SSA.2. 4&5 USCITA VALLE GESSO

Vallone di Valcuca e Passo Margiola

15-15 aprile

Il portage, componente immancabile delle gite primaverili, gioia e dolore del tardo-scialpinista. Esistono vari tipi di portage: c'è quello di apertura dove percorrendo terreni più o meno accidentati, a volte sentieri ma molto spesso rocce e terreni ghiacciati, ti inerpichi alla ricerca della neve. Qui il mondo degli scialpinisti si divide tra coloro che calzano gli scarponi e da bravi big foot macinano metri e metri consapevoli del rischio costante dell'inciampo con quei decisamente inadatti involucri di plastica ai piedi; e quelli che, invece, prediligono le scarpe da ginnastica e saldi sui loro piedi avanzano creando bizzarre ombre dalle grandi teste. Sei sei minuto o minuta purtroppo la scelta ti è decisamente preclusa: il posizionamento dello scarpone sopra la testa ti schiaccia al suolo. Così conciato/a manco cento metri avanzi! 
Poi c'è  il secondo portage quello avventuroso dell'alta quota. Lo zaino oscilla mentre lo scarpone rompe la crosta superficiale della neve e sprofonda nei morbidi strati sottostanti. Si avanza nella neve con un progressivo gioco di equilibri mentre si percorrono ripidi pendii e ci si avvicina al colle o alla cresta. Paesaggi mozzafiato ti circondano: stretti e ombrosi canali o ampie soleggiate valli si aprono alle tue spalle ma tu concentrato sul tuo progredire null'altro vedi se non i pochi centimetri di neve che ti separano dal tuo passo successivo. 

Ma non indugiamo oltre e lasciamo la parola a Francesco che ci accompagnerà nel racconto della 4 e 5 gita a  cui con grande grande  rammarico l'Editrice non ha potuto prendere parte (Sigh , sob!).

Ricevuto l’incarico di redigere la relazione di questa gita una lieve inquietudine mi coglie: sarò in grado di avvicinarmi al livello delle relazioni di Cavour, indubbiamente il più grande “cantore” delle gesta eroiche della SSA del Cai Uget?

Dopo un attimo di turbamento, rifletto. Mi dico: ma si dai, in fondo (i) sono diventato avvocato anche io; (ii) anche io ho studiato in un liceo classico prestigioso, di quelli che hanno forgiato una parte importante della classe dirigente del paese (Togliatti, Berlinguer, Segni, Cossiga e molti altri…); (iii) in più nella classe accanto alla mia c’era Elisabetta Canalis (“Eli” per noi compagnetti del liceo…) per cui la mia esperienza da liceale inquieto è stata certo altrettanto soddisfacente e appagante di quella del nostro “bardo” di Corso Tassoni ….

Rinfrancato da questi pochi – ma significativi – parametri di base, mi accingo a raccontarvi del nostro esaltante week end nelle Alpi Marittime.

Giorno 1 – Vallone di Valcuca

Ritrovo al solito al parcheggio davanti al Museo dell’Auto. Ormai siamo rodati e gli equipaggi sono già composti per cui partiamo subito e, senza perdere troppo tempo, in un’ora e poco più siamo tutti al parcheggio delle Terme di Valdieri (altezza 1385 metri).

Carichiamo gli zaini con sci e scarponi. Solo pochi impavidi scelgono di partire con gli scarponi ai piedi. Risaliamo la valle di Valasco sotto una bellissima faggeta che costeggia il torrente omonimo e in poco più di un’ora arriviamo al pianoro del mitico Rifugio Valasco (mt. 1763), un luogo speciale che trasuda di storia visto che è stato “Reale Casa di Caccia” ed ha ospitato per anni Vittorio Emanuele II e altri membri della allora famiglia reale.

Un luogo speciale che trasuda di storia Foto: Francesco Bortone

La giornata è tiepida ed Il cielo è limpido e terso, di un azzurro brillante. “Su di noi nemmeno una nuvola” avrebbe cantato Pupo. La neve, invece, la si vede solo in alta quota e sui versanti in ombra.

Lasciamo velocemente i nostri bagagli al rifugio e partiamo. Il percorso previsto è ad anello e prevede la risalita sul vallone di Valcuca fino alla Cima Valcuca (mt. 2608), scavallamento e discesa dalla parallela Valmorta con rientro al rifugio. Partiamo. Lo stretto vallone di Valcuca, si trova sulla destra orografica della Valle di Valasco. E’ scosceso, largo non più di 8 metri e incuneato tra ripide pareti di roccia. La vegetazione cambia ed appaiono abeti e larici. Il percorso è tecnico e risaliamo il vallone lentamente mentre il cielo comincia a riempirsi di nuvole.

Incuneato tra ripide pareti di roccia Foto: Francesco Tasca

Dopo circa 2 ore arriviamo in fondo al vallone e svoltando sulla sinistra raggiungiamo il lago di Valcuca. Qui mettiamo gli sci ai piedi e proseguiamo la salita. Quando siamo nell’anfiteatro alla fine del vallone a circa 2350 mt e stiamo puntando per la cima Valcuca, una perturbazione ci raggiunge e inizia a nevicare. E’ meglio fermarsi, togliere le pelli e tornare senza indugio a valle.

Alla fne del vallone una perturbazione ci raggiunge Foto: Francesco Tasca

Durante la discesa, nella parte alta del percorso, troviamo neve discreta e ci togliamo qualche bella soddisfazione con curve ampie e veloci. Rientrati nel canale la musica cambia. Il fondo è duro e ghiacciato e ricorriamo al derapage per passare nei punti più difficili. Nella parte bassa del canale per fortuna il ghiaccio molla un po’ e riusciamo a fare qualche serpentina fino a fondo valle.

Foto: Andrea Marcassa

Serata in rifugio

Il rifugio è molto bello, accogliente e decisamente atipico. Più che un rifugio sembra una domus romana con pianta quadrata, corte interna, peristilio con fontana e le camere che si affacciano sulla corte interna.

Dato che siamo dovuti rientrare presto causa maltempo, il pomeriggio passa tra bevute di birra e partite a machiavelli e a pinella che hanno la sola finalità di determinare chi sia il “maschio alfa” della compagnia (anche qui parecchie affinità con il periodo decadente dell’impero romano…).

Per completare la formazione di scialpinisti sedicenti “avanzati” viene simulata la preparazione della barella di soccorso che si compone di sci, materassino, struttura in tela con sistema di bloccaggio per l’infortunato (ruolo recitato con particolare pathos da Davide). Montiamo anche i bastoncini per guidare la barella e le quattro corde per sostenerla lateralmente.

Simulazione della barella Foto: Francesco Bortone

Arriva il momento della cena. Il menu è di ottimo livello sia per qualità che quantità, e ci si butta sul cibo per sfogare un po’ di tensione accumulata. Durante la cena Cavour comunica che la corrente filosofica dello “Scialpinismo mite”, da lui fondata in netta antitesi con la tendenza iper-performante dello scialpinismo moderno, ora ha anche un logo e dei gadget”. Dopo un po’ di perplessità iniziale, le ordinazioni di spille, toppe e magliette con il nuovo logo partono. Per chi fosse interessato è possibile ordinare il vostro gadget scrivendo a enrico.galasso@gmail.com

Logo Scialpinismo Mite Autore: Alessandro Vicario

Ma il vero clou della giornata è l’ingresso in camerata (almeno per chi pernottava nella camerata maggiore). La camerata è un incrocio tra un suk mediorientale e una yurta kazaka. Tra letti e tavoli pende ogni sorta di oggetto tra cui pelli, scarpette interne degli scarponi, calze, maglie, canotte, mutandoni dello zio ricco ecc. All’ingresso tutti i nostri sensi sono completamente sconvolti, l’afrore è tale che prendiamo sonno in un attimo.

 Giorno 2 – Passo Margiola

Al risveglio un piccolo giallo. Nessuno della camerata maggiore si sveglia. Ci si domanda increduli se gli effluvi dei panni stesi potessero aver avuto un lievissimo effetto narcolettico. In realtà le ragioni del patatrac sono presto identificate: gli allievi contavano sulla sveglia degli istruttori, e gli istruttori sul livello “avanzato” degli allievi. Lo svarione per fortuna non impatta il programma che parte regolarmente e prevede risalita fino al rifugio Questa, valle sotto la cresta Savoia fino al passo Margiola, discesa sul versante francese fino al Lac Negre, ripellata e rientro dal passo del Prefouns e dal Vallone Prefouns.

Si parte, con una lunga fase di portage Foto: Andrea Marcassa

Anche nel secondo giorno, si parte con una lunga fase di portage seguendo la mulattiera del vallone. Mettiamo gli sci ai piedi. Un paio di inversioni complicate dal fondo ghiacciato e dalla spolverata di neve arrivata durante la notte e siamo davanti al rifugio Questa e al lago delle Portette (a 2350 mt).

Lo scenario è grandioso. Prendiamo il vallone che si estende verso Sud puntando al passo Margiola.

Lo scenario è grandioso Foto: Francesco Tasca

Subito dopo il lago, su un pendio particolarmente ripido passiamo uno alla volta, tenendoci a 10 mt di distanza uno dall’altro. Mentre risaliamo a destra sul versante esposto a Est notiamo alcune cadute di neve dovute al riscaldamento delle rocce. Ci spostiamo a sinistra, sul lato destro orografico della valle, che è in ombra e più sicuro e proseguiamo fino sotto al passo.

L’ultimo tratto di salita verso il passo è piuttosto tecnico e usiamo la picozza per aiutarci con la salita. Fatichiamo parecchio e anche caricando bene sul tallone sprofondiamo spesso nella neve fresca.

Il passo è piuttosto tecnico (..) fatichiamo parecchio e anche caricando bene sul tallone sprofondiamo spesso nella neve fresca. Foto: Federico Ansaldi

Arrivati sul Passo Margiola (2739 mt), la vista è mozzafiato, si apre sia sul versante francese che su quello italiano.

Arrivati sul Passo Margiola (2739 mt), la vista è mozzafiato Foto: Simone Gallo

Rimaniamo delusi dallo scarsissimo innevamento della valle Margiole. Quindi, anche nel secondo giorno, si cambia programma e anziché completare il percorso ad anello si torna a casa dallo stesso versante della salita.

Nella prima parte della discesa troviamo una bella neve farinosa caduta nel corso della notte. Gli allievi si scatenano e ammirano la Diretura che fila sicura con curve ampie e ben impostate. In un attimo siamo già arrivati al lago delle Portette. Occhio pero alle pietre: la neve è poca ed il fondo infido. Parecchi di noi si ritrovano con la soletta pesantemente segnata.

Neve farinosa caduta nel corso della notte Foto: Raffaele Francone

Proviamo a spostarci sulla destra orografica per cercare di scendere dal vallone del Prefouns, ma il passaggio e complicato e rischioso. Optiamo per un rientro sicuro sullo stesso percorso dell’andata. Un’altra oretta di portage e siamo di rientro al rifugio Valasco.

Mentre percorriamo l’ultimo tratto fino alla macchina riflettiamo sulle incognite delle gite primaverili che sovente richiedono cambi di programma. Ragioniamo anche sulle differenze tra sci alpinismo e sci escursionismo: questo week end è stato davvero di “sci alpinismo”, con molti tratti tecnici, pareti scoscese e tanto, tanto movimento.

Nel parcheggio delle auto un clima tiepido e un paesaggio molto primaverile ci accolgono. Chiudiamo con il classico buffet su un bel prato verde, ringraziando gli istruttori per un week end bellissimo e molto formativo.

Foto: Francesco Bortone

Foto copertina: Raffaele Francone

link sabato

link domenica

SSA.2 2&3 Uscita VAL MAIRA

BRIC CASSIN & MONTE CIASLARAS

Con la primavera, si sa, anche le montagne fanno il loro “cambio di stagione”. Ma per loro a cambiare non sono i cappotti,i cappelli o i golfoni ma i volti di quel popolo che sale e scende le loro pendici nei fine settimana. E’ un processo stagionale. Tutti gli anni con i primi caldi e le prime foglioline che spuntano sugli alberi in pianura, le loro pendici si svuotano; gli scialpinisti invernali, gli “amatori della domenica” e i puristi della powder appendono i loro “assi”al chiodo e si ritirano a quote più basse. A salire e scendere tra le rocce e i bucaneve, rimangono solo i più affezionati, coloro che per un pezzo di neve sono disposti a tutto (anche levattacce e portage a tre cifre compresi)!. Tra di loro puoi trovare i collezionisti del dislivello o i conquistatori di vette, per cui la lista di possibili mete è ancora troppo lunga per potersi fermare. E poi ci sono gli avventurieri che al sol sentir parlare di “attraversate” e “giri ad anello” non capiscono più niente o i puristi della cresta e del canalino che con la picca o il rampone ci vanno pure a letto. Cari allievi e allieve dell’SA2 benvenuti tra gli irrefrenabili dello sci quelli che non si fermano neanche allo sciogliersi della neve!

e ora la parola a Niccolò e grazie per il tuo simpatico e arguto racconto!

Sveglia

La giornata inizia con il suono della sveglia alle 4,30 del mattino. E si, il CAI viaggia con il fuso orario di Tokyo, è evidente.

Per facilitare le operazioni il giorno precedente si è preparato tutto il necessario,  con qualche piccola aggiunta, visto che in via eccezionale dormiamo in rifugio, accessibile con le auto. Quindi vuoi non portare il rasoio, il pigiama, le cuffiette per non sentire il ronfare degli altri (pure il proprio)? E inoltre… caricatori dei cellulari, caricatori degli orologi, un bellissimo spazzolino elettrico  con dentifricio maxi, copertina che non si sa mai.

In poco tempo si è quindi pronti e si arriva al ritrovo, Il MAUTO, alle ore 6.00…giuro non ci sono mai stato cosi presto li. Parcheggio tattico per la gita, tanti posti disponibili ed in direzione dell’autostrada.

Partenza

Kia prende il comando delle operazioni e ci comunica che ci sono state due….tre ….sedici defezioni tra aiutanti, istruttori, gran maestri, ma di non preoccuparci perché sono stati  prontamente sostituiti, tanto non potrà andare storto nulla, siamo in ottime mani e lei deve partire per la Norvegia!

In quattro e quattr’otto si organizzano le macchine e si parte.

Il viaggio

Siamo partiti e niente, mi sono addormentato. Quando mi sono svegliato eravamo arrivati. Fine.

Arrivo

Un vento piuttosto forte ci accoglie e anche la temperatura dell’aria viene avvertita più bassa della realtà. Ma la cosa non ci tange minimamente perché NOI stiamo aspettando l’immancabile colazione che tutti  pregustavamo, ma i bar della Valle Maira non sono d’accordo, dopo averne girati alcuni capiamo che sono tutti chiusi e che avrebbero aperto troppo tardi per i nostri tempi.  A questo punto la colazione balza. Subito gli istruttori valutano le condizioni per la gita programmata, ma il forte vento e la bufera in vetta obbligano ad un cambio meta. Si decide di cambiare versante e di rimanere più bassi di quota per evitare inconvenienti.

Bric cassin

La scelta ricade su Bric Cassin con partenza da Viviere (poco meno di 1000m). Si procede prima su una strada sterrata e poi si risale il vallone a sinistra fino al passo della Gardetta.

Si procede prima su una strada sterrata e poi si risale il vallone a sinistra Foto: Simone Gallo

Al colle si svolta a sinistra e si risale verso il colletto per poi raggiungere la meta. Un posto fantastico, sembra di sorvolare le Alpi con l’aereo. A questo punto pausa foto, pausa merendina, pausa cazzeggio, pausa dita nel naso (a no questo non dovevo dirlo).

Un posto fantastico, sembra di sorvolare le Alpi con l’aereo. Foto: Gaia Testore

Iniziamo la discesa, le prime 8 curve sono stupende, e poi siamo in primavera quindi ci si accontenta. Tutto bene fino a quando qualcuno dice “Ripellata”, ufficialmente per verificare le condizioni della neve per un’eventuale gita, in realtà è uno sport per sadici. Tuttavia il gruppo di divide, e mentre i prodi valorosi, ci metto pure chi non sa dire di no, si cimentano in altri quattrocento metri di dislivello, alcuni seguono i ferrei dettami della mamma che gli ha detto di non sudare e di non ripellare il sabato pomeriggio.

Ripellata

Ripellata Foto: Andrea Marcassa

No comment, però dopo più di un oretta i gruppi si riuniscono e un po’ sciando, un po’ camminando, giungiamo a Viviere e in successione al benedetto rifugio.

Arrivo al rifugio Chialvetta

Ci si avventa sul bancone del Bar famelici ed assetati, facendo finta di tenerci per la cena. Rapidamente vengono assegnate le stanze, il luogo per ricoverare sci e scarponi, e comunicati orari per la cena. Tutti veloci ed organizzati, niente da dire. Il rifugio è accogliente, con elementi d’arredo antichi ed ha il riscaldamento a palla, ma ferse è la grappa ad aumentare la sensazione di calore.

Il luogo per ricoverare sci e scarponi Foto: Andrea Marcassa

La cena scorre piacevole come accade quando si è in buona compagnia. Poi qualcuno del Friuli inizia a tirare fuori grappe ed intrugli fatti in casa, ed è cosa buona e gradita.

A questo punto si ode una voce che dice “Domani colazione alle 6 e partenza alle 7”… Silenzio… La padrona di casa dice: ”Ehhh veramente noi saremmo pronti dalle 6,30”. Ehh santa donna, ha fatto guadagnare al gruppo 30 minuti di sonno, le voglio già bene.  Inizia a nevicare…

Sveglia

Sveglia alle 6, colazione alle 6.30, partenza alle 7.  Procediamo in direzione Chiappera ed imbocchiamo con le auto una strada bianca fino a quando le condizioni lo permettono. Arrivati al parcheggio siamo coperti dalla neve che cade sulle nostre teste, ma gli istruttori ci rassicurano, la loro cugina che fa la negromante garantisce una finestra di circa 6 ore di bel tempo, quindi si parte. Questa volta il portage è limitato, circa mezz’oretta, poi sci ai piedi e via per la destinazione, la punta Ciaslaras.

.. ma gli istruttori ci rassicurano (..)circa 6 ore di bel tempo Foto: Davide Vecchio

Punta Ciaslaras

Il giro è figo ed è circolare, quindi non si torna indietro dalla stessa strada. Dopo mezz’ora il sole fa capolino su di noi e non ci lascia più.

Dopo mezz’ora il sole fa capolino su di noi Foto: Davide Vecchio

Usiamo tutto l’armamentario, dai rampant ai ramponi e picozza. Percorriamo pendii dolci lungo la Valle de Maurin (spero sia corretta) ed altri ripidi pendii e risaliamo il canale verso il colle che dà accesso alla punta Ciaslaras. Il dislivello complessivo è di circa 1050m. La meta è internazionale, nel tragitto credo di aver sentito parlare francese e tedesco: non eravamo i soli a godere di questa meraviglia.

Usiamo tutto l’armamentario, dai rampant ai ramponi e picozza. Foto: Federico Ansaldi

La discesa segue il sentiero T15 Dino Icardi. La prima parte è qualcosa di incredibile, la neve fresca caduta nella notte ha trasformato il sito in un parco divertimenti. Si sentivano grida di gioia lungo tutta la discesa. Il rientro prosegue senza intoppi e verso la fine notiamo che le nuvole sopra di noi si addensano e proprio quando si giunge alle auto si vedono scendere i primi fiocchi di neve.

La neve caduta ha trasformato il sito in un parco divertimenti Foto: Stefano Bertolotto

I potenti mezzi di predizione e di gestione degli eventi atmosferici del CAI sono impareggiabili.

Andrea Giuliacci? Tsè.

Merenda sinoira

Verso le 14,30 siamo alle auto, cambiati e pronti per sfoderare il buon umore con vino, taralli, panettone al pistacchio, salame, birra, patate fritte, il tutto con la neve che cade e ci saluta augurandoci un buon rientro a casa.

Ritorno a casa tutti sani e salvi e felici.

Pronti a sfoderare vino, taralli, panettone, salame, birra e patatine Foto: Andrea Marcassa

E ora le fotooo

01/02/2023 Bric Cassin

02/02/2023 Monte Ciaslaras

Foto copertina: Simone Gallo

SSA.2 1 Uscita CIMA DELLA FASCIA

26 Marzo 2023

Mi scuserà il Sommo Poeta Fiorentino se lo citerò impunemente ma per introdurre la nostra prima gita SSA2 narrata dalla voce del Nostro Bardo per antonomasia, l’esimio Cavour (che questa volta ha superato se stesso prevedendo anche una colonna sonora), non ho potuto esimermi dal richiamare alla memoria alcuni sui versi

"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".

Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;

e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.

Dante Inferno Canto XXVI
A te la parola, Cavùr!

Terminato il corso SA1, inizia la parte SA2, che – come recita la didascalia sull’home page

“è rivolta a chi intende perfezionare la propria tecnica scialpinistica, avendo già frequentato il corso base. Il corso prevede uscite di maggiore impegno del precedente anche in alta montagna e su ghiacciaio, con l’intento di illustrare quelle tematiche necessarie a completare la formazione scialpinistica del partecipante”.

Mi ci approccio inquieto. La fauna e i ritmi dell’SA2 sono tutt’affatto diversi dal corso precedente… alla fase avanzata partecipano giovani guerrieri, che hanno passato l’inverno ad affilare le lance e a lustrare il loro astuccio penico. Sarà dura.

Meta Cima della Fascia, sopra Limone.

La descrizione della gita richiede la distinzione in un primo tempo, ed in un secondo tempo; e – visto che in qualche precedente relazione di talentuose penne l’incipit era dedicato al ricordo di una canzone – anche due distinte colonne sonore.

PRIMO TEMPO

Emozioni – Lucio Battisti

“E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere seeee, poi è tanto difficile morireeeeee”

Mettere la sveglia alle 5 di mattinaaaa, sapendo cheee

Sono le 4 perché c’è il cambio dell’oraaaaa

E svegliarsi 10 volte nella notte perchééé, sei un digital immigrate e non ti fidi che il telefono cambi l’ora in automatico ed il TG ha detto di spostare le lancetteeee

Sperare di dormire un po’ in macchinaaaa

Ma sei con Kia che conosce la tangenziale come uno arrivato a Torino da Ragusa l’altro ieri, quindi ti mette uno stress di sbagliare strada che ti toglie ogni velleitààààà

E poi tiene  in macchina la temperatura di una trunaaaaaa

Iniziare a camminare tra le primule con il peso di Atlante sulle spalleeee

Mentre Albi ti dice che quindici giorni fa qui c’era neve ed era sceso con gli sci fino a Cuneoooo

Mettersi gli sci e levarli di nuovo dopo cinque minuti, e iniziare a pensare che Albi ha fatto proprio bene a farci venire qui a 2 ore di macchina per salire tra i bucaneveee..

” a 2 ore di macchina per salire tra i bucaneveee.. ” Foto: Enzo Scian

SECONDO TEMPO

We are the Champions Queen

“We are the champions, my friends And we’ll keep on fighting till the end”

Dopo bella salita tra pendii finalmente innevati, a tratti ripidi, con guche talvolta impegnative su neve infida, davanti a noi si para il canalino Nord della fascia. Calziamo i ramponi, rimettiamo gli sci sugli zaini, ma non per salire tra i mughetti, bensì per l’arduo cimento. Il canalino ha una pendenza intorno ai 35°/40°, richiede cautela nella salita, come ci ricorda un cellulare che ad un certo punto imbocca il pendio in senso inverso al nostro a velocità sostenuta, battendo il record di rimbalzi su neve (verrà recuperato, miracolosamente integro, al ritorno).

Foto: Enzo Scian

Un passo dietro l’altro, con gambe e polmoni che si lamentano, si sale.

Nel tratto finale, più ripido, è necessaria la picozza. La salita è impegnativa quanto spettacolare, ma l’uscita nel sole, sulla cresta, è sublime. Ancora un tratto di fatica, e siamo alla croce della cima, 2.495 m, dopo 1.400 m di dislivello. Gioiosi abbracci, contornati dallo stupendo panorama. Tutti ci spertichiamo in lodi e complimenti per Albi, che ha scelto una gita fighissima, del che mai nessuno aveva dubitato..

Foto: Enzo Scian

Nota a margine: lodi anche per il sottoscritto… Recentemente la Premier Giorgia Meloni, citando peraltro la leader dell’opposizione Elly Schlein, ha dichiarato: “Le donne sono sottovalutate, non ci vedono arrivare. I più hanno sempre scommesso sul mio fallimento”. Vale anche per gli aggregati…

La discesa è divertente e varia: pendii ripidi si alternano a traversi, abbiamo anche una breve risalita per scavallare un colle. Neve a tratti ottima. Il meteo inizia a peggiorare: si alza il vento, iniziano a cadere le prime gocce. Anche su questo angolo delle Alpi, sapientemente scelto da Albi, vira al brutto; in Val d’Aosta è già bufera dal mattino.

“La discesa è divertente e varia” Foto: Gaia Testore

Concludiamo percorrendo ancora con portage l’ultimo tratto nel bosco, ma gli sci ora pesano meno e primule e bucanevi sono un contorno floreale più gradito; è l’effetto di una gran bella gita.

Cavùr

E ora le vostre fotooo

SSA.1 6-7 Uscita: col di Vers e monte Cugulet

18-19 marzo 2023

“La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura.”

Paolo Cognetti

Come ci ricordano Carlo e Federica (che ringraziamo per la relazione di questa ultima gita), le parole di Cognetti risuonano perfettamente dentro a tutti noi amanti della montagna e in particolare a noi scialpinisti che siamo un po’ una “bestia strana“. E sì, amanti del dislivello prima ancora che della discesa (eh già diciamocelo, se no chi ce lo farebbe fare?! saremmo tutti freerider!), amanti di grandi fatiche e disposti ad accettare sveglie sempre più improbabili e improponibili man mano che la stagione avanzae per cosa? per la ricerca della neve? del perfetto firn, di quella morbida sensazione che lo sci dà sulla superficie innevata? un incredulo interlocutore ci potrebbe domandare – beh..ma con quale frequenza la trovate? e per quanto tempo nell’arco di una gita? A quel punto un po’ di imbarazzo probabilmente calerebbe .. Come glielo spiego che sì e no una mezz’ora di discesa su tutta una giornata di fatica e di ravanage?! … e quindi, cosa? la ricerca dell’avventura? o la vista degli orizzonti immensi? il brivido del pendio? la gioia della curva ben impostata? sì certamente ma forse è anche la sfida della ricerca stessa: leggere bollettini, meteo e relazioni e provare a trovare il luogo perfetto. E poi lì, lungo la traccia, e poi dopo, in cima al pendio, a guardare, scrutare i bianchi pendii e i vicini avvallamenti sempre alla ricerca del passaggio perfetto, alla ricerca di quella amata sensazione sotto i nostri piedi ( e sì! anche i piedi sentono, eccome, chiedetelo a uno scialpinista!) ..qualunque sia il mix che ci porta lassù non c’è niente da fare lì ci vedrete scappare appena possibile 😉 . Carlo e Federica, a voi la parola!

Sembra ieri che impostavamo la sveglia per riuscire a inviare il modulo di iscrizione alla Scuola di sci alpinismo a mezzanotte spaccata e garantirci uno dei pochi posti disponibili, eppure eccoci già qui a scrivere la relazione dell’ultima gita del corso SA1 2023.
E come concludere al meglio se non con una bella uscita di due giorni? Per l’occasione abbiamo deciso di cimentarci in una rischiosa impresa… guidare fino in Val Varaita.
Una sola cosa ci permette di affrontare con coraggio l’avventata decisione di rinunciare al sacro sonnellino ristoratore in pullman: il caffè, accompagnato da una buona brioche.

Giunti a Sant’Anna di Bellino, l’avvio verso il colle di Vers è tranquillo, si percepiscono un’atmosfera di grande entusiasmo e voglia di mettersi alla prova. La salita ci regala una vista spettacolare: montagne innevate, pareti di roccia e scolpiti polpacci di compagni ed istruttori che, risoluti a non abbandonare lo stile, decidono di salire con i risvoltini.

Foto: Luca Biasato

Dopo una salita agevolata dai dolci pendii e dal clima mite, il vento proveniente dal colle ci ricorda che le giacche ed i pile non sono solo accessori di bellezza. Quale sia la domanda predominante al momento del loro acquisto è noto a tutti: “Si abbinerà ai calzini?”.

La mancanza di neve ci impedisce di raggiungere la cima di Rocca la Marchisa e davanti a noi si presenta la fatidica scelta: accontentarsi della quota raggiunta e tornare alle macchine o conquistare i 1200 m di dislivello previsti scendendo per un breve tratto sul versante opposto per poi risalire? Si tratta chiaramente di una domanda retorica, perché lo scialpinista del CAI Uget non demorde e non teme la fatica (ci si può davvero opporre alla odi-amata ripellata? Io non credo).

Veniamo quindi spronati a goderci questo primo pendio che si affaccia sulla Val Maira come se fosse il più bello e innevato di sempre, apprezzando ogni tratto intonso visto che più in basso ci aspetterà un altro tipo di neve, a tratti composto prevalentemente da ramoscelli ed arbusti.

Alessandro Vicario

Tornati in cima, molti si rifocillano dando fondo a tutto il cibo disponibile (cosa si mangerà il giorno seguente è in fondo un problema del futuro) mentre qualcuno si appisola su una roccia mentre prendono il sole, per esser poi svegliato da una palla di neve in pieno viso.

Foto: Davide Vecchio

Zaini in spalla e ci avviamo alla ricerca dei tratti migliori per scendere. La neve sembra meglio del previsto e i larghi canali fanno sembrare per un attimo di sciare lungo un half-pipe. Non mancano tuttavia correzioni e saggi consigli da parte degli istruttori: si cerca di correggere l’impostazione della curva, di notare i punti più pericolosi e i cambiamenti di consistenza della neve, si provano le curve con due bastoncini e saltate, alla continua ricerca dei tratti più ripidi. Quale miglior momento per uscire dalla propria comfort zone se non durante un corso?

Arrivati all’hotel Torinetto, dopo una doccia ristoratrice, alcuni allievi decidono di visitare Sampeyre. L’appetito culturale di alcuni di loro viene saziato da gustosi tranci di pizza, mentre altri, meno motivati, si limitano a visitare una chiesa.

Con uno spritz o una birra in mano attendiamo la cena giocando a carte, deliziati dalla presenza di un esemplare femminile di orso dagli occhiali, gentilmente fornito dal sole del mattino.
La cena, composta da varie portate e rallegrata dal vino, ci permette di condividere esperienze e chiacchierare con i nostri istruttori e compagni di corso, creando nuove amicizie che, si spera, continueranno nel tempo e porteranno ad altre numerose avventure in montagna.

Qualche coraggioso si ferma a giocare a carte e godersi ancora la serata in compagnia nonostante la sveglia fissata alle 7, altri vanno a riposare, o almeno ci provano visto che qualche compagno ha il respiro un po’”appesantito” dalla quantità di cibo e dal vino.

Al mattino il meteo sembra essere più clemente del previsto e si parte alla volta del monte Cugulet. Le condizioni del terreno ci permettono di scoprire una delle tecniche più amate dai praticanti di sci alpinismo: il portage. Leghiamo gli sci allo zaino e ci incamminiamo su per il pendio erboso, che fino a soli dieci giorni fa era una frequentata pista da sci.
Una volta superato il punto più ripido, calziamo gli sci e ci lanciamo in una serie di inversioni in mezzo ad alberi e arbusti che ci permette di guadagnare quota in poche centinaia di metri.
Dopo il boschetto il percorso continua in falsopiano fino ad un’ultima salita. Quasi in cima, la nebbia ci circonda; una breve pausa per compattarci , e- lasciati gli sci sul colletto – raggiungiamo la cima del Monte Cugulet a piedi (la neve sembra scarseggiare anche qui). Ci fermiamo a chiacchierare e scattare foto, nella vana speranza che una fugace schiarita ci permetta di intravedere il panorama.

Foto: Davide Vecchio

Ci aspetta la prima discesa del corso in condizione di scarsa visibilità; cautamente, l’ex Diretùr ci fa strada nella nebbia che ci impedisce di vedere la trama della neve, e più volte gli sci scappano, come dotati di una volontà tutta loro.

Per fortuna la nebbia si dirada man mano che scendiamo, fino a permetterci di affrontare con tranquillità, e con un divertente slalom, il tratto più fitto di bosco che ci separa dagli impianti.

Foto: Chiara Tenderini

Un emporio ed una birreria di Melle chiudono in bellezza il corso di sci alpinismo, permettendoci di salutare i compagni delle numerose avventure di quest’inverno.

Alessandro Vicario

Non vediamo l’ora di partecipare al prossimo corso!

Carlo e Federica

E ora le foto 🙂

Foto Col di Vers

Foto Monte Cougulet

SSA1. 5 Uscita: Monte Giulian

5 marzo 2023

Le gite, si sa, sono fatte di salite e discese ma anche di traversi e ripellaggi; di obiettivi e progetti ma anche di curiosi imprevisti; di curve morbide e di neve intonsa ma anche di vento inaspettato e di arzigogolati ravanage . Insomma non tutto va sempre come te l’eri immaginato ma il viaggio vale comunque la fatica! Scenario per la nostra quinta gita è stato l’ampio anfiteatro alle spalle di Prali e della frazione Giordano che offre una ricca gamma di gite e varianti per gli sciatori volenterosi che puntino ad inerpicarsi sulle sue pendici alla ricerca delle giuste condizioni di neve. Seguiamo quindi la nostra allegra armata mentre sale e scende i costoni della valle. A voi Miriam, Alessandra e Alessandro il racconto di cosa può succedere davanti a un bivio

In questa assolata e mite giornata di inizio Marzo siamo andati a fare una bella gita al fondo della Val Germanasca, partendo da Ghigo di Prali. Il ricordo della nevicata di qualche giorno prima prometteva finalmente la neve farinosa tanto cercata, sperata, e raccontata. 

Iniziamo la salita lungo una stretta stradina che presto dobbiamo condividere con i partecipanti alla gara di sci alpinismo! Dopo averli fatti passare e ammirato la loro velocità e instancabile fiato, continuiamo per la nostra stradina che presto diventa un ripido sentiero. 

Salendo scivolavamo contenti su una neve soffice e morbida, finalmente!

Foto: Marcasnow

Guardandoci intorno e chiacchierando con gli istruttori, sembrava che la recente nevicata non avesse causato valanghe. Ma nonostante cio’, consci che il rischio valanghe quel giorno era tra il 2 e il 3, di fronte a un canalino da attraversare siamo andati prudentemente uno alla volta.

E mentre un primo gruppo saliva la montagna dal vallone delle Miniere, un’altra parte del gruppo prendeva una diversa via..come ci racconta Alessandra

Un gruppo di impavidi avventurieri, presi dall’entusiasmo e dalla passione per le imprese pionieristiche, decide di abbandonare la traccia dei primi tre gruppi per avventurarsi in un meraviglioso bosco, con tanta neve, soffice e farinosa (solo a tratti crostosa), soprannominato  in seguito BOSCO DELLE FATE per la singolare bellezza . L’avventura ci ha portato a fare delle goduriose serie di inversioni su neve super soffice, ci ha permesso di vedere panorami mozzafiato, ma soprattutto di scendere su neve intonsa con le pelli ancora attaccate agli sci! …esperienza quasi mistica che, da neofita di questo sport, non credevo fosse possibile fare!Bellissimo!!! bravissimi gli istruttori che ci hanno guidato in questo viaggio meraviglioso!!!!

Fast & Furious

Percorsi alternativi Foto: Luca Biasato

Ma torniamo al primo gruppo, da lì a poco raggiunto anche dalla coda

Dopo l’ultimo pezzo di salita abbastanza intenso e caldo, arriviamo sulla cima del Monte Giulian, quota 2547 da cui si ammira un incredibile vista sulla montagne intorno, sulla Val Pellice, e sembrava di poter quasi toccare il Monviso!

E cima fu! Foto: Davide Vecchio

Una volta arrivati in cima, alcuni gruppi hanno deciso di scendere subito un po’ godendosi la bella neve e ripellare, giusto per fare ‘un po’ di dislivello’ dato che la gita era  1100m 😀, ma soprattutto per godersi la neve! C’e’ stato comunque tempo per tutti/e di godersi il sole, la cima non troppo ventata, riposare le gambe, e godersi il panorama!

La discesa e’ stata finalmente un’esperienza con la vera neve fresca, invece del piattume trovato in alcune delle scorse gite. I grandi cumuli polverosi e il boschetto hanno fatto divertire molti/e di noi, ma anche messo un po’ a dura prova chi ancora non possiede la tecnica perfetta! 

Lungo la discesa, mentre si aspettavano i vari gruppi, e’ naturalmente partita una battaglia di palle di neve che ha causato netti schieramenti e una dura lotta fino all’ultimo fiocco acquoso! Dopo che la diplomazia ha eseguito il suo lavoro nel riportare la pace fra le parti, siamo tornati giu’ e gustato come sempre con tanta gioia la squisita merenda preparata da tutti/e noi!

L’Aggregato Storico per antonomasia esperto di prelibatezze Foto: Federico Ansaldi

Una menzione speciale a Cavour che ha avuto il coraggio di offrire la zizzona, e la saggezza di portare degli stuzzica denti per mangiarla! 😋

Miriam

Alessandro Vicario Monte Giulian 2547

Ed ora come ogni volta le foto!

SSA1 QUARTA USCITA: POINTE DES ROCHERS CHARNIERS

Ci sono montagne che si mostrano poco alla volta, cime che si nascondono man mano che ci si avvicina. Si riparano schive dietro colli e montarozzi cosicché la strada dello scialpinista si spezzetta in tante salite e speranze infrante, mentre uno sci dopo l’altro si suda e ci si affatica lungo i suoi pendii. Rochers Charniers è una di queste.

Quest’oggi saranno le parole di Elisa ad accompagnarci lungo i suoi pendii. Grazie Elisa!

“La cima appare sempre un po’ più in su
E il sole brucia chi sta fermo, di più” 

Una delle mie più grandi passioni è la musica, e mi viene sempre spontaneo associare ogni ricordo emozionante della  vita ad un brano. Beh, ieri sera al rientro dalla gita il ritornello che avevo in testa era questa  strofa del brano “Giovanni sulla terra” di Fabi, Silvestri e Gazzè. 

Giovanni, a mio avviso, potrebbe essere una perfetta incarnazione di un po’ tutti noi del corso; si alza presto il mattino, lavora tutta la settimana, e suda per conquistare “la sua montagna”, con il perenne timore che il proprio sudore sia “lo sforzo di un fesso”.  

Tale sensazione l’ho provata durante la nostra gita di domenica, alla conquista del Pointe des Rochers,  durante l’ascesa dell’ultimo pendio, sotto un sole più che primaverile, a pochi passi dal raggiungimento della tanta ambita meta…  I 3067 mt di altitudine! La mancanza di allenamento dell’ultimo mese, la stanchezza della sveglia alle 5, dopo una settimana impegnativa, si sono fatti tutti sentire… Ma questa  sensazione è stata ben presto spazzata via dall’impagabile bellezza del panorama dell’arco alpino francese ed italiano che abbiamo ammirato dalla vetta (Pic de Rochebrune, Barre des Ecrins etc), e da qualche folata di una tutt’altro che primaverile brezza

I dettagli più tecnici in merito alla gita sono a portata di chiunque consulti il portale Gulliver. Io volevo condividere qui la mia esperienza personale della gita, partendo dall’arrivo al piazzale di Monginevro. Lo abbiamo raggiunto molto presto il mattino (mi ricordo di essermi risvegliata dal consueto sonnellino  ristoratore sul pullman alle 7:15 in prossimità della rotonda di Cesana, albeggiava già ampiamente ed Enzo era pronto al tanto atteso annuncio delle “formazioni”, ovvero i gruppi per la gita), la temperatura era già piuttosto gradevole, tutt’altro che invernale.  

Come di consueto ci si prepara, si va “alla caccia” dei propri istruttori e ci si incammina, questa volta però con gli sci a spalla, per un tratto di strada asfaltata, per fortuna molto breve, prima di imboccare una stradina in direzione Village du Soleil. 

La prima parte di gita, che è la stessa che percorsi per arrivare in cima allo Chaberton (in estiva però), è piuttosto dolce, attraverso il bosco, con sole ed ombra che si alternano. Questo segmento della gita mi piace sempre molto, perché si socializza con nuovi compagni di avventura, con i quali, quantomeno per la giornata che si sta vivendo, si crea inevitabilmente una sorta di filo d’unione. 

Arrivati in prossimità della seggiovia Rochers Rouges il gruppetto si ricompatta e si fa qualche accenno di cartografia, per potersi orientare nell’immensità dei pendii che ci circondano. Ne approfittiamo per rifocillarci un po’ e prepararci alla vera ascesa, in quanto da lì inizia la salita vera e propria. 

Prima di raggiungere il Colle des Trois Freres Mineurs, ci si inerpica per una sorta di coulor, dove provo per la prima volta l’esperienza di mettere i coltelli. Da lì non li togliamo più fino a raggiungere la vetta. Iniziamo a percorrere una serie di pendii tanto spettacolari, quanto impegnativi, con una serie infinita di curvoni ben delineati dalle tante amate “inversioni”. 

Una serie infinita di inversioni, Foto:Davide Vecchio

E finalmente, ecco la cima! L’ultimo tratto è accompagnato da una pungente “bisa” che ben si associa alla fatica che si sta provando per conquistare la vetta.  

I primi gruppi sono già in cima, ed in ottima compagnia di altri 2 Cai ed altri sciatori.  

Il panorama appaga ampiamente tutta la fatica che si è provata… Personalmente il piccolo Monviso (il Pic de Rochebrune, dove sono stata percorrendo la via normale la scorsa estate) ha sempre un fascino incredibile visto in prospettiva, ed il pensiero di poterlo, forse, chissà  un giorno scalare in alpinistica contribuisce ancor di più ad alleviare la fatica della vetta. 

Un appagante panorama, Foto Agnese Amoretti

Dopo una pausa ristoratrice i gruppi si ricompattano e ci si prepara ad affrontare la tanto attesa discesa. 

Al termine del primo pendio il divertimento viene interrotto dalla consueta simulazione di scavo con pala e sonda…  Proprio quando pensavi che la fatica fosse terminata..  Ecco qui la parte più impegnativa della gita 🙂 Quasi due metri di scavo, in tempistiche piuttosto vergognose… Ma sicuramente un’utilissima esperienza, già solo per non dimenticare mai la difficoltà che tale manovra richiede, che ti spinge a riflettere bene prima di poterti avventurare in situazioni ambigue e pericolose… 

Una trincea di scavi, Foto: Stefano Bertolotto

… Si riparte… La discesa, nonostante la neve a tratti “non perfetta” è, almeno per me, una bella goduria, sotto un bel sole splendente…  E poi l’arrivo al parcheggio, l’attesa del pullman, nella bramosia di una bella birra ghiacciata e una bella fettona di salame … Questo momento di convivialità a fine gita è sempre spettacolare: ogni volta un sorriso e una battuta con qualche nuovo compagno/a…  Il valore aggiunto della montagna condivisa 🙂

E poi il relax sul pullman, le giornata che si allungano… Una fantastica domenica! Grazie a Chiara, Giuseppe (i miei istruttori di domenica), a tutti i pazientissimi istruttori Cai ed a tutti i compagni di avventura 🙂

Alla prossima!  

Elisa. 

Punta Rochers Charniers, Alessandro Vicario

E ora le foto!

SSA1 terza uscita: Sella Flassin

07.02.2023

Nell’era dei social e dello storytelling anche la scuola diventa sempre più creativa e visual: a raccontare le nostre avventure non solo più parole e foto ma anche disegni e video! Nell’augurarvi una buona lettura ringraziamo per il loro prezioso contributo le diverse “penne” che hanno contribuito all’ultima relazione, nell’ordine Angelina, la nostra nuova allieva e scrittrice, Stefano non solo istruttore ma anche eccellente fotografo e il nostro immancabile disegnatore Alessandro. Grazie ragazzi e a tutti voi buona lettura!

Più o meno 2.700 metri è stata la quota alla quale siamo arrivati nella terza gita del corso. 1.300 metri di dislivello cominciano ad essere una bella cifra per una principiante come me! Ma la cosa che mi sembra pazzesca è come funziona la geografia. 2.700 metri sopra il livello del mare e mi sentivo proprio in alto. Ironico visto che sono nata e vissuta per 23 anni a Bogotà (Colombia), la quinta capitale più alta al mondo!

A Bogotà diciamo “2.640 metros más cerca a las estrellas”, 2.640 metri più vicini alle stelle. Ma il paesaggio è ben lontano da quello che ci ha regalato le montagne italiane questa domenica. In Colombia, un paese proprio sull’equatore, devi andare qualche metro più in su per poter veder neve: forse con un po’ di fortuna arrivando ai 5.000 metri cominci a trovarla. Ma è così poca e protetta dallo Stato che l’ultima cosa che puoi pensare è di andarci a sciare.

Ma spostiamoci di 9.040 km dalla Colombia e torniamo alla nostra gita al Flassin. Siamo partiti in pullman alle 6:00 da Torino. Lontani dai -15° della gita scorsa, Saint-Oyen ci ha ricevuto con +5°. Questo fatto cominciava a togliermi la speranza di trovare della bella neve farinosa.

Si formano i gruppi e si parte verso il Mont de Flassin. Per le prime 2-3 ore la salita è stata bella, tranquilla, non particolarmente impegnativa e con un bel paesaggio invernale. Nel secondo pezzo cominciava la parte ripida per arrivare alla nostra meta. Ero nell’ultimo gruppo ed era veramente impressionante vedere circa 40 persone fare zig-zag e inversioni una dietro all’altra.

“Vedere 40 persone fare zig zag”, Agnese Amoretti

Dopo circa quattro ore eccoci arrivati al colle tra la Testa Cordellaz e il Flassin.

Verso il colle, Luca Biasato

Anche se non siamo arrivati sulla cima a causa delle condizioni poco sicure, la vista era comunque impressionante. Un cielo blu senza nemmeno una sola nuvola.

Video: Stefano Bertolotti

Si mangia e si beve, si tolgono le pelli e comincia la parte “divertente”. Divertente più per alcuni che per altri, ma comunque piacevole. La condizione della neve era un po’ difficile, per alcuni è stata la nostra prima esperienza con la crosta da vento e rigelo. E tra cristonate e un po’ di mal di gambe siamo scesi dalla parte più ripida per fare esercitazione di autosoccorso in valanga. Si comincia a prendere più confidenza con Artva, sonda e pala e si riprende poi la discesa per raggiungere il pullman. La seconda parte della discesa è decisamente più tranquilla, sembra quasi una pista di sci, con dei tratti di neve più bella e altri un po’ più ghiacciata e crostosa.

I gruppi cominciano ad arrivare uno per volta al pullman e sono accolti da un bel vento gelido. Arrivati tutti, ci raccogliamo al riparo del fabbricato del Foyer de Fond per scappare dal freddo vento da Nord, e si dà il via ad un bel terzo tempo con ogni tipo di spuntini salati, dolci e birra.

Verso le 17.15 si comincia a tornare a casa. Un po’ di traffico, ma verso le 19.00 siamo al punto di ritrovo.

È stata una bella gita, con un bel clima e buona compagnia. Magari la neve non era più farinosa, ma abbiamo imparato tanto e ci siamo divertiti ugualmente. Ed ora si aspetta con trepidazione la quarta gita del corso.

Angelina Callegar

Il gracchio volò e forse lo stambecco osservò – Alessandro Vicario

e ora ecco qui le foto

SSA1 Seconda Uscita: Colle BEgino + Cima SAUREL

25.01.2023

Per la nostra seconda gita, udite udite, abbiamo avuto l’onore di incontrare una morbida neve su cui far correre i nostri amati assi e un pallido sole che ci ha accompagnato lungo la nostra salita (per poi lasciarci, giunti alla meta, preda di un gelido vento, brrr!). Aspettiamo però a farci travolgere da prematuro entusiasmo per l’arrivo della agognata stagione invernale e, per il momento, con aplomb sabaudo custodiamo solo per noi il goduto luccichio della neve e le travolgenti speranze.

Il morbido ambiente invernale alle spalle di Capanna Mautino foto di Gaia

Come tradizione comanda, ripercorriamo ora la nostra ultima gita attraverso le parole del Nostro Girovago Bardo che quest’anno si è fatto sorprendere dall’inizio dei corsi mentre esplorava l’altro lato dell’emisfero. A te la parola, Enrico!

Ormai non reggo più il passo della Scuola.

Qualcuno potrebbe commentare: “E quando mai l’hai retto..”.  Ma sarebbe una malignità: il mio interesse per l’ambiente circostante, l’inclinazione a lieti conversari, si traduce in un incedere mai affannato, regale,  solo in apparenza lento.

No, no, è in generale che non tengo più il passo.

Ma dico: uno torna da un giretto in Patagonia – con ancora negli occhi Fitz Roy, Cerro Torre e Torri del Paine – e scopre che mica lo hanno aspettato, c’è già stata una gita! “E la relazione chi l’ha fatta?” chiedo interessato (NB le relazioni della Prima Gita sono curate da me medesimo, ab immemorabili). “Un’allieva.. l’ha fatta in bus, quando siamo arrivati a Torino era già finita”.

In bus! Ma si può?? Fast and furious!

Mi è venuta l’ansia… Non posso reggere ‘sti ritmi.. Io la relazione la scrivo con piuma d’oca, la leggo, rileggo, la tornisco, la faccio sedimentare..

E ci sono già state pure due lezioni teoriche! Mi presento alla terza, neve e valanghe. Si sa, la tiene un Chiarissimo docente del Politecnico. Da sempre, vi assisto con ammirato interesse, per la competenza, la precisione espositiva, la chiarezza delle slide. Ho solo una latente preoccupazione, che ad un certo punto dica: “Bene, ora facciamo una verifica: prendete un foglio protocollo e  scrivete «Su di un pendio esposto ad nord est nevica da 6 ore; il manto nevoso cresce di 1,72 cm all’ora; il vento ne riduce l’incremento del 19%. Considerata una temperatura media di 2,3°, calcoli il candidato.. »”.

A fine lezione aspettavo il fugone verso l’uscita, invece un allievo ha fatto una domanda che non ho capito proprio bene: ricordo solo che concerneva il cielo stellato.. La cosa che mi ha lasciato esterefatto è che ha formulato la domanda con un riferimento puntuale a due slide, di cui ricordava l’esatta numerazione (tra le mille slide proiettate..). Nella lezione neve e valanghe del 1987, annata d’oro cui mi pregio di essermi affacciato alla Scuola, la domanda avrebbe potuto essere: “Cristalli a calice… con Bonarda o Barbera?” Il docente avrebbe reagito con un mirato lancio di picca.

Ribadisco… troppo sul pezzo ‘sti ragazzi. Temo che alla corrente “Sci alpinismo mite”, di cui sono l’orgoglioso caposcuola, non resti che entrare in clandestinità…

Tormentato da questi pensieri mi accingo alla gita numero due. Appuntamento mattutino h 06.30, bus deluxe, bipiano. All’arrivo a Bousson abbandoniamo il tepore del mezzo, fuori si ghiaccia a – 11. La densità di auto nel parcheggio testimonia che la meta scelta non è stata originale, ma probabilmente assennata.

Per la relazione della gita potrei procedere ad un agevole copia/incolla dalla descrizione su Gulliver (“Da Bousson si segue la strada che si inerpica tra le case fino alle ultime, lasciandola per seguire il sentiero che si tiene alto sul fiume Thures, e dopo l’attraversamento di alcuni prati tocca i ruderi di Bonne Maison”), ma non è questo che mi chiedono i miei lettori. 😊

Dopo agevole salita di buon passo, al Lago Nero il gruppo si divide: circa la metà della combriccola sale a sinistra, al Col Begino, aggiungendo 300 m di dislivello e una ripellata (ripellata???!! Alla seconda gita!!! Ommisignur! Ma  sensa cunisiun!!!). Gli altri proseguono sull’itinerario classico, verso punta Saurel.

La giornata è sì frizzantina, ma il freddo non terribile, complice anche un solicello che pian piano sembra prendere coraggio. Le condizioni del manto nevoso consentono una valida didattica in situ, con illustrazione delle zone dove è più evidente l’insidiosa neve riportata.

Sul pendio a destra possiamo apprezzare anche un’opera d’arte:  “Mirage”, una luna in lamelle di bambù creata sulle fondamenta di un ex avamposto militare.

Quando ci affacciamo ai 2.451 m della cima troviamo un freddo beccaccino, una bisa feroce. Improponibile attendere gli altri qui: rapidamente togliamo le pelli, mettiamo gli sci in assetto da discesa e ci ricompattiamo alla seggiovia dismessa di Col Saurel, per sosta spuntino.

La disponibilità del bus ci consente – con le opportune indicazioni all’autista, dirottato su Claviere – di scendere su di un versante diverso rispetto a quello della traccia di salita. E ben ce ne incoglie: la neve è buona, a tratti ottima, e la discesa divertente.

Sosta per una ricerca Artva ai pianori sopra Capanna Gimont; la difficoltà maggiore è il freddo, funzionale a temprare le giovani leve ed a rendere più sfidante l’esercitazione: nella temuta ipotesi in cui si dovesse ricercare un compagno sepolto, le condizioni meteo e temperatura non le potremmo scegliere noi..

Il corvo imperiale osserva l’esercitazione Artva, Alessandro Vicario

Scendiamo sulle piste; sciatori pochi, l’impressione è che fosse più gente a fare Cima Saurel che sugli impianti.

Al bus degna conclusione della giornata con ricche libagioni; almeno questo nella Scuola non è cambiato.

Quindi, ricapitolando: un millino tondo di dislivello, neve buona in discesa. Bilancio della giornata ampiamente positivo.

Alla fine della gita, stanco ed infreddolito, il mio demone competitivo mi ha suggerito di iniziare a scrivere la relazione in bus… ma mi calo il cappello sugli occhi, e sfrutto al meglio gli ottimi sedili…

Cavùr

PS La temperatura di – 11 alla partenza era impegnativa.. nulla a che vedere però con i – 15 dei cugini bianconeri in campionato … 😊

Le foto della giornata