SSA1 terza uscita: Sella Flassin

07.02.2023

Nell’era dei social e dello storytelling anche la scuola diventa sempre più creativa e visual: a raccontare le nostre avventure non solo più parole e foto ma anche disegni e video! Nell’augurarvi una buona lettura ringraziamo per il loro prezioso contributo le diverse “penne” che hanno contribuito all’ultima relazione, nell’ordine Angelina, la nostra nuova allieva e scrittrice, Stefano non solo istruttore ma anche eccellente fotografo e il nostro immancabile disegnatore Alessandro. Grazie ragazzi e a tutti voi buona lettura!

Più o meno 2.700 metri è stata la quota alla quale siamo arrivati nella terza gita del corso. 1.300 metri di dislivello cominciano ad essere una bella cifra per una principiante come me! Ma la cosa che mi sembra pazzesca è come funziona la geografia. 2.700 metri sopra il livello del mare e mi sentivo proprio in alto. Ironico visto che sono nata e vissuta per 23 anni a Bogotà (Colombia), la quinta capitale più alta al mondo!

A Bogotà diciamo “2.640 metros más cerca a las estrellas”, 2.640 metri più vicini alle stelle. Ma il paesaggio è ben lontano da quello che ci ha regalato le montagne italiane questa domenica. In Colombia, un paese proprio sull’equatore, devi andare qualche metro più in su per poter veder neve: forse con un po’ di fortuna arrivando ai 5.000 metri cominci a trovarla. Ma è così poca e protetta dallo Stato che l’ultima cosa che puoi pensare è di andarci a sciare.

Ma spostiamoci di 9.040 km dalla Colombia e torniamo alla nostra gita al Flassin. Siamo partiti in pullman alle 6:00 da Torino. Lontani dai -15° della gita scorsa, Saint-Oyen ci ha ricevuto con +5°. Questo fatto cominciava a togliermi la speranza di trovare della bella neve farinosa.

Si formano i gruppi e si parte verso il Mont de Flassin. Per le prime 2-3 ore la salita è stata bella, tranquilla, non particolarmente impegnativa e con un bel paesaggio invernale. Nel secondo pezzo cominciava la parte ripida per arrivare alla nostra meta. Ero nell’ultimo gruppo ed era veramente impressionante vedere circa 40 persone fare zig-zag e inversioni una dietro all’altra.

“Vedere 40 persone fare zig zag”, Agnese Amoretti

Dopo circa quattro ore eccoci arrivati al colle tra la Testa Cordellaz e il Flassin.

Verso il colle, Luca Biasato

Anche se non siamo arrivati sulla cima a causa delle condizioni poco sicure, la vista era comunque impressionante. Un cielo blu senza nemmeno una sola nuvola.

Video: Stefano Bertolotti

Si mangia e si beve, si tolgono le pelli e comincia la parte “divertente”. Divertente più per alcuni che per altri, ma comunque piacevole. La condizione della neve era un po’ difficile, per alcuni è stata la nostra prima esperienza con la crosta da vento e rigelo. E tra cristonate e un po’ di mal di gambe siamo scesi dalla parte più ripida per fare esercitazione di autosoccorso in valanga. Si comincia a prendere più confidenza con Artva, sonda e pala e si riprende poi la discesa per raggiungere il pullman. La seconda parte della discesa è decisamente più tranquilla, sembra quasi una pista di sci, con dei tratti di neve più bella e altri un po’ più ghiacciata e crostosa.

I gruppi cominciano ad arrivare uno per volta al pullman e sono accolti da un bel vento gelido. Arrivati tutti, ci raccogliamo al riparo del fabbricato del Foyer de Fond per scappare dal freddo vento da Nord, e si dà il via ad un bel terzo tempo con ogni tipo di spuntini salati, dolci e birra.

Verso le 17.15 si comincia a tornare a casa. Un po’ di traffico, ma verso le 19.00 siamo al punto di ritrovo.

È stata una bella gita, con un bel clima e buona compagnia. Magari la neve non era più farinosa, ma abbiamo imparato tanto e ci siamo divertiti ugualmente. Ed ora si aspetta con trepidazione la quarta gita del corso.

Angelina Callegar

Il gracchio volò e forse lo stambecco osservò – Alessandro Vicario

e ora ecco qui le foto

SSA1 Seconda Uscita: Colle BEgino + Cima SAUREL

25.01.2023

Per la nostra seconda gita, udite udite, abbiamo avuto l’onore di incontrare una morbida neve su cui far correre i nostri amati assi e un pallido sole che ci ha accompagnato lungo la nostra salita (per poi lasciarci, giunti alla meta, preda di un gelido vento, brrr!). Aspettiamo però a farci travolgere da prematuro entusiasmo per l’arrivo della agognata stagione invernale e, per il momento, con aplomb sabaudo custodiamo solo per noi il goduto luccichio della neve e le travolgenti speranze.

Il morbido ambiente invernale alle spalle di Capanna Mautino foto di Gaia

Come tradizione comanda, ripercorriamo ora la nostra ultima gita attraverso le parole del Nostro Girovago Bardo che quest’anno si è fatto sorprendere dall’inizio dei corsi mentre esplorava l’altro lato dell’emisfero. A te la parola, Enrico!

Ormai non reggo più il passo della Scuola.

Qualcuno potrebbe commentare: “E quando mai l’hai retto..”.  Ma sarebbe una malignità: il mio interesse per l’ambiente circostante, l’inclinazione a lieti conversari, si traduce in un incedere mai affannato, regale,  solo in apparenza lento.

No, no, è in generale che non tengo più il passo.

Ma dico: uno torna da un giretto in Patagonia – con ancora negli occhi Fitz Roy, Cerro Torre e Torri del Paine – e scopre che mica lo hanno aspettato, c’è già stata una gita! “E la relazione chi l’ha fatta?” chiedo interessato (NB le relazioni della Prima Gita sono curate da me medesimo, ab immemorabili). “Un’allieva.. l’ha fatta in bus, quando siamo arrivati a Torino era già finita”.

In bus! Ma si può?? Fast and furious!

Mi è venuta l’ansia… Non posso reggere ‘sti ritmi.. Io la relazione la scrivo con piuma d’oca, la leggo, rileggo, la tornisco, la faccio sedimentare..

E ci sono già state pure due lezioni teoriche! Mi presento alla terza, neve e valanghe. Si sa, la tiene un Chiarissimo docente del Politecnico. Da sempre, vi assisto con ammirato interesse, per la competenza, la precisione espositiva, la chiarezza delle slide. Ho solo una latente preoccupazione, che ad un certo punto dica: “Bene, ora facciamo una verifica: prendete un foglio protocollo e  scrivete «Su di un pendio esposto ad nord est nevica da 6 ore; il manto nevoso cresce di 1,72 cm all’ora; il vento ne riduce l’incremento del 19%. Considerata una temperatura media di 2,3°, calcoli il candidato.. »”.

A fine lezione aspettavo il fugone verso l’uscita, invece un allievo ha fatto una domanda che non ho capito proprio bene: ricordo solo che concerneva il cielo stellato.. La cosa che mi ha lasciato esterefatto è che ha formulato la domanda con un riferimento puntuale a due slide, di cui ricordava l’esatta numerazione (tra le mille slide proiettate..). Nella lezione neve e valanghe del 1987, annata d’oro cui mi pregio di essermi affacciato alla Scuola, la domanda avrebbe potuto essere: “Cristalli a calice… con Bonarda o Barbera?” Il docente avrebbe reagito con un mirato lancio di picca.

Ribadisco… troppo sul pezzo ‘sti ragazzi. Temo che alla corrente “Sci alpinismo mite”, di cui sono l’orgoglioso caposcuola, non resti che entrare in clandestinità…

Tormentato da questi pensieri mi accingo alla gita numero due. Appuntamento mattutino h 06.30, bus deluxe, bipiano. All’arrivo a Bousson abbandoniamo il tepore del mezzo, fuori si ghiaccia a – 11. La densità di auto nel parcheggio testimonia che la meta scelta non è stata originale, ma probabilmente assennata.

Per la relazione della gita potrei procedere ad un agevole copia/incolla dalla descrizione su Gulliver (“Da Bousson si segue la strada che si inerpica tra le case fino alle ultime, lasciandola per seguire il sentiero che si tiene alto sul fiume Thures, e dopo l’attraversamento di alcuni prati tocca i ruderi di Bonne Maison”), ma non è questo che mi chiedono i miei lettori. 😊

Dopo agevole salita di buon passo, al Lago Nero il gruppo si divide: circa la metà della combriccola sale a sinistra, al Col Begino, aggiungendo 300 m di dislivello e una ripellata (ripellata???!! Alla seconda gita!!! Ommisignur! Ma  sensa cunisiun!!!). Gli altri proseguono sull’itinerario classico, verso punta Saurel.

La giornata è sì frizzantina, ma il freddo non terribile, complice anche un solicello che pian piano sembra prendere coraggio. Le condizioni del manto nevoso consentono una valida didattica in situ, con illustrazione delle zone dove è più evidente l’insidiosa neve riportata.

Sul pendio a destra possiamo apprezzare anche un’opera d’arte:  “Mirage”, una luna in lamelle di bambù creata sulle fondamenta di un ex avamposto militare.

Quando ci affacciamo ai 2.451 m della cima troviamo un freddo beccaccino, una bisa feroce. Improponibile attendere gli altri qui: rapidamente togliamo le pelli, mettiamo gli sci in assetto da discesa e ci ricompattiamo alla seggiovia dismessa di Col Saurel, per sosta spuntino.

La disponibilità del bus ci consente – con le opportune indicazioni all’autista, dirottato su Claviere – di scendere su di un versante diverso rispetto a quello della traccia di salita. E ben ce ne incoglie: la neve è buona, a tratti ottima, e la discesa divertente.

Sosta per una ricerca Artva ai pianori sopra Capanna Gimont; la difficoltà maggiore è il freddo, funzionale a temprare le giovani leve ed a rendere più sfidante l’esercitazione: nella temuta ipotesi in cui si dovesse ricercare un compagno sepolto, le condizioni meteo e temperatura non le potremmo scegliere noi..

Il corvo imperiale osserva l’esercitazione Artva, Alessandro Vicario

Scendiamo sulle piste; sciatori pochi, l’impressione è che fosse più gente a fare Cima Saurel che sugli impianti.

Al bus degna conclusione della giornata con ricche libagioni; almeno questo nella Scuola non è cambiato.

Quindi, ricapitolando: un millino tondo di dislivello, neve buona in discesa. Bilancio della giornata ampiamente positivo.

Alla fine della gita, stanco ed infreddolito, il mio demone competitivo mi ha suggerito di iniziare a scrivere la relazione in bus… ma mi calo il cappello sugli occhi, e sfrutto al meglio gli ottimi sedili…

Cavùr

PS La temperatura di – 11 alla partenza era impegnativa.. nulla a che vedere però con i – 15 dei cugini bianconeri in campionato … 😊

Le foto della giornata

15.01.2023 SSA 1 PrImA Uscita: Bettaforca e Gabiet

Quando un’immagine dice più di molte parole,,, foto di Federico
Ed eccoci qui, inizia una nuovo anno e una nuova avventura! beh forse non proprio all'insegna del bel tempo ma sicuramente dell'entusiasmo. ;)

La Redazione cambia volto..ops.. penna.  Per quest'anno la frizzante e acuta penna di Francesca non potrà accompagnarci attraverso i racconti delle  nostre peripezie su e giù per le montagne. Aspettando che torni presto,  lasciamo la parola a una  delle  nostre nuove allieve, Alessandra Gallo, che coraggiosamente si è prestata alla scrittura della prima relazione dell'anno (Grazie Alessandra!). 

A seguire, come sempre, lo slideshow con le foto della gita (che a dirla tutta questa volta langue un po'..ma ci rifaremo la prossima volta!)

A te la parola, Alessandra 

Prima uscita 2023 con il Cai Uget per il corso di sci-alpinismo: per me, che sono assolutamente nuova del gruppo e di questo sport, un po’ di tensione e tanta emozione!

Giá dal ritrovo alle 6.30, presso il luogo prestabilito dove troviamo pronto ad attenderci il nostro pullman, si percepisce che nelle persone con cui avrei trascorso la giornata c’è una meravigliosa fiamma accesa che ci accomuna: quella scintilla che alimenta l’entusiasmo ad alzarti la domenica mattina alle 4.45, e che ti carica quando, con un paio di sci pellati ai piedi, devi salire versanti della maestosa montagna innevata, magari anche ripidi e ghiacciati!

Tutto meraviglioso: la sfida con se stessi e con le proprie possibilità è uno stimolo impareggiabile. E gli istruttori del CAI, preparatissimi e attentissimi, sono pronti ad aiutare e a spiegare le tecniche di salita con delicatezza e fermezza.

Per me è stata la prima volta che ho provato un’inversione: incredibile! certi numeri che neanche una ballerina di classica!!!

A rendere il tutto veramente magico è l’eterogeneità del gruppo! Etá diverse, origini diverse, professioni diverse………tutti accomunati dalla passione per la montagna e per la sfida nel superare se stessi!

La nostra meta è Gressoney La Trinitè. Arrivati sul posto, divisione in gruppi e breve ma importante momento di conoscenza con il proprio. Prova dell’artva, e via a prendere l’ovovia che ci porta sulle piste dove ha inizio la salita. È durante questo primo momento che il gruppo si affiata. Il meteo lievemente ostile non spegne la fiamma  che ci lega con un filo invisibile di rispetto e attenzione reciproca. Io ho percepito questo in particolare durante la discesa: tutti con stili e velocitá di andatura diversi, anche in parecchi sullo stesso tratto di pista: non ho mai sentito l’ansia di un’eventuale collisione come invece mi capita normalmente sulle piste affollate! Ciascuno attento a se e agli altri intorno! Per me questa modalitá di discesa è una coccola!

Fatta anche la prova di discesa per testare la capacitá di controllo della sciata di ciascuno; poi giú a valle per rimettere le pelli, risalire verso Gabiet con un’altra ovovia e risalire con gli sci verso il Passo dei Salati per poi gustare una gradevolissima discesa verso Staffal dove ad attenderci il pullman e un buffet ricco di cibo e di simpatia!

Vai allo slideshow

SSA2. Ultima Uscita L’Eveque

30 APRILE/1 MAGGIO – USCITE 6 e 7

Il Rifugio Nacamuli abbarbicato tra le rocce_ foto Kia

Il rifugio mi appare all’improvviso, dietro una svolta. Non cerco mai con lo sguardo i rifugi durante la salita, forse sono sempre troppo stanco per scrutare in alto tra le rocce, o forse mi piace trovarmeli davanti all’ultimo, come un’oasi che ti si para davanti, e accoglie gambe stanche e spalle doloranti per il peso degli spallacci.

Stanco questa volta lo sono decisamente, dopo un portage lungo assai, che il tempo uggioso non ha consentito di allietare con la vista dello splendido Lago di Place Moulin, che il sentiero all’inizio costeggia, ma la foschia cela.

Il rifugio si chiama Nacamuli. Sembra il nome di una remota valle nepalese, invece è il cognome di un ragazzo di Torino, Alessandro, morto in Pakistan a metà degli anni ’80. I genitori hanno fatto una donazione al CAI, con la condizione di usarla per un rifugio a lui dedicato.

Qui un ricordo di una sua amica.

“Alla fine qualcuno pensò – per ricordarlo – a un rifugio da ristrutturare, a nome del Naca. Se lo fosse scelto da solo, non avrebbe fatto di meglio, arroccato com’era tra le pietraie e le nevi di una valle selvaggia, uno di quei terreni avventurosi e faticosissimi in cui si svolgevano le “nacamulate”, un classico estivo, interminabili arrancate collettive che conducevano il nostro gruppo in quell’insidiosa zona psicologica che sta tra l’esaltazione e la crisi isterica”. (https://marinamorpurgo.weebly.com/il-cane-magico.html)

Mi sono ritrovato in questa frase, che fotografa lo stato d’animo di tante mie stagioni sci alpinistiche, vissute tra “l’esaltazione e la crisi isterica”.

Il rifugio è veramente abbarbicato tra le rocce, un nido d’aquila; ma il pezzo forte è il cesso, una sottospecie di cabina telefonica cui si accede scendendo una ripida scala di ferro, ben ancorati ad un provvidenziale corrimano. Quando lo vedo, un solo pensiero: Signore, che stanotte non mi scappi da pisciare..

Il gestore, Giorgio, ci accoglie con la verve di chi non parla con nessuno da giorni: “Siete solo voi, mettetevi dove volete nelle due camerate; l’acqua esce dalla pompa, è acqua di fusione, arriva finchè la pompa non ghiaccia”. Alle 19 non esce più niente.

Ottima cena: minestrone, pasta, pollo e piselli, budino; sbraniamo tutto.

Mi informo con la Diretura sui progetti di domani: attacca un “Saliamo lì, poi scendiamo là, poi risaliamo su, poi riscendiamo giù..”. Sembra il programma di un giornaliero al Sestriere. Non ce la farò mai…

La notte scende sul rifugio e sul suo aereo bagno _Foto Cavùr

La sveglia suona alle 4.55; rispetto a quella di sabato abbiamo guadagnato 10 minuti. Però siamo a 2.900 metri, non in Corso Vittorio; speravo meglio…

La prima ora dal risveglio è quel festoso frullatore che caratterizza le partenze da rifugio, un affaccendarsi tra fette biscottate ed imbraghi, tra calzate di scarponi e piegamento di coperte, che termina quando il rifugio ci risputa fuori, alla fioca luce ed al freddo becco…

Salita al Col Collon, 3.114 metri, e di li al Col dell’Eveque, 3.350 m. Poi scendiamo, per quasi 300 metri, sui 20 centimetri della nevicata recente: una libidine, la miglior neve della stagione.

Secondo il feroce programma della giornata si dovrebbe risalire alla Cima d’Eveque, per poi tornare sui nostri passi, scendendo e risalendo nuovamente al colle, per calare infine alle auto. Col Parusso ci scambiamo uno sguardo d’intesa: è stata una bella gita, coronamento di una bella stagione; portiamo a casa la pelle, comprese gambe e polmoni. La vecchiaia ci ha reso cauti e saggi.

In tre decidiamo dunque di rinunciare alla vetta; risaliamo al Col dell’Eveque, con quella calma che permette di fare foto e godersi il panorama, e giunti al colle ci sistemiamo ed aspettiamo. Che spettacolo: la vista spazia tra cime che svettano superbe, un ambiente magico, sotto uno splendido sole.

I giovani e forti invece, formate le cordate, sono partiti per la vetta. In cima non arriveranno, si fermeranno 200 m. sotto il ripido pendio finale: il ghiaccio sotto la neve fresca rende pericoloso osare di più, anche tra i giovani e forti prevale la prudenza.

L’avvicinamento all’Eveque in cordata_ Foto Kia

La nostra attesa dura un paio d’ore: l’apertura ci raggiunge al colle, ma non viene verso di noi, punta sulla Becca d’Oren. Ma ‘sta gente in casa ha una ruota da gabbia di criceto, sulla quale sfogarsi fino allo sfinimento?

“Piaceva/ essere così pochi intirizziti/ uniti, /come ultimi uomini su un monte” Umberto Saba _ Foto Cavùr

La discesa è lunga lunga, con sciata a tratti piacevole; poi inizia la ricerca delle lingue di neve che ci consentano di  scendere tra le rocce affioranti, ed infine il lungo portage di ritorno, fino al lago, che stavolta si manifesta nel suo azzurro alabastro. Il giovane Parussino – in un emblematico passaggio di consegne – si carica gli sci dell’anziano genitore, come fece Enea con Anchise, in fuga da Troia in fiamme. Son cose belle.

Il giovane allievo, come Enea con Anchise in fuga da Troia in fiamme, si carica gli sci dell’anziano genitore. _foto Cavùr

Questa la relazione della gita di chiusura. Ma trattandosi di una stagione peculiare, unica, penso sia doveroso aggiungere qualcosa, un bilancio consuntivo; ed avendo partecipato a tutte, dico tutte, le gite (solo io ed Enzo possiamo fregiarci di questo successo), non posso esimermi.

I protagonisti di questa ultima gita Foto_Autori vari, collage Gaia

COSA E’ ANDATO BENE

E’ stata la stagione del ritorno alle gite della Scuola, dopo due anni di stop Covid. Ed è stato bellissimo ricominciare, e farlo insieme a tanti vecchi e nuovi amici.

E’ stata la stagione del passaggio di consegne dal Sommo Diretùr dei Diretùr, alla nuova Diretura. Ella ha condotto in porto la stagione con pugno di ferro in guanto di velluto; pacata, equilibrata, ha ispirato sicurezza, condita con lampi di ironia. La leadership del nuovo millennio, si sa, è donna.

E’ stata una stagione avara di neve, che ci ha costretto a confinare la quasi totalità delle gite in Val d’Aosta. La partenza alle 06.00 da Corso Giulio è stata una costante così reiterata, che ho rischiato di dirigermi lì pure in settimana, invece che in ufficio.

E’ stata la stagione in cui le relazioni della scuola (la SSA del CAI UGET può vantare le migliori relazioni non solo in area torinese, ma dell’orbe terracqueo) hanno visto contributi qualificati di numerosi neoallievi. Un plauso speciale alle prefazioni di Lady Restano: la sopracitata si ammanta di una certa rudezza dell’approccio, la cifra espressiva ricorda quella di Crudelia Demon verso i dalmati, ma con la tastiera in mano incanta: originale, eclettica, i suoi incipit hanno un ritmo tambureggiante. A lei anche il merito di aver inaugurato una nuova sezione del sito, la pinacoteca virtuale, una galleria di immagini affidata al talentuoso pennino di Alessandro Vicario.

E’ stato l’anno della svolta internazionale: con la presenza di austriaci e cecoslovacchi, e di giovani che padroneggiano la lingua della perfida Albione, al  desco in rifugio i phrasal verbs hanno preso il posto dei cori e delle barzellette sconce in piemontese.

COSA E’ ANDATO MALE

Nulla. Tutto è andato benissimo. Solo nella logica ad maiora, mi sia consentito qualche spunto di miglioramento…

Il corso SA1 è stato un normale corso di sci alpinismo. Gite tutto sommato tranquille, un bel gruppo di nuove leve, ingentilito da cospicua presenza femminile. Poi è iniziato il corso SA2.

Il film di Tarantino “Dal tramonto all’alba” (1996) per la prima parte è un classico  film su di una rapina in banca, sparatorie, inseguimenti, tutto secondo copione. Poi, inaspettatamente, spuntano i vampiri.  E’ quel che è successo con l’SA2; improvvisamente una svolta sovrannaturale: i ritmi sono diventati disumani; le graziose allieve sono scomparse (non va mica bene.. tutte ‘ste rivendicazioni, la parità, il soffitto di cristallo, e poi le donne si fanno da parte?!). Sono rimasti solo maschi; un manipolo di guerrieri masai desiderosi di sfoggiare il proprio vigore, tutti infoiati, per la gioia di infoiatissimi istruttori.

Il nobile aggregato durante la marcia e dopo.. Foto Pietro

L’SA2 è stato quanto di più lontano dallo sci alpinismo mite, di cui mi fregio del titolo di caposcuola; si è virato verso l’eresia del coiptus frettolosus, manifestazione ossessivo compulsiva che mi auguro (per compagni e compagne di talamo) i contagiati riservino solo alle scorribande montane.

“Ripellare” è stata la parola d’ordine di tutte le gite, accompagnata da “portage”.  Sono cose brutte, termini che non vorremmo sentire.. Per non parlare degli onnipresenti ramponi nello zaino. Nota di metodo: il rampone pesa, tanto; bisogna meditare attentamente se portarlo, non è come un ventaglio… Poi il rampone sta benissimo a casa, nell’armadio, non si sente solo. Tambien la picozza..

Per la prossima stagione propongo una svolta verso il festina lente (“affrettati lentamente”); mi farò all’uopo promotore di iniziative celebrative: inizio a presentare l’ultima opera del maestro Vicario, che trovate riprodotta in calce,  ed anticipo che ne verrà tratto un distintivo, da appuntare sulla giacca dei seguaci. Ordinatelo per tempo..

Locandina dello Scialpinismo Mite

Per la stagione 2023 adottiamo dunque una condotta di gita che preveda progressione con chiacchiere, osservazione dell’ambiente circostante, prolungate soste in punta con libagioni; in sostanza, una relazione con l’oggetto del desiderio – in questo caso la montagna – che contempli il petting.

Cavùr

https://www.flickr.com/photos/ssacaiuget/albums/72177720298647536/with/52050283345/

Uscite 4 e 5 SA2, 9-10.04.2022: Santuario Clavalitè e Sigaro

Lo scorso weekend ha visto nuovamente i nostri eroici allievi e istruttori solcare i pendii della Valle d’Aosta, quest’anno va così. Sappiamo bene , suvvia, che l’atmosfera la fanno le persone, non necessariamente i luoghi e il morale è sempre alto quando ci si ritrova.
La Redazione, assente in questa lieta occasione, sarà necessariamente laconica, come insegna quel fighetto radical chic di Moretti in Ecce Bombo (good old “
Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?“) e per fare apprezzare maggiormente gli alati slanci testuali dei prossimi intro-a-relazione.
Questa volta, pertanto, non chiamatemi Ismael. Aigor, piuttosto.

Eccovi qui lo Slideshow con le foto di sabato e lo Slideshow della gita di domenica sono qui nel solito link verdino.
I fatti del weekend ce li propone questa volta il bro Pietro Parusso, figlio d’arte, gamba potente, sciata entusiasmante, gioventù in fiore. Invidia generalizzata di tutti. Vai, Pit!

Ecco a voi le istruzioni con i diversi ingredienti per ottenere un week-end scialpinistico fenomenale:

1. Mettere nello zaino una picca, ramponi, imbrago, moschettoni e cordini; pare che nell’ attraversata dalla hall fino alla cucina dell’albergo, si debba passare lungo una cresta molto esposta ed è facile perdere coscienza sentendo i profumi provenienti dai piatti fumanti.

2. Effettuare gita da Cheneil con direzione Santuario Clavalitè e lasciarsi sollevare verso il cielo da un leggero vento, a tratti piacevole e molto rigenerante.

2 B. Aggiungere quantità non definibili di dislivello e macinarli a ritmo di gatto delle nevi. Scendere quindi su piste battute con neve marmorea e cercare di non schiantarsi su lastre di ghiaccio e, successivamente, ritornare sui propri passi.

3. Esercitarsi a cercare, sondare e scavare velocemente!! Attenzione ad effettuare queste operazioni senza sci, si potrebbero provocare buchi neri di proporzioni notevoli e rimanerci incastrati dentro.

4. Invadere il primo bar che incombe sulla strada del rientro e divorare qualsiasi cosa capiti a tiro, commestibile e non. Con faccia leggermente ustionata cercare di sorridere alla cameriera per farsi regalare un Hamburger in più. (cameriera è più furba, nessun regalo commestibile ricevuto)

5. Aggiungere un pizzico di zucchero, quanto basta.

6. Docciarsi, mangiare e riprovare stessa tecnica con cameriere…Con qualcuno ha funzionato!! Finalmente si può andare a collassare sulla prima superficie piana disponibile.

7. Cercare di non finire nel burrone della diga di Beauregard, effettuando una retro pazzesca su salita ripidissima con presenza di sottile strato di ghiaccio infamello.

7 B. Mai seguire macchina bianca di istruttore ignoto e troppo avventuriero!!

8. Incamminarsi lungo la strada che punta al Sigaro partendo dall’ Hotel Foyer de Montagne, cercare di saltare da una striscia di neve e asfalto all’altra, non preoccuparsi troppo di procurare righe sotto gli sci, a questo punto due in più o due in meno non si vedono nemmeno, anzi stanno ad indicare che il mestiere sta entrando alla grande!!

9. Inserire una marcia che ti permetta di non esplodere, possibilmente una ridotta. Far parlare tanto le lepri del gruppo sperando che prima o poi si spengano ed esauriscano l’ossigeno vitale. Se non dovesse funzionare, provocare danni alle rotule o sperare che si formi uno zoccolo sotto le pelli!

10. Passaggio delicato: godersi le discese in neve farinosa, disegnare curvette su pendii dolci, sognare di farne altre per potersi sentire di nuovo piccoli e un po’ invincibili 🙂    

 11. Scoprire con grande tristezza che la poca neve sulla strada percorsa al mattino, se ne sia già andata da un pezzo. Dopo pochi attimi di crisi isteriche, iniziare il portage e tagliare più curve possibili!

Pietro Parusso (Parussino)

Uscite 2 e 3 SA2, 26-27.03.2022: Aiguille d’Artanavaz ed Entrelor

Agli inglesi non fai il mazzo facilmente per mare.
Non c’è riuscito, a conti fatti, Karl Doenitz, nonostante i suoi micidiali U-Boot sguinzagliati con la tattica del branco di lupi contro i convogli che rifornivano Sua Maestà britannica, attraverso l’Atlantico, di materie prime e armamenti. E taciamo dell’incredibile eroismo civile inglese in occasione dell’evacuazione delle truppe anglo-francesi superstiti da Dunkerque.
Ancora meno successo ha avuto circa un secolo e mezzo prima la flotta franco- spagnola che si illudeva di preparare via mare lo sbarco della Grande Armée in terra d’Albione. Risate fuori campo. Nelson a Trafalgar li ha spazzati via, in svantaggio numerico ma capace di una strategia non convenzionale e di rara audacia, senza perdere una sola nave. Ci ha lasciato la pelle, si dirà, ma quanti eroi sono poi tornati in patria all’interno di un barile di gin (o era brandy?), ove ne vennero immerse le spoglie per preservarle dal disfacimento durante le settimane di navigazione fino a Portsmouth? Il dettaglio è veramente hard rock, Keith Moon o John Belushi avrebbero meritato il medesimo trattamento. La mattina dello scontro navale il prode Horatio fece sbandierare dall’albero maestro della nave ammiraglia, la Victory, un incitamento per i suoi uomini e la flotta tutta: “England expects that every man will do his duty”.
And so does la Scuola di scialpinismo, ma la realtà supera la fantasia e il gruppetto di allievi del corso SA2 performa alla grandissima, indomito e indomabile. Che roba, che soddisfazione. Spezzarli è fuori discussione, piegarli parrebbe nemmeno, si tenta di stropicciarli appena un po’, ma questi non mollano di un centimetro. Ci stiamo davvero, davvero divertendo. In questo weekend con una gita lunga sull’orizzontale e calda più una fredda e lunga sul verticale non hanno fatto un plissé. Alcuni hanno addirittura goduto di un bonus di SR (“Scuola Ravanage”), con una briosa scammellata in discesa, ideale per amanti del portage spinto nel bosco tra la croce e il paese.
Nelson sarebbe fiero di voi.

Ma veniamo al sodo: lo Slideshow con le foto dell’Aiguille d’Artanavaz e lo Slideshow del’Entrelor sono qui nel solito link verdino, mentre le due gite del weekend appena trascorso ce le racconta Felix Ackermann, capigliatura leonina e andatura dinoccolata. Sentiamolo un po’.

Alla vigilia della prima due giorni del corso SA2 c’è tanta voglia di pellare ma anche la consapevolezza delle condizioni meteo che ci costringono a fare i migranti climatici in direzione valle d’Aosta. Ritrovo quindi ore 6 in corso Giulio angolo corso Vercelli. Tutti gli ingranaggi sembrano ben lubrificati, c’è automatismo e rapidità nell’organizzazione delle macchine, però rimane sempre qualcosa di non prevedibile: la geografia della Val d’Aosta non sembra essere chiara a tutti. Ergo: da Planaval sopra La Salle si parte in ritardo rispetto alla tabella di marcia. È da valutare quindi minima conoscenza geografica come condizione di ammissibilità al corso di scialpinismo
Arrivati in loco, di neve ghe n’è ben poca. S’inizia quindi la marcia tra qualche sprazzo bianco misto erba. Le previsioni per il rientro non sono delle migliori. Obbiettivo quindi è la Aiguille d’Artanavaz. In mezzo alla salita c’è un breve spiano per rifiatare, ed arrivati in cima lo spettatore viene premiato con vista sul Bianco e sul Cervino. Solito patatrac in cima, abbracci foto etc. e poi si scende. Discesa che non scherza ed è molto ripida in un tratto. Ma siamo ugetini quindi anche questo ostacolo non ci ferma.
Arrivati sani alle macchine, ci si sposta verso l’Albergo. Seguono menate varie e poi la cena, molto gioviale: si scambiano due chiacchiere con i vicini di tavolo. L’autore della relazione per esempio scopre che tra gli istruttori vi è anche un ‚Eidgenosse us Zürii‘ (svizzerotto zurighese) con cui non può fare a meno di scambiare due chiacchiere. Ma la giornata non finisce quì: segue lezione su metamorfismi della neve, balzata però da qualche frequentatrice del corso (non si fanno nomi).
Inizia giornata due. Partenza a piedi dall’albergo, immersione totale nel ambiente di montagna. Nel tratto iniziale scarpinata nel boschetto. Poi, dopo 1h 30 min si apre maestosamente davanti a noi la montagna. Durante la salita, taluni dimostrano di essere all’avanguardia, alzando gli sci mentre li muovono. Altri notano che le loro inversioni sono sempre più armoniche. La salita è morbida, la pendenza molto graduale. ‚Oben angekommen‘, giunti in cima – Berg heil’, salutiamo la montagna. Poi la Discesa. Discesa con la ‚D‘ maiuscola: Pietrone valuta se ripellare per tornare in cima mentre il Dugono disegna una linea perfetta di discesa che fa rimanere senza parole l’autore di questa relazione: felicità alle stelle – Felix Vallée d’Aoste. Arrivati alle macchine, non resta che brindare, dimenticando qualsiasi obbligo implicito da coniuge/a, rischiando quindi che il matrimonio vada in frantumi causa chiamata non pervenuta dopo il rientro.
Però che gita!PS: lode a chi coglie il riferimento ‚Felix Vallée d’Aoste‘.