonnellino ristoratore sul pullman alle 7:15 in prossimità della rotonda di Cesana, albeggiava già ampiamente ed Enzo era pronto al tanto atteso annuncio delle “formazioni”, ovvero i gruppi per la gita), la temperatura era già piuttosto gradevole, tutt’altro che invernale.
Come di consueto ci si prepara, si va “alla caccia” dei propri istruttori e ci si incammina, questa volta però con gli sci a spalla, per un tratto di strada asfaltata, per fortuna molto breve, prima di imboccare una stradina in direzione Village du Soleil.
La prima parte di gita, che è la stessa che percorsi per arrivare in cima allo Chaberton (in estiva però), è piuttosto dolce, attraverso il bosco, con sole ed ombra che si alternano. Questo segmento della gita mi piace sempre molto, perché si socializza con nuovi compagni di avventura, con i quali, quantomeno per la giornata che si sta vivendo, si crea inevitabilmente una sorta di filo d’unione.
Arrivati in prossimità della seggiovia Rochers Rouges il gruppetto si ricompatta e si fa qualche accenno di cartografia, per potersi orientare nell’immensità dei pendii che ci circondano. Ne approfittiamo per rifocillarci un po’ e prepararci alla vera ascesa, in quanto da lì inizia la salita vera e propria.
Prima di raggiungere il Colle des Trois Freres Mineurs, ci si inerpica per una sorta di coulor, dove provo per la prima volta l’esperienza di mettere i coltelli. Da lì non li togliamo più fino a raggiungere la vetta. Iniziamo a percorrere una serie di pendii tanto spettacolari, quanto impegnativi, con una serie infinita di curvoni ben delineati dalle tante amate “inversioni”.
E finalmente, ecco la cima! L’ultimo tratto è accompagnato da una pungente “bisa” che ben si associa alla fatica che si sta provando per conquistare la vetta.
I primi gruppi sono già in cima, ed in ottima compagnia di altri 2 Cai ed altri sciatori.
Il panorama appaga ampiamente tutta la fatica che si è provata… Personalmente il piccolo Monviso (il Pic de Rochebrune, dove sono stata percorrendo la via normale la scorsa estate) ha sempre un fascino incredibile visto in prospettiva, ed il pensiero di poterlo, forse, chissà un giorno scalare in alpinistica contribuisce ancor di più ad alleviare la fatica della vetta.
Dopo una pausa ristoratrice i gruppi si ricompattano e ci si prepara ad affrontare la tanto attesa discesa.
Al termine del primo pendio il divertimento viene interrotto dalla consueta simulazione di scavo con pala e sonda… Proprio quando pensavi che la fatica fosse terminata.. Ecco qui la parte più impegnativa della gita 🙂 Quasi due metri di scavo, in tempistiche piuttosto vergognose… Ma sicuramente un’utilissima esperienza, già solo per non dimenticare mai la difficoltà che tale manovra richiede, che ti spinge a riflettere bene prima di poterti avventurare in situazioni ambigue e pericolose…
… Si riparte… La discesa, nonostante la neve a tratti “non perfetta” è, almeno per me, una bella goduria, sotto un bel sole splendente… E poi l’arrivo al parcheggio, l’attesa del pullman, nella bramosia di una bella birra ghiacciata e una bella fettona di salame … Questo momento di convivialità a fine gita è sempre spettacolare: ogni volta un sorriso e una battuta con qualche nuovo compagno/a… Il valore aggiunto della montagna condivisa 🙂
E poi il relax sul pullman, le giornata che si allungano… Una fantastica domenica! Grazie a Chiara, Giuseppe (i miei istruttori di domenica), a tutti i pazientissimi istruttori Cai ed a tutti i compagni di avventura 🙂
Alla prossima!
Elisa.
E ora le foto!